giovedì 17 maggio 2012
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Non capita spesso che sugli schermi di Cannes si affaccino film per famiglie, storie raccontate ad altezza bambino e impregnate di una sensibilità tutta infantile. Sorprende allora che ad aprire il festival quest’anno sia una pellicola che potrebbero vedere anche i giovanissimi, ovvero Moonrise Kingdom di Wes Anderson, storia d’amore tra due dodicenni protagonisti di un’indimenticabile avventura su un’isola della costa del New England nella magica estate del 1965.D’accordo, le famiglie di Anderson non sono mai troppo convenzionali (basti pensare ai Tenenbaum, protagonisti del film che lo ha lanciato). Sam, efficiente boy scout, è un orfano, ed è stato appena rifiutato dai suoi nuovi genitori adottivi. Suzy, ostile e inquieta, invece è la pecora nera di casa, dove si sente una specie di aliena. I due si conoscono, si innamorano, stringono un patto e fuggono insieme, mentre sulle loro tracce si lanciano polizia, familiari, compagni e feroci assistenti sociali. Come nei film precedenti, il regista, che ha scritto il film insieme a Roman Coppola, crea un mondo sospeso tra realtà e fantasia, quasi fiabesco, popolato da personaggi surreali e stralunati, portatori sani di una svagata follia che li rende capaci di azioni imprevedibili e bizzarre. A questo si aggiunge l’atmosfera pop e vintage degli anni Sessanta che rimanda a sapori e colori di un paese ancora innocente. E se da una parte il regista scova due giovanissimi interpreti che sembrano nati proprio in quel mondo, dall’altra le star del film sembrano giocare con certi stereotipi delle rispettive carriere trasformandosi quasi in personaggi da fumetto. Così Bruce Willis, sempre duro a morire nei film di azione, qui interpreta ancora una volta un poliziotto, ma dal cuore d’oro e pronto a prendersi cura dell’orfano. Bill Murray e Frances McDormand sono i due sgangherati genitori della fuggiasca, Edward Norton uno zelante capo scout e Tilda Swinton un’assistente sociale che mette i brividi.Eppure, sebbene le risate non manchino, nello sforzo di inseguire maniacalmente le proprie ossessioni per l’inquadratura perfettamente costruita, il regista dimentica troppo spesso di regalare emozioni e il gusto per l’esercizio di stile prevale su una più viscerale capacità di abbandono. «Nel film – dice Anderson – ho mescolato le cose che avrei voluto fossero accadute e la memoria dell’amore a dodici anni, che è come un sogno, un viaggio sott’acqua». E a proposito del lavoro con gli interpreti aggiunge: «Amo ritrovare attori che conosco bene e ogni film è quasi una riunione di famiglia. Una famiglia che però ogni volta vorrei allargare, perché sia sempre disponibile in futuro. Credo che la nostra esperienza sul set si avvicino molto a quella di una compagnia teatrale». «Tornare a lavorare con un regista più volte – scherza Bill Murray, sgargiante nei suoi abiti audacemente pop – è sempre un buon segno. Non va bene invece quando ti accompagnano all’aeroporto per essere sicuri che te ne vada!». E se Norton paragona il set del film a una sorta di campo estivo, Bruce Willis aggiunge: «Sono onorato di essere entrato nel mondo di Anderson e di aver interpretato un film che parla d’amore. Tutti hanno bisogno di essere amati, persino i poliziotti».
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