mercoledì 16 maggio 2018
Le Primavera dei grandi club giocherebbero in serie C. Servirebbe a far crescere i giovani talenti. Restano però molti dubbi e il sistema non piace alla Serie B e a tante squadre blasonate di Serie A
La rivoluzione delle seconde squadre
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Si tratta del primo regalo “tecnico” che Roberto Mancini troverà al suo arrivo a Coverciano da neo ct: le seconde squadre in Serie C già nella prossima stagione. Una riforma attesa da anni e varata la scorsa settimana dal commissario della Figc, Roberto Fabbricini, con un comunicato che non tutte le componenti federali hanno gradito. Giovanni Malagò ha difeso il provvedimento rivendicando un metodo che ha fatto suo fin dall’inizio del commissariamento di Lega Serie A e Federcalcio: agire con decisione per smuovere le secche provocate da anni di immobilismo. In questo modo Fabbricini ha anche messo in pratica una delle principali innovazioni invocate da alcuni dei protagonisti del tavolo anti-commissario che ha individuato in Giancarlo Abete il candidato comune alle prossime elezioni Figc, in particolari l’Aic.

ùPoche ore prima del varo ufficiale della riforma, Damiano Tommasi aveva puntigliosamente risposto a molte critiche che erano state avanzate alle seconde squadre. Tra queste, quelle del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis: «A me non sta bene una squadra in serie C, ma una seconda squadra dove possono giocare pure gli esuberi della prima. Ma un conto è farli giocare in serie B, un altro in serie C, che è meno allenante e pure mortificante, lì si gioca a calci negli stinchi, si rischiano infortuni». Non era andato leggero nemmeno Cristiano Lucarelli: «E le ultime giornate con città storiche che si giocano la vita e questi che fanno le sfilate di moda che succede?», si era chiesto l’ex bomber. Dubbi anche da parte di proprietari di Lega Pro, come Luca Di Masi dell’Alessandria: «Per il nostro movimento calcistico credo che sia più importante che vengano promosse in Serie B realtà come Catania, Lecce, Padova, Livorno o Reggiana che rappresentano piazze storiche, anziché le seconde squadre di Milan o Juventus. Ma credo che il brand Serie C potrebbe crescere grazie alle seconde squadra».

Tommasi ha cercato di smontare a una a una queste perplessità ricordando che è da anni, in particolare da quando Demetrio Albertini era vicepresidente Figc, che si parla di seconde squadre e se ne studia la fattibilità: «È sempre stato opposto come modo migliore per formare i giovani quello delle doppie proprietà. Alla luce dei risultati forse conviene provare con altro sistema sempre che si vogliano formare i giovani». Ma anche l’Aic non è convinta al 100% del provvedimento. Secondo il sindacato calciatori, alcuni punti devono essere specificati meglio: ad esempio, la norma che consente di trasferire dalla prima alla seconda squadra solo giocatori con meno di 5 presenze in Serie A in stagione senza, però, precisare il minutaggio. Quindi basterebbero 5 presenze da un minuto per bloccare un ragazzo.

La Lega Pro è la componente più interessata. La prima reazione è stata quella di temporeggiare chiedendo uno spostamento dell’entrata in vigore della riforma a partire dalla stagione 2019-20. Ma questa posizione dovrebbe essere rientrata. La partenza dovrebbe essere soft: probabilmente ci sarà solo una seconda squadra al via della prossima Serie C. È la conseguenza del meccanismo scelto dalla Figc: in caso di mancate iscrizioni dei club in Lega Pro verrà ripescata, nell’ordine, una seconda squadra di Serie A, una retrocessa di Serie C e una squadra dai playoff di Serie D, e così via. Secondo primi calcoli, potrebbe essere tre le società di Lega Pro costrette a non presentarsi ai nastri del prossimo campionato a causa di problemi economici. Solo se saranno quattro, ci sarà spazio per due seconde squadre.

La prima dovrebbe essere quella della Juventus, il club che più ha voluto questa innovazione anche alla luce del numero di giovani sfornati negli ultimi anni dal vivaio bianconero. Sono piuttosto avanti anche Milan e Roma. La Fiorentina ci pensa ma potrebbe essere frenata dall’accelerazione di Fabbricini: i viola stavano ragionando su una prospettiva temporale più lunga. Adesso invece si tratta di muoversi in poche settimane. E questo non è un bene per i tempi di programmazione tipici dell’attività dei settori giovanile. È una posizione comune anche ad altri club di Serie A. Non tutti sono convinti del meccanismo di ingresso scelto dalla Figc: 1,2 milioni da pagare alla Lega Pro per poter partecipare. È una cifra che, secondo alcuni osservatori, è stata scritta in modo troppo frettoloso. In quest’ottica sarebbe stato necessario aprire un tavolo di confronto tra Serie A e Serie C per approfondire insieme le ricadute economiche e commerciali delle seconde squadre che hanno risvolti non solo tecnici. Basta pensare al fatto che le seconde squadre di A dovrebbero giocare in stadi di città vicine a quella della formazione principale, con conseguenze anche sul bacino di utenza di eventuali società di B e C nei dintorni. Ma questi sono dettagli.

A essere davvero inferocita è la Serie B, ma per altri motivi: la Lega cadetta non ha gradito la totale assenza di condivisione della riforma che incide direttamente sul campionato visto che le seconde squadre possono essere promosse dalla Lega Pro e quindi andare a giocare in B. Le ripercussioni sono anche economiche perché i club cadetti possono perdere opportunità di valorizzazione di giocatori in prestito dalla massima divisione. Il presidente Mauro Balata ha convocato subito un’assemblea per lunedì prossimo dopo aver tenuto un profilo molto basso nel confronto con le altre componenti nelle ultime settimane. Inevitabile creare degli scontenti. Malagò lo ha messo in conto fin dall’inizio con il suo metodo a strappi. Fabbricini lo ha seguito con il primo atto pesante da commissario Figc. Il ct Mancini a tutto questo non penserà: spera solo che le seconde squadre aiutino davvero a far maturare i nostri talenti.

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