venerdì 23 giugno 2017
L'impresa di Mila Brollo, affetta da diabete di tipo 2, ha corso in bici da Gemona a Lampedusa: 2mila km monitorata dai medici attraverso un chip sotto pelle
Mila Brollo con la sua bici

Mila Brollo con la sua bici

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Che fare se l’autostima è minima e il proprio lavoro nel sociale non risolve drammi umani, anzi alimenta i sensi di colpa, la sfiducia e la diffidenza? In anni di narcisismo dilagante, Mila Brollo ha deciso di pedalare in controtendenza rispetto alle mode, è partita da Gemona del Friuli per raggiungere Lampedusa, terra di morte e di speranza per chi fugge dalle guerre e dalle povertà. Lungo le tappe ha incontrato i pazienti affetti da disturbo mentale insieme ai i loro famigliari dell’Associazione FareAssieme, che aderisce al coordinamento nazionale di Parole Ritrovate di cui è tra le principali attiviste. Mila Brollo ha 58 anni, sposata con quattro figli, è affetta da diabete di tipo 2 e con un microchip sottopelle ha registrato il suo consumo energetico lungo tutto il percorso, inviando ogni sera i dati alle università di Trieste e Pisa, per valutare il beneficio delle pedalate sui soggetti affetti da tale patologia. «Lavoro in psichiatria e ogni giorno mi rendo conto che dovrei avere più coraggio, mi sento in colpa per quel che avrei potuto fare e non ho fatto, per quel che sarebbe giusto facessi e non faccio. Lavoro ogni giorno con gli ultimi, siano essi folli, migranti, persone con disabilità o in abbandono sociale. Tante volte, il mio sentirmi piccola davanti a queste enormità mi ha paralizzata».

Mila Brollo, impegnata nella riabilitazione psichica a Gemona del Friuli in provincia di Udine, racconta i suoi duemila chilometri in bici fino a Lampedusa nel libro Biciterapia (Ediciclo, pagine 176, euro 15), le cui pagine emozionano a più riprese. Ogni pedalata è una riflessione su sé stessi, sugli altri, sulla bellezza dell’Italia, sociale, artistica, musicale e su quella degradata, sulle persone capaci di inventarsi iniziative di sostegno ai cittadini con disturbo psichico. Il percorso delle tappe è stato pianificato per incontrare persone, raccontare il dolore, ascoltare i protagonisti di esperienze dal basso. Nei primi dieci giorni, ha fatto tappa a Bologna, Ferrara, Crevalcore, Parma, Modena, Prato per incontrare i famigliari dei disagiati psichici delle associazioni locali di FareInsieme: «A Modena ho avuto il primo incontro di Parole Ritrovate, sembrava di essere a casa, tra la mia gente. Ho incontrato un pezzo del mio mondo, fatto di persone vere che hanno sofferto e soffrono senza pudore, ma che mi sanno riconoscere e che io riconosco. Sono stata invitata a una trasmissione di radio LiberaMente, un altro progetto nato da persone con disagio psichico. Questa radio è un progetto di Social Point, una importante realtà che opera in stretto collegamento con il dipartimento di salute mentale di Modena» afferma la coraggiosa ciclista friulana. A Bologna Mila Brollo è stata raggiunta da diciotto persone della sua associazione di Gemona del Friuli, pazienti che in gergo vengono definiti «in crisi», tutti a pranzo alle Cucine Popolari, promosse e organizzate per arginare le povertà diffuse da Roberto Morgantini: «Ha i capelli bianchi, una bella barba e gli occhi vispi di chi dentro è per sempre ragazzo. Ha fondato le Cucine Popolari, un bel luogo di condivisione e di vicinanza dove molte persone in difficoltà o solitudine ogni giorno possono mangiare insieme, tutti quelli che ci lavorano, compreso Roberto, lo fanno a titolo gratuito e il cibo è in gran parte donato. Da quando ho conosciuto questo sognatore è iniziata una bella collaborazione tra la mia associazione e le sue attività».

Belle persone Mila Brollo le ha conosciute anche nel profondo sud, dove è più difficile operare, nella tappa di Napoli ha incontrato gli animatori di “Je so’ pazzo” all’interno dell’ex ospedale psichiatrico, e di “Sfizzicariello” tavola calda gestita da utenti psichiatrici, esperienza all’avanguardia e ci spiega perché: «Una perla come Sfizzicariello, probabilmente impossibile al Nord per via dei vincoli burocratici, sanitari e fiscali, qui è potuta sorgere dalla deprivazione. In qualsiasi realtà la deprivazione sviluppa forme alternative di compensazione, a Napoli questo paragone mi è venuto in mente di continuo. Con l’intelligenza, la creatività e la capacità di adattamento, qui si supplisce a tutto ciò che manca». A Palermo Mila ha conosciuto Anna “dei miracoli” perché ha reso autonomo suo figlio Roberto di trentacinque anni, affetto da un grave disturbo psichico, grazie all’intelligenza quotidiana e all’amore materno che hanno caratterizzato le sue azioni: «Anna osserva ogni cosa, è attentissima. Il lavoro di rete che ha fatto andrebbe studiato molto attentamente perché avremmo tutti da imparare da persone con così tanta esperienza. Intorno a Roberto il mondo si è fatto sicuro, grazie ad Anna, una persona da cui imparare, una miniera di strategie apprese sul campo, di sapere esperienziale, che come operatrice psichiatrica, con estrema umiltà devo tenere in grande considerazione».

Le pedalate di Mila Brollo ci raccontano dei cumuli di spazzatura tra Mondragone e Napoli, del controllo del territorio della criminalità organizzata, del giornalista disabile Franco Bomprezzi, dello psichiatra Franco Basaglia, del Centro Peppino Impastato, dell’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, della dignità di genitori che sopportano il dolore per il disturbo mentale dei figli. Il primo principio che ha spinto l’autrice ad avventurarsi lungo le strade trafficate della Penisola è stato «si può fare». Il secondo, ispirato a Primo Levi «se non ora quando?» che si può applicare anche ai cittadini con disturbo psichico per farli uscire dall’isolamento. E Lampedusa? «Questa piccola isola prende il cuore, lo prende e non lo lascia più. Chi ha voglia di provare questo sentimento vada a Lampedusa e si lasci catturare… È luogo di rifugio, luogo di incontro per uomini e animali, per fiori e pescatori, per naufraghi e idealisti» scrive l’autrice. Biciterapia è uno di quei pochi libri da tenere sul comodino e rileggere qualche pagina la sera, non per conciliare il sonno, ma per destare le nostre coscienze e ricordarci che si può fare. Insieme.

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