venerdì 16 novembre 2012
​La favola del piccolo club napoletano: strappato alla camorra, è diventato il simbolo del riscatto sociale per la gente del comune alle porte del capoluogo. Azionariato popolare e mille spettatori allo stadio. E presto arriverà Prandelli.
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​Lo scorso agosto, pochi giorni dopo la rinascita della società, la prima avvisaglia: dallo spogliatoio spariscono gli scarpini dei calciatori, le maglie da gioco e i palloni. A settembre il secondo inequivocabile avvertimento: entrambe le reti delle porte bruciate. L’ultima ignobile incursione notturna nello stadio è del 1° novembre, quando le due panchine a bordo campo vengono distrutte.C’è un avversario della “Nuova Quarto Calcio per la legalità” - il club alle porte di Napoli impegnato nel campionato di Promozione - che non accetta la sconfitta. Si chiama camorra. E agisce in modo scorretto, violento e tipicamente omertoso. Perché non sopporta che la riscossa del comune dell’area flegrea sia partita dal pallone. Ovvero proprio da quel sistema che le cosche tenevano in pugno fino a poco tempo fa. Negli ultimi anni, infatti, la società è stata controllata dal clan Polverino. Fino al maggio del 2011, quando nell’ambito dell’operazione della Procura denominata “Polvere”, anche la Quarto calcio è finita tra i beni confiscati. Il presidente del squadra, Castrese Paragliola, è stato arrestato con l’accusa di associazione di stampo mafioso. Un anno dopo il fallimento la società è ripartita nel segno della legalità. L’amministratore giudiziario ne ha affidato la gestione a chi si batte per contrastare il pizzo e la criminalità organizzata. «Gli atti vandalici non ci spaventano, anzi ci spingono a proseguire – spiega Luigi Cuomo, coordinatore nazionale di Sos Impresa e nuovo presidente del club –. Ci conforta il fatto che l’ultimo raid sia stato segnalato alle forze dell’ordine da alcuni cittadini residenti nei pressi dello stadio. In una terra dove per decenni non si è pronunciata la parola “camorra” nemmeno sotto tortura, vedere la protezione della gente è già una vittoria».L’avvio del nuovo corso non è stato facile. A Quarto c’era un po’ di diffidenza. Che nelle zone limitrofe si trasformava in qualcosa di più, tanto che alcuni dirigenti dei club dell’hinterland campano avrebbero chiesto alla Federazione di non essere inseriti nello stesso girone della “Nuova Quarto”. «Forse per non ritrovarsi a giocare contro “la squadra degli sbirri”», aggiunge Cuomo. Ma con il trascorrere dei mesi qualcosa è cambiato. Gli abitanti di Quarto hanno cominciato a vedere la squadra come un bene collettivo. Allo stadio “Giarrusso” oggi ci sono circa mille tifosi a partita. Ai tempi della precedente proprietà la media era di 40. Un “attaccamento” cresciuto anche grazie alla formula dell’azionariato popolare. «Finora abbiamo raccolto 200 adesioni ma contiamo di moltiplicarle a breve - prosegue Cuomo -. Per contribuire basta una sottoscrizione minima di 10 euro per i cittadini e di 100 euro nel caso di imprese. Ovviamente solo quelle con regolare certificazione antimafia».Lo spirito di legalità domina anche in campo. Allenatore e giocatori devono rispettare un codice etico preciso: contratti regolari (una rarità nel calcio dilettantistico), fedina penale pulita e nessuna lunga squalifica sportiva alle spalle. Proprio in virtù di questi requisiti la guida della squadra è stata affidata a Ciro Amorosetti, 41 anni, e già allenatore del Quarto nel 2007 ma - come emerso da un’intercettazione telefonica tra un esponente del clan e l’ex presidente - esonerato perché non eseguiva gli ordini. «L’essere richiamato mi ha riempito d’orgoglio», confida mister Amorosetti, scelto dopo una sorta di referendum popolare tra i quartesi. Persona perbene, ma anche tecnico preparato. Dopo 9 giornate la squadra è al secondo posto con 22 punti (a due lunghezze dalla capolista Frattese) e gioca con un 4-3-3 atipico: «Non è un modulo zemaniano – precisa l’allenatore –. Gli esterni devono rientrare. L’attenzione alla fase difensiva è determinante per ottenere risultati».Vincere, però, non è la priorità. «In palio c’è ben altro – spiega don Gennaro Guardascione, 38 anni, vicario della forania di Quarto, parroco alla Gesù Divino Maestro e tra i fondatori dell’associazione che affianca il club nelle attività extra campo –. Oggi andare allo stadio significa promuovere una cultura basata sulla convivenza pacifica e sul rispetto reciproco». Per queste ragioni nel progetto sportivo sono coinvolte famiglie e ragazzi in difficoltà. «Grazie a un’iniziativa del Napoli calcio – racconta il giovane sacerdote – per ogni partita che la squadra di Mazzarri gioca in casa 30 biglietti sono destinati ai giovani di Quarto». A guidare la carovana di macchine dirette allo stadio San Paolo è proprio don Gennaro: «Nelle prossime settimane verrà in visita il ct della Nazionale italiana, Cesare Prandelli – conclude –. Per il 2013 si cercherà di organizzare a Quarto un’amichevole degli Azzurri. L’attenzione del grande calcio è fondamentale per mantenere i fari accesi su questa realtà. Ci fa capire che è interesse di tutti vincere la partita per la legalità. E per farlo il gioco di squadra è indispensabile».
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