mercoledì 11 maggio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
«Mia mamma era analfabeta, ma come la "Madonna del cardellino" di Raffaello aveva sempre in mano il Vangelo, si metteva accanto a una cosa calda e apriva questo libro senza saper leggere. E io le dicevo: "Ma mamma, non sai leggere…", e lei mi guardava in un modo e sorrideva e non rispondeva, ma sembrava che mi dicesse: "So leggere più di te"».Chissà quanto volte sarà tornata alla mente di Roberto Benigni questa immagine che affidò alle pagine di questo giornale nella conversazione con Davide Rondoni nel 2007? Certo è che di Vangelo il comico toscano ne ha masticato molto, soprattutto per portare sulle piazze del mondo la Commedia dantesca e arrivare a dire che «Gesù, il Signore, s’è fatto uomo perché gli uomini diventassero Dio. Lui che non ha mai peccato s’è preso tutti i peccati, ha fatto tutto quello… è una cosa spettacolare quello che ha fatto». Oppure che «una volta morto è andato di là; non solo ha liberato tutti noi, ma è andato anche a liberare nell’Inferno qualcuno che non riteneva giusto che fosse lì… Gesù Cristo ne ha salvati proprio tanti! C’è sempre una speranza con Gesù, ragazzi. Io credo che c’è speranza anche all’Inferno, se c’è Gesù».Altrettanto certo è che nelle opere di Benigni (dagli spettacoli di cabaret ai varietà televisivi, dai film alle letture dantesche) c’è una attenzione ricorrente per le tematiche religiose. Dio, Gesù, la Bibbia, la creazione, angeli e diavoli, il Giudizio universale, Maria… Gli esempi sono innumerevoli. Argomenti affrontati a volte con ironia, a volte con grande profondità. Si pensi ai primi spettacoli, di tanti anni fa, alle feste dell’Unità (poi raccolti nel primo «Tuttobenigni»). Quelli in cui diceva che «Dio che sta nell’alto dei cieli» suonava troppo lontano, metteva persino paura e suggeriva al Padreterno (parlandogli con familiarità, più che con sfrontatezza) di prendere un nome più familiare: «Guido, che sta a mezz’aria…». E poi i film, dagli improbabili miracoli del Gesù bambino di «Tu mi turbi» al Padre Nostro recitato, per intero, davanti alla moglie morente ne «La tigre e la neve». Per arrivare alle grandi disquisizioni sull’Inferno e il Paradiso, il peccato e la grazia, l’uomo e Dio, che infarciscono i commenti alla Divina Commedia.Da qui è nata l’idea di un libro a più mani, in uscita nei prossimi giorni (Roberto Benigni. Da «Berlinguer ti voglio bene» alla «Divina Commedia», il percorso di un comico che si interroga su Dio), a cura di Riccardo Bigi, edito dalla Società editrice fiorentina, che analizza in maniera sistematica il modo in cui Benigni nelle sue opere (e in particolare nei film e nelle letture dantesche) parla di Dio. Lasciando fuori il Benigni "politico", la satira, le comparsate televisive su cui già si è detto e scritto tanto, mentre mai prima d’ora era stato studiato quale idea del divino e dell’umano emerga dai suoi lavori. Su questo sono stati coinvolti un critico cinematografico, Francesco Mininni, e un teologo, monsignor Andrea Bellandi.«Benigni è un artista che rimanendo fedele a se stesso ha allargato i propri orizzonti. Una persona– spiega Mininni – che a lungo andare, guardandosi allo specchio, ha capito che lo sberleffo da solo non basta a esprimere i sentimenti che ha dentro. E che ha deciso di fare e dire di più. Tra Berlinguer ti voglio bene e La vita è bella non passano soltanto vent’anni. Ci sono un percorso, una riflessione, un cambiamento di punto di vista, un diverso amore per la vita, una differente interiorità».«Grazie a Benigni, la Commedia – afferma Bellandi – è tornata e sta tornando a essere testo appassionante e ricercato da molte persone che desiderano coglierne la portata educativa, magari anche volendo approfondirne l’origine e il contenuto spirituale. Ma il merito di Benigni è anche quello di mettersi lui stesso in gioco di fronte al testo, accettando consapevolmente di correre un rischio duplice: quello di deludere i numerosi fan del Benigni comico e quello di incorrere negli strali degli addetti ai lavori: letterati, intellettuali, perfino alcuni ecclesiastici. Non sappiamo quanto la scommessa sia stata vinta; è certo però che, dopo il suo tentativo, il capolavoro di Dante è ritornato prepotentemente attuale. Ciò non vuol dire che l’interpretazione datane dall’artista toscano sia sottoscrivibile in ogni sua parte, o esaurisca tutta la sconfinata profondità, soprattutto teologica, dell’opera medesima; tuttavia non si può negare che egli vi si sia confrontato lealmente, mettendo in gioco tutta la ricchezza della propria umanità».«Non c’è comunque dubbio che la cultura popolare di Benigni – conclude il curatore del libro – sia intrisa fino al midollo di religiosità. Una religiosità che può esprimersi nella presa in giro, nella battuta, nell’irrisione come nell’esposizione appassionata di sofisticate dottrine teologiche che si nascondono dietro i versi di Dante. Perché in fondo la comicità e la poesia, come ogni forma d’arte, sono strade per dire quelle cose che il linguaggio umano, altrimenti, non riesce a esprimere».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: