mercoledì 30 settembre 2009
Rubin Kazan 1 -  Inter 1
Pareggio da brividi in Russia: la Champions è già una corsa in salita Stankovic risponde al lampo di Dominguez, espulso SuperMario.
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Premessa: il poco onorevole pareggio con i tartari del Rubin Kazan, esordienti in Champions e primi nel campionato russo, complica ma non compromette il cammino europeo dell’Inter. La certezza è un’altra ed è pregna di preoccupante realismo: la squadra di Mourinho non andrà molto lontano se non modificherà tutto o quasi il proprio (attuale) repertorio.Una somma di difetti già percepiti in campionato e confermati in Europa. La Champions resta palcoscenico-tabù per un gruppo di attori (comparse) che non riesce ad azzeccare una recita che sia una. Senza vittorie da 7 partite, l’armata nerazzurra ha la tremarella alle gambe contro chiunque e su qualsiasi campo. L’indizio è diventato un’inconfutabile prova. L’ora delle giustificazioni è finita: sarà il caso di intervenire e in fretta, o sarà l’ennesima stagione dei rimpianti continentali. Come nella gara di esordio col Barcellona, i nerazzurri hanno impattato contro i russi che non sono l’élite del calcio, offrendo anche stavolta un gioco scontato e sotto costante dominio degli avversari.L’Inter ha ribadito, anzi, rafforzato le pecche manifestate a Genova. Squadra poco volitiva, stanchezza diffusa, attendismo ad oltranza sperando nella giocata del singolo. Il Rubin poteva vincere: ha preso un palo clamoroso con Semak, ha fatto la gara per tutti i 90’. Prima del vantaggio all’11’ (Dominguez salta netto Lucio, evita il rientro di Samuel e batte Julio Cesar) e dopo il pareggio nerazzurro (Stankovic trova il gol di testa su cross di Maicon, lasciato solo dalla difesa russa).Così non si va avanti, né in campionato né in Champions. Al posto della ripetitiva autocelebrazione, José Mourinho dovrebbe chiedersi perché rimane inascoltato dai suoi prodi. E come mai Mario Balotelli, espulso dopo 60 minuti di calcioni agli avversari e noiosi individualismi (nonostante la traversa alla mezz’ora), non abbia ancora imparato a giocare per la squadra. Un maestro poco efficace, lo Special One: nessuno degli alunni merita la sufficienza in terra russa. I nerazzurri non aggrediscono l’avversario, aspettano gli eventi prima di determinarli.Non si comprende se le cause siano da ricercare nella cattiva condizione fisica, nella personalità altalenante degli interpreti, nel logorio di un gruppo che specie in mezzo al campo (asse Zanetti-Cambiasso) brancola nelle soluzioni scontate. L’Inter di ieri ha giocato a pallone, prendendo a pallonate la coralità. La sola attenuante è la catena di assenze. Mezzo centrocampo è indisponibile: Sneijder e Motta, gli assenti, dovrebbero infarinare di qualità una torta ancora indigesta.Non si pretendeva chissà quale evoluzione tecnico-tattica, ma nemmeno di assistere alla solita, incomprensibile mollezza europea contro la cenerentola del girone. Nella stagione che non ammette, dopo 44 anni di attesa, passi falsi (e figuracce). I nerazzurri, senza Milito, hanno ancora presentato il tridente. Mancini-Eto’o-Balotelli davanti, nella ripresa il cambio Mancini-Quaresma. Ma il Rubin, schierato col 4-4-1-1, si è rilevato molto più rapido: Dominguez e Bukharov hanno messo ansia a tutta la difesa interista. Sembravano Messi e Henry. La cosa non può non preoccupare.
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