venerdì 10 febbraio 2017
Sono 136 le specie botaniche citate nelle Scritture Un erbario identifica nella cicuta il fiele offerto al Crocifisso e l’«albero del peccato» in un fico
Il Paradiso terrestre immaginato da Jan Bruegel il Vecchio  (1612)

Il Paradiso terrestre immaginato da Jan Bruegel il Vecchio (1612)

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E un bel martedì, Dio creò le piante. Lo dice la Bibbia: «La terra produca germogli, erbe da seme e alberi da frutto... E fu sera e fu mattina: terzo giorno». Ci teneva tanto, Javhé, alla botanica, che ci pensò addirittura prima di costituire il sole stesso, creato solo il giorno seguente. Che da stupirsi, dunque, se il posto di delizie dove il Creatore pose il primo uomo era appunto «un giardino» da lui stesso «piantato» (così la Genesi): l’Eden. Da quei primi fioritissimi versetti in poi, si può dire che le scritture sacre siano tutte una foresta: sono infatti ben 136 le specie vegetali citate nei libri biblici e appartengono a 71 famiglie, contabilizza Mauro Ballero, titolare di Biologia farmaceutica all’università di Cagliari. Si tratta soltanto del 5,2% della flora spontanea oggi nota in Palestina, e tuttavia di un «eloquente contingente impiegato sia per usi quotidiani che per funzioni simboliche», proprio come si addice a una civiltà contadina, così da poter stabilire i due Testamenti anche quali utili fonti di conoscenza per la storia della biodiversità e dell’etnobotanica.

La quercia di Mamre, sotto la quale Abramo ricevette la visita dei tre ospiti angelici, e il misterioso sicomoro su cui si arrampicò il corto Zaccheo. L’altrettanto a noi poco noto issopo ( Majorana syriaca) citato dal salmo 50 e il carrubo, dei cui frutti ambiva cibarsi il figliol prodigo. Il ricino di Giona e la zizzania della parabola... Anche soltanto addentrandosi nelle più banali reminiscenze catechistiche, ci si imbatte in un intrico vegetale; la vite, ad esempio, conta ben 458 occorrenze tra Genesi e Apocalisse, l’olivo 271, il frumento 147: tanto per testimoniare una botanica nettamente mediterranea, Subito dopo vengono l’incenso (131), per ovvi motivi liturgici, e il prezioso cedro del Libano (79), sfruttato per la costruzione del Tempio di Salomone.

Il melo, invece, totalizza appena 3 citazioni (d’altronde è un’essenza d’importazione nell’area medio-rientale), tra cui non figura quella del Paradiso terrestre: Ballero ricorda infatti che mai la Genesi identifica il famoso «albero della conoscenza del bene e del male» con il fatidico pomo e – sulla scorta anche delle interpretazioni di Rabbi Nechemia (I secolo d.C.) e dei pittori Masolino (1424) e Cranach il Vecchio (1530) – reputa che si trattasse piuttosto di un fico. L’esperto compie anche altri interessanti tentativi di identificazione per piante su cui la Bibbia si mantiene nel vago: così le rimpiante (dagli israeliti in fuga nel deserto) «cipolle d’Egitto » potrebbero essere piuttosto leguminose note come «fieno greco», da cui lungo il Nilo si derivava una succulenta marmellata; il fiele, offerto misto a vino a Cristo in croce, sarebbe in realtà velenosa cicuta (dunque il rifiuto di berne significa la volontà del Salvatore di non abbreviare artificialmente le sofferenze); le erbe amare prescritte per la Pasqua ebraica possono invece comprendere lattuga, cicoria, eringio e rucola. Finendo con il roveto ardente di Mosé, per il quale lo studioso tronca le interpretazioni accreditando il Loranthus acaciae, i cui «fiori e frutti sono tanto rossi da assumere la parvenza delle fiamme».

Altro capitolo interessante riguarda la flora che, all’opposto, deriva la sua definizione proprio dall’ambito religioso, in specie dalla passione. È il caso dell’albero di Giuda, arbusto che – secondo la tradizione – avrebbe sostenuto l’impiccagione dell’apostolo traditore: forse perché vegetava rigoglioso nel «campo del vasaio» citato dal Vangelo, forse per storpiatura da «albero della Giudea» (dove pure cresceva abbondante), forse semplicemente per i suoi fiori tra rosa e rosso sangue. Mentre lo spino di Cristo ( Ziziphus spina-christi), arbusto flessibile comune in Palestina, deve il nome all’ipotesi – compatibile con gli studi sindonici – che dai suoi rami sia stata intrecciata la corona del Crocifisso. Ben rappresentate nelle Scritture anche le spezie (cumino, menta, coriandolo) e le piante aromatiche (aloe, nardo, mirra), nonché le erbe officinali; una ventina le costose specie d’importazione, anche piuttosto remota: cardamomo, zafferano, ebano... Tra le assenze poco spiegabili (considerata la vegetazione tipica dei luoghi) si annoverano invece rosmarino, sedano, finocchio, barbabietola, asparagi e cavolo: ma forse soltanto perché ai profeti non piaceva vangare l’orto...

Mauro Ballero
LE PIANTE E LA BIBBIA
Delfino. Pagine 366. Euro 39,00

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