venerdì 5 aprile 2013
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Le colonne d’Ercole della Valtellina dividono la bassa dalla media valle. Si chiamano "stretta di San Gregorio" e rappresentano il punto più angusto del solco vallivo, là dove il Culmine di Dazio e il Crap del Mezzodì costringono l’Adda in una strozzatura ad "S". La cima del Crap è da sempre considerata un covo di basalèsk (basilischi), piccoli quanto temibili draghi volanti, che uccidono con lo sguardo: da Talamona più d’uno - ma dobbiamo risalire indietro nel tempo - vide i basalèsk traversare a volo la stretta, dall’una all’altra delle colonne d’Ercole valtellinesi!A voler prestar fede all’antica suddivisione in terzieri della Valtellina, i primi due paesi a est della stretta di San Gregorio - Sirta, ai piedi del versante orobico, e Ardenno, ai piedi di quello retico - fanno ancora parte della bassa valle. La riforma territoriale della prima metà del Trecento introdusse, infatti, i tre grandi distretti dell’alta, della media e della bassa valle, denominati Terziere Superiore, corrispondente alle pievi di Mazzo, Villa e Poschiavo, Terziere di Mezzo, con le pievi Tresivio, Sondrio e Berbenno, e Terziere Inferiore, con le pievi di Ardenno e Olonio. La giurisdizione della pieve di Ardenno si estendeva su entrambi i versanti della valle dell’Adda, da Buglio e Alfaedo fino alla Valle del Bitto di Albaredo, comprendendo Dazio, Talamona, la Val Tàrtano, Morbegno. Il borgo è situato allo sbocco della Val Masino, una tra le più suggestive vallate del versante retico, costellata com’è di luoghi ameni, dalla Preda Rossa alla Val di Mello, e illuminata dai severi e spettacolari paesaggi delle sue superbe vette di granito, su cui si è scritta la storia dell’alpinismo.L’altra pieve medievale della bassa Valtellina, quella di Olonio, si estendeva fino all’alto Lario, ma col sopravvenire del Terziere inferiore i confini delle due pievi scomparvero a favore di una unità territoriale, che si articolò piuttosto nelle due "squadre" di Traona, sulla sponda settentrionale dell’Adda, e di Morbegno, su quella meridionale. Alle spalle dell’elegante arco della sua antica porta d’accesso, dove si riscuotevano i dazi sulle merci in transito, Traona dipana un labirinto di vicoli acciottolati e gradinati, di eleganti portali, androni e cortili, che salgono fino alla chiesa di Sant’Alessandro. A monte della chiesa, svettano i ruderi del castello di Domofole, che la leggenda vorrebbe far risalire all’epoca della regina Teodolinda, come suggerisce il suo secondo nome: Torre della Regina. La fortezza è situata nel cuore della Costiera dei Cèch, nome con cui si designa il versante retico della bassa Valtellina. I Cèch altri non sono che gli abitanti di questo assolato pendio, forse perché "ciechi" di fronte alla luce della verità, in quanto inizialmente restii all’annuncio della fede cristiana. Il nome vien fatto risalire alla dominazione dei Franchi e all’epoca dell’evangelizzazione della Valtellina. Morbegno, grazie alla sua posizione e all’impulso dato in età comunale alle attività commerciali divenne il principale centro della bassa valle, ruolo consolidatosi con l’apertura nel 1592 della Strada Priula, che attraverso il Passo San Marco la collegava alla Bergamasca e alle terre della Serenissima. La ricchezza della cittadina è testimoniata dai suoi preziosi monumenti: la parrocchiale di San Giovanni Battista, con la maestosa facciata barocca in granito ghiandone; il palazzo della famiglia Malacrida; la quattrocentesca chiesa di Sant’Antonio, da tempo chiusa al culto e trasformata  in auditorium e spazio per attività culturali (splendidi gli affreschi che ne decorano l’interno e l’esterno, tra cui una Natività di Gaudenzio Ferrari); il santuario dell’Assunta, gioiello di architettura rinascimentale che richiama nella disposizione dei volumi le esperienze milanesi di Bramante e Leonardo.A sud di Morbegno confluiscono nella Valtellina le Valli del Bitto, che si biforcano a monte di un breve tratto inferiore comune, distinguendosi in Valle del Bitto di Albaredo e Valle del Bitto di Gerola. Il nome viene dal torrente Bitto, ma rimanda soprattutto al celebre formaggio d’alpeggio, una delle perle gastronomiche della Valtellina, di cui queste valli orobiche sono la culla. Splendidi paesaggi caratterizzano le due vallate e gli scorci montani delle convalli superiori, come la Val Fenile o la Val di Pietra con i profili dolomitici delle cime che le circondano. Albaredo e Gerola Alta sono i principali centri abitati. Del primo ricordiamo la festa di colorati murales, che si affacciano sugli stretti vicoli dalle pareti della case. Traggono ispirazione dalle leggende e dalle tradizioni locali, come l’affresco dell’homo selvadego, celeberrimo ritratto all’interno di un’antica dimora in contrada Sacco, che raffigura uno dei simboli della cultura alpina. Si tratta di un essere dalla fisionomia umana, ma coperto d’ispido pelo come uno yeti, che vive solitario tra i boschi. Ai suoi tratti negativi, simboleggiati dalla bestialità, dalla forza e dal bastone che brandisce, si associa, tuttavia, anche l’immagine di bontà, di giustizia e di sapienza dell’uomo conciliato con la natura. Non a caso fu proprio il primitivo homo selvadego a insegnare ai valligiani l’agricoltura, l’allevamento, l’apicoltura, l’arte casearia. E non a caso dalla sua bocca esce una sorta di fumetto col motto: «e sonto un homo selvadego per natura - che me offende ge fo pagura». Come a dire, attenzione a mancare di rispetto alla natura.L’ultima immagine della bassa Valtellina la cogliamo a Piagno, frazione di Cosio Valtellino, sul primo contrafforte del versante orobico, proprio a ridosso del fondovalle. Una larga strada selciata, presto trasformata in mulattiera, sale fino alle rovine dell’abbazia di San Pietro in Vallate: un campanile possente con quattro ampie bifore, un’abside semicircolare, in cui l’uso della pietra locale raggiunge la massima eleganza decorativa, tra semicolonne, finestrelle e archetti pensili, e un presbiterio voltato a botte, com’era tipico del romanico lombardo. Persa nella quiete di una radura tra gli alberi di castagno, l’abbazia è uno degli angoli più pittoreschi della bassa Valtellina, la cui poesia continua ad incantarci al di là dello scorrere del tempo.
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