Sebbene nelle grandi indagini statistiche resti ancora in ombra, la fascia da 0 a 6 anni rappresenta un target più che emergente nella generale depressione del mondo editoriale. Un piccolo pubblico ma di valore (3,8 milioni di bambini) che ha fatto la fortuna di best seller come Peppa Pig, la Pimpa o Giulio Coniglio e che per gli editori vale un fatturato di 64 milioni di euro (dati Nielsen per Aie). LiBeR Database, che dal 1987 documenta tutte le novità per bambini e ragazzi pubblicate in Italia, segnala la vivacità del comparto. Sebbene i dati più recenti rivelino una lieve flessione della produzione annuale di novità editoriali anche nel settore bambini e ragazzi - dalle 2.373 del 2011 alle 2.045 (dati ancora parziali) del 2014 - l’interesse cresciuto attorno ai libri per la primissima infanzia mostra al contrario un trend in salita dei titoli novità sfornati per la fascia 0 a 6 anni, che del comparto junior costituisce un abbondante 39%. Libri per oltre la metà (50,44%) tradotti, in arrivo dai Paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Paesi Bassi in testa) e per oltre il 90% albi e racconti illustrati, silent book o con testi brevi dalle pagine spesso cartonate, libri gioco, di diversi materiali o pop-up. I libri e la lettura nella fascia prescolare, in particolare nei primi tre anni di vita, saranno al centro di un seminario promosso da LiBeR, il 5 ottobre prossimi alla biblioteca di Campi Bisenzio, Firenze.Succede in genere tra i nove e i dodici mesi. È a questa età che il bambino scopre la particolarità del libro. «Se ha la possibilità di maneggiarlo si accorge a un certo punto della stranezza di quella cosa colorata che non è un giocattolo né roba da mangiare. Sfogliandolo cerca di afferrare con la mano l’oggetto che sta sulla carta, scambiato per una cosa reale. Niente da fare. Ma è proprio quando i suoi tentativi falliscono che il piccolo inizia a rendersi conto di come funziona il libro. Sulle pagine non c’è il mondo reale, ma la sua rappresentazione, una serie di oggetti somiglianti alle cose che vede tutti i giorni, che sembrano veri, ma non lo sono. I disegni staranno per sempre lì e lui potrà ritrovarli ogni volta che vuole. Prima dei nove mesi al bambino non interessano i libri. Eppure è già un lettore dal giorno in cui è venuto al mondo».
Dei bimbi lettori
Luigi Paladin (
nella foto a sinistra), psicologo, bibliotecario ed esperto di letteratura per l’infanzia è un appassionato osservatore e studioso. Da anni se ne occupa, mettendo insieme esperienze e saperi, cercando di tradurre la teoria in pratica per accompagnare gli adulti che hanno a che fare con i bambini su un terreno, quello della lettura, che va preparato per tempo, con la stessa accuratezza e la stessa disponibilità che porta a offrire ai più piccoli le cose più buone. Da anni Luigi Paladin collabora con Rita Valentino Merletti, altra studiosa di letteratura e lettura ad alta voce per l’infanzia: dal loro sodalizio sono nati numerosi saggi sull’importanza dei libri per il benessere dei bambini. Ultimo in ordine di tempo
Nati sotto il segno dei libri. Il bambino lettore nei primi mille giorni di vita (edizioni Idest; pagine 128; 15 euro), dove mille sta per i primi tre anni, un confine poco matematico che allude piuttosto a quel tempo sfumato e flessibile entro il quale bambino e libri dovrebbero incontrarsi. Anche se il lettore non sa ancora parlare e tantomeno leggere. «Tutti – spiega Luigi Paladin – nasciamo naturalmente lettori anche se la prima lettura non avviene di sicuro sui libri. All’inizio c’è la voce dolce della mamma che parla, racconta, canta le ninnenanne e che fa tutt’uno col suo abbraccio tenero e profumato. Tuttavia il primo vero libro illustrato è il suo viso. Dal suo sguardo il bambino trae un repertorio di espressioni che gli parlano di emozioni». Il faccia a faccia con la mamma è per il bambino un apprendistato prezioso, un allenamento alla comunicazione e alle relazioni, che gli consente di affacciarsi con un certa competenza al mondo reale dove incontrerà altri volti, allegri, accigliati, imbronciati o sorridenti, di cui dovrà cogliere informazioni di affidabilità o di estraneità. Non solo. Questa pratica di lettura della mimica facciale che esprime diverse emozioni permetterà al bambino di maturare altre abilità utili per entrare nel mondo delle cose rappresentate, quello dei libri, delle illustrazioni e più tardi delle parole scritte. Ecco perché i libri delle facce non dovrebbero mai mancare tra le prime letture. Facce non solo felici, ma anche capaci di comunicare noia, disgusto, rabbia, sorpresa, meraviglia… meglio se collegate a un contesto entro cui le diverse espressioni dei protagonisti sono maturate. La faccia sorpresa di un bambino che incontra un grande orso, per esempio, o il musetto triste e lacrimoso di un orsetto che deve separarsi dal suo peluche. Per Luigi Paladin sono libri di collegamento che «permettono al bambino di rivedere e consolidarle diverse espressioni emotive apprese nel rapporto con la madre e al contempo si pongono come primi libri con cui familiarizzare e incominciare il percorso di lettore». Del resto sono le neuroscienze e gli studi sui neuroni specchio a rivelarlo: i bambini amano vedere le facce di fronte piuttosto dei profili sfuggenti, perché così possono captare le sfumature delle espressioni. Non è un caso che alcuni personaggi di successo come la Pina o Peppa Pig, siano stati raffigurati 'alla Picasso', di profilo e al tempo stesso con la visione frontale di entrambi gli occhi, un modo utile a coniugare così movimento ed espressività». Non sono necessariamente colorati a tinte sgargianti quelli che Paladin chiama «i libri che sanno di buono». «Sfatiamo questa idea: nei primi tre anni il bambino riconosce le cose più dalle forme che dai colori. È attratto dalle sagome di oggetti familiari di cui fa esperienza e dalle immagini realistiche, fotografiche. Le illustrazioni per lui riconoscibili con più facilità sono quelle in primo piano, dai contorni definiti che ben separano le figure dagli sfondi. Non servono tante parole e quelle poche che siano sonore». È così che il disegno diventa schema, modello cognitivo che una volta acquisito e immagazzinato renderà possibile il riconoscimento di altri oggetti simili e non, andando ad arricchire quel vocabolario delle immagini fondamentale per ogni apprendimento. I libri, come sosteneva Jella Lepman, sono educatori silenziosi, arricchiscono la vita e il mondo magico dei bambini. Ma da soli non fanno miracoli. Paladin insiste sul ruolo di mediazione e condivisione dei genitori, sulla loro disponibilità a perdersi con le storie in un gioco di complicità: «I libro va letto insieme, non solo con la voce, gli occhi e le orecchie, ma con tutto il corpo. Toccato, cantato e danzato insieme in un abbraccio simbiotico, nel quale però il bambino è sovrano. L’adulto deve saper rispettare i suoi tempi, le osservazioni, le pause e il suo diritto di decidere come leggere. Anche in modo disordinato e senza logica, mentre la mano e le piccole dita segnano il ritmo della lettura. Rapidamente girando le pagine, saltando quelle che annoiano o soffermandosi a lungo su quelle più allettanti». A nessuno sono richieste le competenza di un esperto o la stoffa di un attore, ma i genitori devono sapere che i propri figli hanno fame oltre che di lettura, di relazioni.