martedì 25 agosto 2015
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Con innumerevoli giochi verbali ha firmato una spassosa storia del biblico re Davide, è stato il caustico autore della bambina terribile Susi, che ha imperversato per otto anni sulla rivista erotica Blue, con il romanzo autobiografico Fratelli ha spiazzato tutti, raccontando una vita avventurosa e dolorosissima a cuore aperto. Per Roberto Battestini, pescarese, classe 1966, una lunga ed eclettica carriera sulle "nuvolette", si può a ragione parlare di «folgorazione sulla via del fumetto». «La vita di un fumettista non può essere scissa dalla fede – spiega – e il bene ricevuto da Dio, anche indegnamente, va restituito. Persino – puntualizza – attraverso un mezzo che mi ha visto creatore di personaggi "feriti" e aggressivi, com’era anni fa la parte profonda di me stesso». Battestini si riferisce in particolare a Susi, il personaggio che l’ha reso noto, mentre si districava tra traduzioni (è laureato in Lingue e Letterature Straniere), Scuola Internazionale di Comics e vulcaniche idee giovanili da declinare in pagina. «Il fumetto è sempre stato un riflesso della mia vita, un modo di raccontarla. Mi ha sempre emozionato la scrittura di Andrea Pazienza, quel suo vivere a fumetti e nei fumetti. Quello straordinario desiderio di comunicare gioie, dolori e passioni. Non è stato l’unico a farlo, e oggi esistono autori molto bravi a raccontarsi, ma di fatto lui ha rotto un argine, ha creato qualcosa che nel fumetto italiano non c’era».Anche la sua bambina terribile Susi era per certi aspetti una novità. «La Susi me la porto tatuata sul braccio destro… pensavo che la satira sociale che Susi rappresentava, un bimba violenta e molto sessualizzata, fosse l’unica rappresentazione possibile del dolore che portavo entro per la mia storia personale. Susi c’est moi,  affermavo parafrasando Flaubert. Ed era vero, in quanto in lei si rifletteva tutto il mio sconcerto per la sofferenza che percepivo da bambino di fronte a un mondo adulto, abusante e spietato. Di cui avevo vissuto personalmente le ferite. Lei era la mia paladina, il mio sarcasmo, il mio disprezzo per l’ipocrisia borghese. Ma il mio piccolo idolo, come una droga, era divenuto ingestibile e condizionava un po’ tutta la mia vita. Quindi a un certo punto ho compreso che per cambiare vita devi cambiare anche quello che racconti come autore. Con sacrificio ho smesso di disegnare le sue storie brevi e l’erotismo di Blue».

Per quattro lunghi anni è rimasto alla finestra. Poi è nato qualcosa di nuovo. «I Catecomics senza la lungimiranza della mia amica Mara Scarpa delle edizioni Dehoniane di Bologna non avrebbero mai visto la luce in quel formato. Nati per un’iniziativa parrocchiale, a mie spese, oggi sono una collana di una decina di titoli (vincitori tra l’altro di diversi premi Fede a Strisce del festival Cartoon Club, ndr). Una letteratura a fumetti in grado di parare di Dio in maniera divertente, colta, sensibile, e con il linguaggio, anche scanzonato, di chi legge fumetti umoristici. Un modo per far uscire la parola di Dio da un ghetto che non merita, essendo viva e alla base del linguaggio, della cultura e dello stile di vita italiano ed europeo». Occhiali scuri e abito nero, il Re si presenta alla Blues Brothers e intona uno scatenato «I’m a soul man», naturalmente modificato in «I’m a Saul man». Una lampadina accesa che è al contempo il pallone aerostatico della mongolfiera che trasporta Dio alle prese con la creazione in Genesi. Non si tratta di irriverenti trasposizioni del testo biblico. «Resto fedele al testo biblico, affidandomi però a una straordinaria dose d’umorismo. Sono approdato a questo risultato per esigenza. Un orizzonte che cerco di praticare anche con i Salmetti a fumetti, la collana di agili librettini editi da Ave che mettono in pagina alcuni dei Salmi più noti». Una nuova sterzata arriva con Fratelli (Bottero edizioni). Una storia drammatica dove non c’è spazio per le battute fulminanti e la levità che in genere la caratterizzano. È finita un’epoca? «Raccontavo con ritmo spezzato e con la tecnica del flusso di coscienza episodi vecchi e nuovi, mettendo in scena la mia sofferenza, la mia finta indifferenza, lo schiacciante dolore». Una esistenza condizionata dal rapporto col padre e dall’ingombrante presenza di due fratelli più grandi di 14 e 18 anni, fondatori della banda Battestini, che entrano ed escono di galera per poi morire, entrambi a 38 anni, in tragiche circostanze, uno suicida in carcere, l’altro nel corso di una sparatoria con le forze dell’ordine. «All’epoca tutto era condito da una grossa assenza di significato dei fatti narrati. Il ritorno nella Chiesa Cattolica (grazie all’esperienza nel cammino neocatecumenale che vivo a Pescara nella parrocchia di Sant’Antonio) ha avuto un peso decisivo. Fratelli diventerà ora A caro sangue perché il primo, pur essendo una storia di fede, aveva ancora il sapore della sconfitta di fronte alla sofferenza. Mancava la consapevolezza che la storia personale, quando è vissuta alla luce della croce di Cristo, è la via per la salvezza propria e delle persone con cui vieni a contatto. Il libro uscirà nel 2016 per la 001 Edizioni in Italia, Spagna e Francia. E sarà il primo di una trilogia di 'cromanzi', fumetti a colori con stile pittorico: tratteranno il tema della morte e della paternità. Il conflitto e la riconciliazione con la famiglia d’origine, la paternità vissuta alla luce della fede e 'apparecchiare alla morte', per dirla con Sant’Alfonso Maria de Liguori, sono i tre temi fondanti della vita di ogni uomo». Anche lo stile è nuovo. Ha sacrificato la linea a china per abbracciare gli acquerelli. «Non mi convinceva l’aspetto ibrido della storia: non si capiva il genere, che tipo di fumetto era? Realistico con stile comico? Comico con temi realistici? Insomma, anche se alla critica è piaciuto Fratelli, con A caro sangue vorrei andare incontro al lettore di fumetti tout court, che non ama troppe sperimentazioni stilistiche e che soprattutto non voglio scoraggiare con una eccessiva difformità di stile. Con l’aiuto dell’amico sceneggiatore Gianni Barbieri, ho ripreso in mano con coraggio Fratelli, senza lamenti, ma con la consapevolezza che a mia volta io ero vittima e carnefice in una storia in cui l’unico salvatore è Cristo. Il caro sangue è quello dei miei cari fratelli, che versandolo hanno spianato la strada a me, che sono certamente peggiore di loro anche senza pistole in pugno. A caro sangue sono stato redento, e il sangue di Cristo è l’unico che redime».

Una striscia dal volume A caro sangue

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