martedì 10 marzo 2015
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I sogni son desideri, cantava Cenerentola nel 1950. Il sogno di una vita migliore, il desiderio di sposare un principe, anche se appena incontrato. Sono trascorsi 65 anni da allora e sullo schermo si è affacciata un’altra Cenerentola, più moderna e consapevole, che al centro della propria vita ha messo la gentilezza e il coraggio. Così la vede Kenneth Branagh che riporta in vita lo storico personaggio Disney tratto dalla fiaba di Perrault conservando intatta la magia del cartoon, ma regalando una buona dose di contemporaneità a una giovane donna, non più icona di passività, ma capace di prendere in mano il proprio destino. Ne parliamo con il regista: la sua Cenerentola, in arrivo nelle nostre sale il 12 marzo con il volto di Lily James, è stata accolta con grande entusiasmo all’ultimo Festival di Berlino e lui, coraggioso e gentile come la sua eroina, racconta ad Avvenire cosa più a emozionato in questa avventura. Perche ha scelto proprio la gentilezza e il coraggio per caratterizzare la nuova Cenerentola?«Viviamo in un’epoca dove il cinismo è giudicato di moda, dove la purezza e la sincerità dei sentimenti, scambiati per debolezza, scatenano imbarazzo, ironia, sarcasmo, ilarità. La sceneggiatura di Chris Weitz mi ha fatto riscoprire la forza di queste emozioni e ho deciso di accettare la sfida: rendere la bontà carismatica, forte e divertente. In una storia come Cenerentola hai la possibilità di reinventare il personaggio rimanendo comunque nella tradizione e nel classico, riportando alla luce sentimenti positivi e luminosi. Abbiamo conservato sogno e magia senza cadere nel sentimentalismo più sciocco, irrealistico e stucchevole. Gentilezza e bontà sono le cose di cui oggi abbiamo tutti un disperato bisogno e sono certo che il pubblico non veda l’ora di trovarne un po’ anche al cinema».  Qualcun altro ne avrebbe fatto un remake gotico, lei invece è rimasto fedele al modello disneyano. Come mai?«Non voglio giudicare il lavoro dei miei colleghi, ma il gotico è ormai diventato un cliché, mentre io volevo conservare l’incanto della magia, tutta la tenerezza di questa soria, nonostante nel film non manchino i momenti bui e dolorosi». Ha fatto della gentilezza e della bontà quasi dei superpoteri, scagliati per rompere il guscio di cattiveria dentro cui si nascondono alcuni personaggi. «Chiunque di noi può sperimentare ogni giorno, ogni minuto, il potere di un sorriso. Un piccolo gesto che può avere un impatto enorme sugli altri. Il coraggio sta nel continuare a sorridere quando gli altri intorno a te hanno smesso di farlo».C’è più dolore che cattiveria nello sguardo della matrigna, interpretata da Cate Blanchett.«La matrigna ha visto morire due mariti, scopre che il padre di Cenerentola soffre ancora per la morte della moglie e come per tutte le donne dell’epoca, la sua sorte e quella dei figli era nelle mani di un uomo. La vita non era facile neanche per lei».E il Principe Azzurro non è solo una sbiadita comparsa, come nel cartoon.«Nel lavoro di ammodernamento della fiaba abbiamo lavorato su tutti i personaggi. Cenerentola si innamora di un giovane incontrato nel bosco e solo al ballo scopre che costui è il principe. Dunque non è amore a prima vista, ma un sentimento forte che si nutre di un rapporto paritario, come in una coppia moderna. Il principe è un personaggio a tutto tondo, che si interroga sul suo futuro di sovrano, sulle proprie responsabilità e i propri sogni».Ci sono due scene del film in particolare che susciteranno nel pubblico di tutte le età una gioia infantile. Quella del ballo e quella della corsa della carrozza, prima che la mezzanotte la ritrasformi in una zucca.«La scena della corsa di mezzanotte doveva essere esagerata, folle, assurda, onirica, comica. È stato molto divertente realizzarla. Ma quella del ballo era sicuramente la più carica di aspettative. Quando Lily James, avvolta nello straordinario abito azzurro realizzato da Sandy Powell con oltre diecimila cristalli Swarovski è apparsa in cime alla scalinata nel salone, disegnato da Dante Ferretti pensando a quello de Il gattopardo, illuminato da cinquemila lampade a olio, il respiro di tutti si è improvvisamente fermato. Sono convinto che anche l’ultimo degli elettricisti in quel momento si sentisse nei panni di Cenerentola, incarnazione di purezza e ottimismo».  C’è un po’ di Shakespeare anche in questo film, vero?«C’è un po’ di Shakespeare in tutte le storie del mondo. Il Bardo ama raccontare legami familiari in cui la pressione grava su un genitore solo. Re Lear, ad esempio, che ha tre figlie, e mi fa molto pensare alla fiaba di Cenerentola. Soprattutto il suo invito “Sii paziente e ferisci” che noi abbiamo ribaltato in “Sii coraggiosa e gentile”».
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