martedì 24 gennaio 2012
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​Iniziano stasera, con un live radiofonico a Radio 1 Rai, i festeggiamenti del quarantennale del Banco del Mutuo Soccorso. La storica band che esordì nel ’72 è però ferma da un lustro, e l’ultimo suo inedito è del ’97. Ma per l’importante traguardo, Vittorio Nocenzi (pianista e compositore), Francesco Di Giacomo (voce storica ed autore) e Rodolfo Maltese (chitarra) non si risparmieranno: cd inedito, lungo tour (che parte il 23 Febbraio da Eboli), due libri (Sguardi dall’Estremo Occidente è già nelle librerie) e un inusuale, coraggioso progetto per i giovani.Vittorio Nocenzi, guardando la discografia, sembrate fermi da 15 anni…Invece siamo sempre in tour! La musica è esigenza interiore: siamo a disagio nei tempi dell’industria e nei concerti troviamo invece la verità del nostro lavoro, col pubblico. Però ora stiamo lavorando a brani inediti, innovativi per noi. Per un cd che uscirà insieme al dvd del tour in partenza.Per lei qual è il segno del Banco in 40 anni?Siamo stati protagonisti di una delle poche stagioni in cui l’Italia si misurava col mondo. Negli Usa ci mettono davanti a Genesis, Jethro Tull… E cercare un approccio oltre il pop e dare peso alle parole dà ancora frutti: vediamo tanti giovani, sotto palco.Però è un fatto che in Italia abbiate meno popolarità che, per esempio, in Giappone. Che errori avete fatto?Tanti! Ma rivendico la nostra scelta di andare a Sanremo. Negli anni ’80 la musica aveva bisogno di semplicità. E siccome noi non abbiamo mai voluto scrivere per noi stessi, nemmeno quando abbiamo composto album di concetto, ci siamo cimentati anche nel pop. Fu grave semmai dir no per mero massimalismo al primo sceneggiato Rai a colori. Usarono i Pink Floyd…Che cosa c’è alla base del vostro essere ancora insieme?Dare peso a parole come impegno, autenticità. Ai ragazzi di oggi dico: alla larga dai talent in cui cercano l’esteriorità. Avere una propria identità artistica forte e rispettarla non è solo un fatto etico, dà anche all’arte profondità e vita maggiori.Lei fa molto per i giovani… Con quale scopo?Dar loro opportunità concrete. Ora sto dirigendo un progetto fra Bologna e Perugia, ostelli divenute sale d’incisione con clinic gratuite. E col Banco vogliamo creare una compagnia di giovani autori, cantanti, coreografi, ballerini, che faccia di Darwin un’opera rock: in tour per l’Italia e l’Europa.Certo che ascoltando «Come in un’ultima cena» o «Canto di primavera», si coglie una tensione spirituale che va oltre la stessa qualità del rock. Quanto ha inciso nel vostro essere ancora qui?È decisiva. E certo noi siamo laici, però ricordo quando ci chiesero Darwin per la Sagra Musicale Umbra, grande festival sacro. Io ero imbarazzato, ma il direttore mi disse che c’era più spiritualità in quel disco che in tante canzoni di fede gridata. Insomma, proprio l’aver dato peso ai valori con coerenza, è questo che ci ha portato al 2012.
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