mercoledì 12 febbraio 2014
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Una piccola storia sulla felicità. Così Edoardo Winspeare definisce il suo ultimo film, In grazia di Dio, presentato ieri al Festival di Berlino nella sezione Panorama, che spesso riserva alcuni tra i film più interessanti dell’intera kermesse. Una storia su come i momenti di crisi possano sfociare in un’inaspettata rinascita e su come la famiglia resti un baluardo di affetti per cui vale la pena lottare. In un paesino del basso Salento quattro donne – una nonna, una madre, sua sorella e una nipote – sono costrette a trasferirsi in una vecchia masseria in campagna quando l’epocale crisi economica dei nostri giorni porta al fallimento la loro piccola impresa. L’unico modo per sopravvivere è lavorare la terra e tornare all’economia del baratto. Adele è una donna forte e sola, molto dura, in perenne conflitto con la figlia Ina, una ragazza apparentemente superficiale, ma in realtà pronta a occuparsi con gioia del bambino in arrivo, a dispetto dell’assenza del padre e delle tante difficoltà finanziarie. Maria Concetta, la sorella di Adele, ha sempre lavorato come operaia nella fabbrica di famiglia sognando una carriera di attrice che la vita in campagna sembra definitivamente negarle. La matriarca Salvatrice è invece una contadina di sessantacinque anni impegnata a coltivare con amore la terra e a tenere unita una famiglia che le tensioni rischiano di disgregare. «La fatica di sopravvivere solo con i prodotti del lavoro dei campi – spiega Winspeare – farà sì che una luce inaspettata squarci il buio della dura esistenza delle protagoniste, solide come tante donne del Sud. Questa luce è la rivelazione delle cose fondamentali nella vita di un uomo: la bellezza del creato, la scoperta del bene, la meraviglia, la gratitudine di stare in questo mondo, il senso di comunità, la comprensione del dolore e anche del male, la soddisfazione per il proprio lavoro e soprattutto l’amore che ci lega ai nostri familiari come a tutti gli abitanti della Terra. Solo pochi fortunati riescono a vivere così, in particolare in un Occidente troppo distratto per ricordarsi di chi è l’uomo. La salvezza potrebbe arrivare da un cambiamento radicale del nostro stile di vita attraverso una nuova consapevolezza del nostro essere su questo pianeta. La crisi economica diventa allora una grande opportunità per cambiare le cose». E se il titolo rimanda al bisogno di vivere in pace, il personaggio della nonna, che apre il film con una preghiera alla Madonna e lo chiude con una ninna nanna sulla nascita del Bambino Gesù, incarna quel profondo senso religioso che permea la vita quotidiana soprattutto di chi vive nelle campagne del sud. «Sono credente – dice ancora il regista – e scommetto sull’esistenza di Dio. Ma la religiosità, scandita da rituali importanti soprattutto nei piccoli paesi del meridione è anche un forte collante sociale, e la Messa domenicale diventa un fondamentale momento di aggregazione per la comunità». Ispirata dal film che suggerisce un cambio di rotta esistenziale, la stessa produzione (Winspeare con Alessandro Contessa, Gustavo Caputo, anche nei panni di attore, e Rai Cinema) ha adottato uno stile ecologico. «Il film è stato realizzato a Km 0: abbiamo dormito negli stessi luoghi dove giravamo, usato biciclette per spostarci, evitato bottiglie di plastica e adottato il pacco-baratto con prodotti alimentari offerti dagli sponsor per compensare i tanti servizi messi a disposizione della troupe anche dalle persone comuni. E poiché mi ritengo un regista tutt’altro che provinciale, ho l’ambizione di raccontare storie universali usando attori locali. Ora due distribuzioni si stanno contendendo il film, che uscirà in primavera».
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