martedì 11 ottobre 2022
Questa corrente in nome della giustizia preferisce il silenzio alla storia, al punto che in molte università, specie nel mondo anglosassone, non si può più citare Shakespeare o "Via col vento"
Anche "Via col vento" è stato oggetto di contestazioni: ma Hattie McDaniel (qui in una scena con Vivien Leigh) per quel film fu la prima afroamericana a vincere un Oscar

Anche "Via col vento" è stato oggetto di contestazioni: ma Hattie McDaniel (qui in una scena con Vivien Leigh) per quel film fu la prima afroamericana a vincere un Oscar - -

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In molti ricorderanno una scena tra le più celebri della cinematografia di Nanni Moretti. Nel film Palombella rossa, il protagonista, Michele Apicella, manifesta tutta la propria insofferenza nei confronti del linguaggio stereotipato e pieno di cliché della giornalista che lo sta intervistando. Ma non si limita ad apostrofarla con male parole, a un certo punto le tira anche un paio di sonori schiaffoni. Quel film è del 1989. Se Moretti dovesse girarlo oggi, sono certo che non inserirebbe l’aggressione fisica alla giornalista. Perché vedere un uomo che schiaffeggia una donna alienerebbe nello spettatore ogni simpatia nei confronti del personaggio maschile, personaggio il cui punto di vista coincide in gran parte con quello dell’autore. La nostra sensibilità in merito al tema della violenza sulle donne è nel 2022 più elevata rispetto a quella di trent’anni fa, quando persino il regista icona della sinistra nostrana non si poneva il problema dell’opportunità di quella scena. Dunque dovremmo censurare Paolombella rossa? È quanto se fossimo anche in Italia in regime di 'cancel culture' - chiederebbero a gran voce i sostenitori del più intransigente 'politicamente corretto'. Il Vocabolario Treccani ha registrato il neologismo lo scorso anno, definendo la 'cancel culure' come l’«atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualche cosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento». La definizione riguarda l’attualità, ma la pretesa di questa corrente di pensiero (diciamolo subito: distorto) è quella di estendere il suo raggio d’azione anche al passato. Così ci sono, soprattutto nel mondo anglosassone, università nei cui corsi di letteratura non si possono più leggere i drammi shakespeariani o in quelli di cinema vedere Via col vento perché si tratta di opere che veicolano stereotipi razzisti e colonialisti. Ragionando allo stesso modo, da noi qualcuno potrebbe spingersi a espungere dalle letture scolastiche la Divina Commedia perché Dante mette all’Inferno Maometto o i 'sodomiti' (che peraltro non sono esattamente gli omosessuali, perché il termine 'omosessualità', a indicare una caratteristica della personalità umana, è stato coniato nella seconda metà del XIX secolo, e di 'identità di genere' si è iniziato a parlare soltanto in anni più recenti). La censura è vecchia quanto il mondo e vari poteri nel corso dei secoli si sono dati da fare per metterla in pratica. Eppure ad abbattere le statue oggi non sono soltanto i rozzi talebani dell’Isis, ma anche fior di intellettuali occidentali, educati alla più larga laicità. Di 'cancel culture' si parlerà domani (giovedì 13 ottobre) al Campus di Forlì dell’Università di Bologna in un appuntamento che apre le celebrazioni dell’Alma Mater per i 50 anni della Convenzione Unesco. Ratificata nel febbraio del 1971 dai 117 Paesi membri a protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, essa è volta a tutelare i monumenti e i siti più prestigiosi dell’umanità, iscritti nella lista del patrimonio mondiale. La riflessione sul «patrimonio 'dissonante' come problema e come opportunità» verrà aperta da una discussione attorno al bel libro di Lisa Parola, Giù i monumenti? Una questione aperta (Einaudi, pagine 136, euro 12), in cui l’autrice, storica dell’arte, si interroga sul ruolo dei monumenti, domandandosi se in alcuni casi - per esempio quando celebrano dittatori, regimi oppressivi o qualcosa che alla luce di una diversa mentalità appare come un disvalore - sia giusto abbatterli. La questione, tra arte e democrazia, è naturalmente aperta. Non è un caso che nell’ultimo periodo si siano moltiplicati i contributi sull’argomento. Tra questi ricordiamo il volume di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, Manifesto del libero pensiero (La nave di Teseo, pagine 128, euro 10) e quello di Costanza Rizzacasa d’Orsogna, Scorrettissimi. La cancel culture nella cultura americana (Laterza, pagine 216, euro 18). Se il primo evidenzia come a essere tentata dalla censura di ogni pensiero 'disallineato' sia oggi in Occidente soprattutto la sinistra (più o meno radicale), mentre paradossalmente la destra finisce per ergersi a paladina di una visione libertaria, il secondo mette in luce le derive più estreme di questa tendenza. Ma anziché censurare, soprattutto a scuola e all’università, sarebbe molto più utile analizzare e contestualizzare. Prendendo le distanze quando serve. Ma senza un bigottismo davvero deleterio.

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