mercoledì 7 settembre 2022
La romanziera, docente di scrittura a Oxford, a Mantova spiega domani come ha ideato i suoi libri a partire dai ricordi di lettura d’infanzia e sulle opere del Bardo
La scrittrice inglese Sally Bayley che domani parla a Mantova al Festivaletteratura

La scrittrice inglese Sally Bayley che domani parla a Mantova al Festivaletteratura - .

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Sally Bayley è cresciuta in una casa di bambini e di donne. Ciò che segna una svolta nella sua infanzia è la tessera della biblioteca, che le permette di conoscere i libri e la lettura, e di viverli intensamente, come si scopre nel suo memoir La ragazza con la colomba. E ora questa 'svolta' ritorna, perché è appena uscito per Edizioni Clichy No Boys Play Here (pagine 240, euro 17), il suo secondo memoir in cui racconta la storia di un’adolescente che cerca, attraverso Shakespeare, di colmare i vuoti lasciati nella sua vita dal padre e degli uomini della sua vita, e di come sia possibile riconoscersi nella letteratura. Bayley sarà a Mantova domani alle 16.30 a Palazzo Ducale, in un evento in cui parlerà di mappe della letteratura e della vita.

Il suo libro parla di un’adolescente che cerca, attraverso Shakespeare, di colmare i vuoti lasciati nella sua vita dal padre e da altri uomini assenti. Perché Shakespeare?

Ho iniziato a leggere Shakespeare a 13 anni con Sogno di una notte di mezza estate perché l’ho trovato nella biblioteca locale. Tutto il mio materiale di lettura proveniva dalla biblioteca e poi da mia madre. Ho capito che questa opera e tutte quelle che ho letto dopo, parlavano di famiglie che litigavano nel tempo e nello spazio. I drammi di Shakespeare incoraggiano a trasferire e trasporre, a rimodellare e riformare le sue scene nella nostra testa.

Quanto è autobiografico No Boys Play Here?

È un’opera di finzione autobiografica che entra ed esce dalle istantanee della memoria, ma la maggior parte del lavoro è opera dell’immaginazione: ho trasferito i personaggi della mia infanzia nelle opere di Shakespeare e viceversa.

La letteratura può salvarci?

Non credo che qualcosa o qualcuno possa 'salvare' da qualsiasi situazione. Si può solo essere in grado di prendere buone decisioni, il che richiede autoconsapevolezza e conoscenza di sé. Ma certamente da bambina ho capito che la letteratura straordinaria può lanciare potenti incantesimi e offrire modi diversi di vedere il mondo. Ho letto Shakespeare e ho capito che a teatro ci sono entrate e uscite: i personaggi entrano ed escono dalla rappresentazione producendo energia e forza vitale e alcuni non si vedono più. Il personaggio di Falstaff, che è al centro di No Boys Play Here, viene bandito dal suo migliore amico. Alcune persone non la- sceranno mai la loro città natale, la loro famiglia, ma quando ho scoperto Falstaff ho capito che dovevo avere un piano per lasciare la mia prima scena prima di essere bandita dalla mia stessa famiglia.

Un tema rilevante del suo libro è l’importanza della memoria. Che valore ha per lei l’atto di ricordare?

La memoria è una struttura di sentimenti; è un archivio attraverso il quale riviviamo e raccontiamo storie a noi stessi. Possiamo anche creare i ricordi da zero, inventarli. I ricordi sono oggetti tattili che mescoliamo e riordiniamo a seconda del nostro atteggiamento e del nostro stato d’animo; li creiamo e li rimodelliamo continuamente. La memoria è un atteggiamento che abbiamo verso noi stessi e verso gli altri. Credo che la maggior parte dei ricordi si presentino come opere teatrali nella nostra mente; e spesso ci poniamo come protagonisti del nostro teatro mentale.

Nel suo libro precedente ha affrontato i temi dell’abbandono, della povertà e della violenza, ma anche qui rimangono vivi, seppur in un’altra forma. Questo libro è il secondo di una trilogia. Cosa dobbiamo aspettarci dal terzo volume?

Tutti e tre i libri sfidano la nostra concezione di genere: la forma di racconto che ci è consentita in un mondo letterario omogeneo. Mi interessa cosa succede quando la letteratura si trasforma in canto e danza, in movimento e gesto, in teatro. Tutti e tre i libri sfidano i confini generici e interrompono i continuum spazio-temporali. The Green Lady, la terza parte, tornerà alle figure dei guardiani: madri adottive e spiriti custodi, ma anche a coloro che sono rimasti ai margini nei due libri precedenti. The Green Lady sarà una storia di fantasmi come, in un certo senso, lo è Jane Eyre di Charlotte Brontë.

Nel libro lei scrive: «Ogni volta che fate vostro uno spazio, qualcuno ben presto ve lo prenderà. Lo spazio è come una torta: non basta mai e viene spazzolata all’istante ». Altri temi chiave del libro sono perciò lo spazio e il corpo.

La vita del corpo è fondamentale per il mio modo di intendere la scrittura: scrivo in modo viscerale, a partire dai ritmi e dai movimenti della vita corporea, dai modelli sonori, dai racconti orali, dai canti e dalle danze e dai discorsi vivaci. Le parole occupano spazio e nella mia casa d’infanzia avevamo poco spazio per muoverci o respirare, per crescere. Così mi sono rivolta alla poesia, che è una forma compressa di linguaggio, costruita intorno a figure come metafore e similitudini, soprattutto nel mondo poetico di Shakespeare, perché ho capito che le metafore si contraggono e si espandono, e quando si contraggono si possono conservare. Le metafore possono essere trasportate da uno spazio all’altro in forma miniaturizzata.

Cito ancora dal libro: «In una società impegnata a uniformare tutti siamo disorientati dalle persone che non si comportano come noi». Quanto sono importanti i valori dell’unicità, della diversità e della non discriminazione?

Questo è un libro che celebra gli outsider, i personaggi respinti dalla società tradizionale, mandati in esilio perché non soddisfano i criteri di un certo tipo di stile di vita. The Green Lady invece celebrerà gli eccentrici, che ho intravisto nella mia infanzia e che allora credevo fossero al comando, certamente fonti di potere e influenza, ma ora mi rendo conto che questi individui sono quasi estinti a causa della burocratizzazione di tutte le sfere della vita contemporanea. I bambini sono eccentrici per natura, ma noi togliamo loro l’eccentricità perché ci vuole più tempo ed energia per promuoverla. Ci vogliono immaginazione e fiducia e non possono essere provate con criteri d’esame.

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