venerdì 20 maggio 2011
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C'è poco fair-play nel calcio italiano, non solo dal punto di vista finanziario. L’Uefa ha appena pubblicato la classifica dei buoni 2010-2011, che tiene conto del comportamento di giocatori, dirigenti e tifosi nelle coppe europee: ebbene, l’Italia è trentaseiesima su 53 Paesi. Un tracollo, visto che già un anno fa occupavamo un poco onorevole 22° posto. La situazione è andata peggiorando in inverno (33° posto a gennaio), fino al disastroso piazzamento finale. Meglio di noi hanno fatto le squadre provenienti da Bulgaria, Cipro e Kazakistan, campionati in teoria più turbolenti del nostro. Una figuraccia passata sotto silenzio, che si traduce non solo in un danno d’immagine ma anche nell’ennesima occasione persa. Le tre nazioni che si sono piazzate sul podio saranno infatti ricompensate dall’Uefa con l’ammissione di una squadra in più al primo turno preliminare di Europa League. Si tratta di Norvegia (vincitrice), Inghilterra e Svezia nell’ordine, che avranno l’onore di portare in Coppa il club più corretto del campionato. Tre paesi del Nord Europa, dove evidentemente il fair-play attecchisce più facilmente. Persino i tifosi di Sua Maestà hanno ormai deposto le maschere da hooligan per trasformarsi in modelli di correttezza. L’Italia, che già perderà una squadra in Champions a partire dal 2012-2013 per carenza di risultati, si fa invece bocciare anche in condotta. Forse perché le tifoserie nostrane che di solito si aggirano per l’Europa sono le stesse che riempiono la cronaca nera del lunedì italiano. Il trofeo Gaetano Scirea, istituito dal consiglio di Lega per premiare il pubblico più corretto, è andato l’anno scorso al Chievo, seguito da Bologna, Parma e Udinese. A parte il sesto posto del Milan, le altre grandi hanno pagato le intemperanze  dei sostenitori: gli ultimi tre posti sono stati infatti occupati da Inter, Roma e Juve. Per i bianconeri è una vera macchia, visto che il trofeo della sportività è intitolato a un uomo che fu in grado di esaltare come pochi lo stile Juve. Anche questo è un segno dei tempi e del declino della Vecchia Signora.Se il fair play non è una virtù del calcio italiano, la colpa è anche di chi fa poco per promuovere una cultura fondata sulla lealtà. Ci ha provato l’Inter in Champions, incollando sulle tute del riscaldamento pre partita la scritta “Respect”, ma si è trattato di un gesto isolato. Il governo del pallone è troppo occupato a spartirsi il bottino dei diritti tv, figuriamoci se c’è tempo per pensare ai valori dello sport. Gli inglesi, che invece a certe cose ci tengono eccome, hanno messo in piedi un’efficace campagna di sensibilizzazione, sfociata addirittura in una squadra virtuale, l’Fc Respect, che riunisce idealmente tutti i tifosi con la fedina penale pulita. C’è persino un sito Internet con tanto di tabellone che aggiorna il conto degli iscritti: per ogni nuovo membro, la Football Association devolve sterline alla campagna ispirata dall’Uefa e al sostegno del calcio giovanile. Finora, grazie ai 19 mila che hanno aderito, sono stati già raccolti e investiti 3 milioni di sterline. L’effetto sul ranking europeo si è sentito subito: 7° posto l’anno scorso, 2° quest’anno. Gli hooligan hanno proprio messo la testa a posto.
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