venerdì 30 luglio 2021
Per la prima volta una mostra a Udine fa pienamente luce su Zuani, l’artista friulano che divenne celebre a Roma nella bottega del Sanzio per la sua virtuosistica pittura di fiori, frutti e animali
Giovanni da Udine, particolare del pergolato delle Logge del primo piano del Palazzo Apostolico in Vaticano

Giovanni da Udine, particolare del pergolato delle Logge del primo piano del Palazzo Apostolico in Vaticano - Esseci

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Al Castello di Udine ha aperto al pubblico “Zuan da Udine Furlano, Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487-1561)”, a cura di Liliana Cargnelutti e Caterina Furlan (fino al 12 settembre), la prima mostra dedicata all’artista udinese, che attraverso incisioni, disegni e documenti, ricostruisce la fortuna di uno dei più interessanti collaboratori di Raffaello. Artista poliedrico, fu architetto, stuccatore – riscoprì la ricetta dello stucco bianco all’antica – ma divenne celebre alla corte papale, come ricorda anche Vasari, per la sua abilità nel «contrafare benissimo (…) tutte le cose naturali» come fiori, frutti e animali. Per questa sua prerogativa, fu coinvolto e diresse molte delle principali committenze raffaellesche. Gli fu data carta bianca nel suo repertorio, genere che Raffaello non praticava e in cui Giovanni da Udine ebbe modo di coordinare il suo gusto per l’antico, che riscoprì nel contesto antiquario della Roma dell’epoca, con il suo spiccato interesse per il dato naturale. Tra i suoi più celebri brani di natura morta vi sono gli strumenti musicali della Santa Cecilia o i pesci della Pesca miracolosa degli arazzi della Scuola Vecchia, di una freschezza quasi tipica degli esiti del secolo successivo. Sono riconducibili alla sua mano anche gli splendidi festoni che si dispiegano lungo la volta e le lunette della Loggia di Psiche alla Farnesina, dove partendo da modelli antichi, riprodusse con un’inedita esattezza botanica centinaia di specie vegetali o ancora gran parte delle decorazioni ornamentali delle Logge Vaticane, che come attestano le incisioni esposte in mostra, ebbero un’immensa fortuna tra XVI e XIX secolo. Giovanni eccelse anche nella decorazione a grottesche, che riscoprì assieme a Raffaello nelle grotte della Domus Aurea, inesauribile crogiolo di motivi ornamentali che l’artista in gran parte recupera e reinterpreta con un linguaggio nuovo, inserendovi all’interno episodi di grande naturalismo. Per fare questo Giovanni si serviva del disegno dal vero per catturare con grande immediatezza i soggetti che doveva raffigurare, come appare chiaro nei fogli esposti in mostra, provenienti da varie collezioni europee e americane. Cecilia Ruggeri, studiosa che si occupa dell’artista da diversi anni e sta svolgendo la sua tesi di dottorato a Losanna, ha evidenziato il ruolo centrale svolto da Giovanni da Udine all’interno della bottega raffaellesca e ha ritrovato recentemente un ensemble di disegni inediti, qui esposti per la prima volta. Queste carte, pubblicate dalla studiosa sul “Bollettino” dei Musei Vaticani, mostrano un livello di attenzione quasi proto- scientifica al mondo naturale che non ha paralleli nella pittura del Cinquecento. A metà tra la matita e l’acquarello, questi fogli sono una testimonianza fondamentale non solo perché chiariscono ulteriormente il ruolo dell’udinese nell’atelier di Raffaello, ma anche perché sono riconducibili a degli importanti cicli di affreschi che si trovano nel Palazzo Apostolico Vaticano, in particolar modo quelli della Stufetta e della Loggetta del cardinal Bibbiena.

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