domenica 17 gennaio 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Trenino? Ma quale trenino. Questo è il vero super treno. Altro che Freccia Rossa, Tgv (pardon, ora Agv), Ice o Tokaido Skinkansen, l’orgoglio giapponese. Ma quali 350 orari su infiniti, noiosi, facili, rettifili. Questo è il treno con la "T" maiuscola. Stiamo scrivendo del cosiddetto Trenino rosso del Bernina. Di quella incredibile linea ferroviaria («Rhätische Bahn») che da Tirano porta a St. Moritz. Tratta patrimonio dell’umanità – così decise l’Unesco nel 2008 – che quest’anno taglia il traguardo dei cento anni di vita. Quel meraviglioso mezzo di trasporto che tra curve e controcurve, ponti e gallerie, discese e salite da paura – con pendenza del 70 % – "doma" ad aderenza naturale (senza la cremagliera) le valli dell’Engadina, in Svizzera dopo un breve tratto in Italia, sul suo tortuoso binario a scartamento metrico – un metro, appunto. Opera di alta ingegneria, pionieristica. Concepita agli inizi del ’900 per dar sfogo ad una valle "baciata" dalla neve. Per portare passeggeri – e turisti che fossero messi nella condizione di ammirare le bellezze naturali della zona – ma anche merci: se vedrete transitare dei carri cisterna, vagoni gialli del servizio postale o carri carichi di legna, non stupitevi, è cosa normale. Ingegneria nell’ingegneria, questa ferrovia elettrica che, per il suo funzionamento, ebbe bisogno anche delle centrali idroelettriche, costruite all’uopo, ovviamente. Elettrica in quanto le automotrici a carrello erano in grado di accelerare e frenare più rapidamente dei treni a vapore e di superare quasi le stesse pendenze delle ferrovie a cremagliera. Nata per viaggiare durante la bella stagione riducendo sensibilmente i tempi del percorso in diligenza e, come per incanto, capace di sferragliare anche d’inverno. Dal 1913 grazie ad un mastodontico spazzaneve a vapore, ancora perfettamente funzionante e utilizzato nelle manifestazioni che coinvolgono i "patiti" di ferrovia: lo Xrot d 9213, affettuosamente chiamato "il mostro del Bernina", uno spazzaneve rotativo a vapore automatico unico al mondo. E che inverno, quello del Bernina dove i binari s’arrampicano sino a 2253 metri tra cumuli di neve, tempeste di vento e temperature da brivido. Era proprio nel dna di questa linea l’innarrestabilità. E se l’uomo ci mise tutta la sua maestria nel realizzarla forse, con un po’ di poesia romantica, si può pensare che un qualcosa di straordinario e misterioso la faccia correre anche quando fermarsi sarebbe ovvio e sensato. Son 61 chilometri quelli che bisogna percorrere seduti comodamente in carrozza, da Tirano a St. Moritz. Ad andatura lenta, 40 orari ma pure meno, attraverso paesaggi mozzafiato. Le sorprese iniziano subito. A Tirano, nella nostrana Valtellina perché il convoglio, lasciata la linda stazione della cittadina lombarda, passa indisturbato davanti al Santuario dedicato alla Madonna e poi percorre, per un tratto, la strada verso il passo alpino. La salita è impietosa, ma la motrice si fa le beffe del dislivello – oltre 1800 metri in 22 chilometri –. Morde il binario e supera l’ostacolo grazie all’ardire – a prima vista incoscienza? – dell’ingegno umano: il viadotto circolare di Brusio lascia increduli. Sembra di essere in un plastico tanto tutto è perfetto. Una miniatura si direbbe, invece è un manufatto vero, così reale che più reale non potrebbe essere. E che lascia a bocca aperta dall’ammirazione. L’elenco di paesaggi da gustare è infinito. Quando si giunge in cima, superati fiumi e laghetti, coccolati dal comfort di vetture panoramiche dove lo sguardo non ha confine o sulle spartane vetture estive scoperte, è naturale chiedersi come sia possibile avere scalato simili montagne: Ospizio Bernina, dicevamo prima, si trova a 2253 metri di quota; alle nostre spalle, Tirano dolcemente posata a 429 metri sul livello del mare. Sopra ci osserva maestoso il Piz Bernina dai suoi 4.049 metri. Tutt’intorno altre vette fanno da maestosa cornice. Poi si scende vertiginosamente verso Pontresina (1774 metri) e si risale, seppur di un solo metro, quando si giunge a St. Moritz: dopo 61 chilometri, si diceva, di emozione, 13 gallerie e 52 ponti. Cento anni di onorato servizio, un secolo di vecchiaia che non conosce stanchezza. Anzi rinvigorisce giorno dopo giorno col suo carico di viaggiatori esterrefatti (700mila l’anno) che quando giungono da queste parti non possono non preventivare un viaggio sulla linea e magari proseguire poi verso Thusis – la ferrovia dell’Albula che venne completata sette anni prima (1903) e che regala altrettanti visite ineguagliabili, anch’essa patrimonio mondiale dell’Unesco. Ecco, chi opta per il viaggio da Thusis a Tirano o viceversa percorre 122 chilometri attraversando, via St. Moritz, la Val Poschiavo.Un binario che si snoda lungo un tracciato che attraversa 196 ponti e 55 tunnel percorrendo il territorio comunale di 20 Comuni e che mantiene praticamente inalterato il retaggio del viaggio di cento anni fa: un collegamento tra nord e sud che diventa davvero un’indimenticabile esperienza proprio nel cuore delle Alpi. Due linee costruite anche con un altro preciso obiettivo: quello del rispetto dell’ambiente, dove i materiali autoctoni la fanno da padrone con la pietra che caratterizza ponti, portali delle gallerie e muri di sostegno, in un tutt’uno con l’incontaminata natura circostante. Tornando alla Ferrovia del Bernina non si esagera nel definirla un gioiello della tecnica e della paesaggistica che, a quel tempo, fece scuola.Una linea – "economica e sicura" come la concepirono gli ingegneri – che diede ispirazione ad altre ferrovie di montagna: si scomodarono persino dal Giappone per vederla. Era il 1912 e le cronache raccontano dell’arrivo in Svizzera dell’ingegner Handa in rappresentanza della Hakone Tozan Railway. Handa rimase ammaliato ed esportò il modello svizzero sulla costruenda linea di Hakone, una delle regioni turistiche più amate del Paese orientale a sud di Tokio. Vi chiederete a che serve, un secolo dopo, ricordare questo curioso episodio. In verità aiuta a capire la ragione delle scritte – riportanti il nome delle stazione – in giapponese che compaiono sulle pareti di tre edifici della linea, St. Moritz, Alp Grum e Tirano. E serve a svelare il mistero dell’appellativo "Hakone", con il simbolo nazionale giapponese, il Sol Levante, che compare su una vettura. Va peraltro sottolineato che le due ferrovie sono gemellate dal 1979.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: