Il meteo dice: poco nuvoloso, qualche precipitazione, vento assente e una temperatura attorno ai 15 gradi. Il giorno dei giorni per Andrea Bocelli comincia con un bollettino che si lascia alle spalle i guasti dell’uragano Irene per consegnargli il Central Park delle grandi occasioni. Per una notte anche lui come Simon & Garfunkel, come Big Luciano, come Leonard Bernstein si esibirà sotto le stelle di Great Lawn, quei ventidue ettari di prato bordato di campi da baseball che oltre il finestrino del volo in atterraggio a New York spunta come una macchia chiara nello smisurato cuore verde di Manhattan. Con la New York Philharmonic Orchestra e il Westminster Symphonic Choir, Bocelli si muoverà in bilico tra lirica e pop con ospiti del calibro di Celine Dion, Tony Bennett, il produttore David Foster, il trombettista Chris Botti, il baritono Bryn Ferfel, i soprani Ana Maria Martinez e Pretty Yende, il violinista Nicola Benedetti e il flautista Andrea Griminelli. «New York è una città speciale, di quelle in cui tutti più o meno passano almeno una volta nella vita» spiega Andrea, protagonista ieri sera sotto il tendone issato dalla Barilla a due passi dal palco, di un gran galà affollato di soliti noti. «New York rappresenta il sogno di mio padre, che mi diceva sempre: sarai famoso quando canterai in America. Così gli dedicai la mia prima esibizione alla Statua della Libertà, poi al Madison Square Garden, alla Carnegie Hall, all’Avery Fisher Hall, al Metropolitan. Ed ora, finalmente, il Central Park nel decennale dell’11 settembre. Ogni mio soggiorno a Manhattan finisce regolarmente con la passeggiata a Central Park e camminando mi sono chiesto svariate volte se avrei mai avuto l’onore di cantare lì dove si sono esibiti tanti grandi del passato. E quel giorno è arrivato. Per me questo concerto ha un alto valore simbolico: è il mio modo per dire grazie a New York e all’America». Anche se finanziato dalla Barilla, i newyorkesi hanno dovuto munirsi di biglietto (gratuito) per il concerto, volatilizzando i 70 mila posti disponibili in poche ore. «Non ho mai considerato l’idea di trasferirmi qui perché non so stare lontano dalla terra dove sono nato e cresciuto, ma New York e Roma sono le uniche metropoli dove potrei concepire di vivere» ammette il tenore. «Nel mio albo americano dei ricordi due svettano su tutti: il debutto al Metropolitan e il concerto con la Junior Philharmonic Orchestra alla Harvey Fishery Hall». L’evento del Central Park sarà trasmesso in America dal canale Wnet e in Italia da Raidue, la sera dell’8 dicembre. Ma dall’esibizione verranno tratti un doppio cd e un dvd in distribuzione in 70 Paesi.