martedì 20 giugno 2017
Un sistema corrotto in cui frotte di ragazzini, ma soprattutto di genitori, si affidano ormai ad agenti senza qualifica e senza scrupoli
Calcio marcio: la rete-baby dei procuratori
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Se c’è un’immagine del calcio di ieri che oggi innesca un sorriso amaro, è quella di Giampiero Boniperti dietro a una scrivania in una giornata del ritiro estivo della Juventus. Davanti a lui, uno alla volta, tutti in fila, i suoi calciatori, gente iperscudettata, nazionale, campioni del mondo. In mezzo a loro un contratto riportante una cifra, prendere o lasciare. E tutti, in qualche caso dopo qualche garbata protesta, prendono. Quaranta anni dopo, più o meno, il 18enne portiere-fenomeno Gianluigi Donnarumma non rinnova il contratto con la casa madre milanista per decisione del suo manager, Mino Ràiola, innescando un oceano di polemiche e di fatto, al di là delle rispettive ragioni, dicendo no a un ingaggio di circa 25 milioni netti nel prossimo lustro.

Un calcio a una fortuna con la consapevolezza, evidentemente, di averne a disposizione una notevolmente maggiore. Il Milan ci perde economicamente e tecnicamente, il procuratore italo-olandese può invece iniziare a realizzare a cifre stratosferiche l’investimento compiuto quattro anni fa, quando, con il baby rivelazione ancora 14enne, ne prese la procura sportiva nel momento del suo arrivo al Milan. Quattordici anni, all’altezza scolare della terza media: non bastasse come rilievo, si pensi che l’entrata di Donnarumma nella scuderia di Ràiola fece e fa tuttora discutere perché il ragazzo venne di fatto sottratto a un altro noto agente di calciatori, Giocondo Martorelli, che lo seguiva da almeno due anni (con “Gigio” quindi solo 12enne) e che aveva ormai praticamente concluso il suo trasferimento all’Inter dalla Scuola Calcio Club Napoli della natìa Castellammare di Stabia.

L’arruolamento precoce del talento campano, oltre all’ormai conosciuta politica fatta di aggressività e spregiudicatezza del cacciatore di milioni Ràiola, è una delle ragioni fondamentali e inespresse che rimangono alla base di una scelta così criticata, così apparentemente inspiegabile nel suo materialismo: con Donnarumma, dietro Donnarumma, c’è un’intera famiglia, massime i genitori, che in età verdissima hanno affidato a un procuratore - e quale - il loro ragazzo: procuratore che adesso passa all’incasso per il giovane, per la famiglia e soprat- tutto per se stesso. La missione è compiuta, con tanti saluti a eventuali (ma pare inesistenti) dubbi od obiezioni del diretto interessato e del suo entourage parentale.

Una vicenda che diventa nuovo punto di riferimento del mondo parallelo delle procure dei calciatori minorenni, frotte di giovanissimi, aspiranti campioni, ma soprattutto di padri e madri che intuite le (presunte) doti del loro ragazzo si affidano ad agenti operanti nelle infinite galassie del pallone italiano per scalare posizioni, categorie e infine fasce di reddito se tutto va per il verso giusto. La figura classica dell’osservatore, per arrivare al calcio importante, non basta più, è stata sorpassata a destra: campi e campetti si sono popolati di procuratori e pseudo-procuratori che, negli ultimi anni, hanno abbassato sempre di più l’asticella del recruiting per bruciare la concorrenza nella corsa ai giovani talenti. A 12 o 13 anni con tanto di agente, esattamente come nel caso di Donnarumma: peccato che in centinaia di casi non ci siano alla porta Mino Ràiola e il Milan, ma personaggi che nemmeno necessitano della qualifica di procuratore sportivo, soggetta dal 2015 a questa parte a una pericolosa deregulation da parte della Fifa, soggetti che millantano poi le conoscenze, gli agganci da offrire alla famiglia per ottenere l’affidamento sportivo del virgulto.

Ufficialmente non sono previsti emolumenti per chi segue un ragazzo non militante in un club professionistico, nella realtà delle parcelle vengono comunque pagate, a volte anche per la promessa di partecipazione a provini che non si verificano mai o a cui i babyclienti non vengono convocati. Scenari di sfruttamento che tuttavia sono controbilanciati dalla situazione rovesciata, ovvero con la famiglia stessa che si mette in contatto con gli agenti - spesso i più noti, quelli letti sui giornali, visti in tv - per offrire il proprio figliolo valutando, ce ne fosse il bisogno, anche il radicale cambio di vita del ragazzo in piena fase preadolescenziale e del nucleo familiare stesso, dato che per gli Under 16 scatta l’obbligo di residenza nella regione del club tesserante. Società che dal canto loro non hanno opposto particolari resistenze al fenomeno: le reti vere di osservazione costano, e la cura dei rapporti col procuratore di fiducia - quello da tenere buono per gli affari della prima squadra -può passare anche dalle giovanili.

Il dato tecnico è che con questo sistema non sempre dalla grande rete del vivaio emergono i migliori, ma semmai quelli più spinti: il livello tecnico decisamente declinato della Serie A è contaminato anche da tutto ciò. Pochi, quasi nessuno, sono infatti Donnarumma, fuoriclasse dell’oggi e del domani, spalle larghe per parare palloni e una pressione che a 18 anni schianterebbe qualsiasi suo coetaneo. Vedi la risposta glaciale alle contestazioni subite da Gigio a Cracovia dove i tifosi polacchi del Milan gli hanno gettato banconote false in campo e hanno esposto lo striscione “Dollarumma”. Ma lui, Donnarumma, costretto dal talento e non solo a comprimere l’anima di ragazzo, non fa una piega e continua a parare.o

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