sabato 20 gennaio 2024
Il 72enne cantautore romano alla vigilia della prima delle cinque date milanesi al Forum di Assago annuncia il ritiro dalle scene
Claudio Baglioni

Claudio Baglioni - Ansa

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Stavamo meglio quando il Divo Claudio, era anche il “dittatore artistico” del Festival di Sanremo. Tra la sua conduzione brillante, democratica, altro che dittatoriale («sono stato dittatore artistico e poi dirottatore artistico»), ironica, intelligente e soprattutto esclusivamente canora, è passato appena un lustro, poi è cominciata l’era del banale bianco Amadeus. Considerazioni nostalgiche prima dell’incontro di presentazione del suo tour “aTuttocuore” indoor. Dopo il debutto al Vitifrigo Arena di Pesaro, il viaggio nei palazzetti dello sport prosegue nel tempio milanese del Forum di Assago. E in un pomeriggio scalzo d’inverno, l’effetto nostalgia non ci abbandona. È l’affetto e la stima popolare verso un cantautore che sta sul palco dal 1964: «Avevo 13 anni quando al quartiere di Centocelle partecipai al Festival voci nuove Sanfelice da Cantalice, che già dal nome dell’evento era tutto un programma». Sorride Baglioni, ma il volto ben levigato nonostante il tempo che passa inesorabile si fa teso per un istante: c’è una ragione impellente per cui ci ha convocati. Deve sciogliere il nodo in gola e darci una grande notizia, e l’effetto nostalgia muta rapido in commozione. «Questo è il mio ultimo giro d’onore. E come lo chiamano gli anglosassoni, è il “giro della vittoria”. Un giro che si compirà da ora in 1000 giorni». Dopo questo termine non sentiremo più cantare dal vivo Mille giorni di te e di me. Parola di Claudio, siamo entrati nell’era dei “Mille giorni di me e con noi”. Poi calerà il sipario. Il «canto alla rovescia» di Baglioni comincia da Milano e finirà, «lo prometto», sottolinea il cantautore, nel 2026.

«Lascia che sia, tutto così», verrebbe da dire usando una delle sue 350 canzoni scritte «quasi tutte edite». Ha girato e rigirato, sapendo sempre bene dove andare, questo 72enne ancora al centro del villaggio musicale. L’eterno ragazzo di 51 Montesacro, maestro e artigiano del cantar leggero si presenta a questo lungo appuntamento finale portando nella valigia del cantautore 17 album registrati dal vivo, migliaia di concerti «affrontati anche etimologicamente come delle gare». «E competere ed insistere a scommettere. Ripetermi di aver sempre voluto batterti», canta nella ballad romantica a Tuttocuore che sa già di titoli di coda. Ma consoliamoci intanto con queste 25 “gare” da maratoneta dei concerti dal vivo. Conl’ultimo tour Dodici Note Solo Bis Baglioni aveva messo insieme 156 date in 400 giorni. Neppure il ventenne Ultimo è capace di tanto. Il Divo antidivo Claudio, lui può. Ed elegante, come sempre, dentro al suo abito scuro, stile Bernard-Henri Lévy (il look giacca e gilet neri su camicia bianca scollacciata l’ha lanciato molto prima del filosofo francese) ci tiene, «senza più i pudori del passato» a sottolineare i primati ottenuti in 55 anni ufficiali di carriera. «Una volta non l’avrei fatto, ma adesso mi rendo conto che è anche giusto ricordarmi di qualche record. Tipo, l’album più venduto in Italia è ancora (e resterà diciamo noi) Questo piccolo grande amore: 4 milioni e 200mila copie. E anche il record di spettatori a un concerto è il mio live Da me a te all’Olimpico nel 1997: 86.500 paganti. Considerando che a Roma è usanza dare parecchi biglietti omaggio, credo che saremo arrivati a 90mila».

Torna il sorriso sciolto di Baglioni che dice di sentirsi «sollevato» dall’annuncio dell’addio alle scene. Stop ai tour e anche alla «scrittura di canzoni», ma non alla musica. «Fare musica è stato un caso nella mia vita, ma poi è diventata la vita intera. E allora non smetterò di suonare, magari farò qualcosa di diverso...». Forse verrà il tempo di una passione poco praticata, per non sottrarsi all’intronata routine del cantar leggero, ovvero la musica per film. Intanto, prima di entrare in scena e di proseguire il tour ATuttocuore l’uomo si siede e pacatamente riguarda il film della sua vita artistica assieme a noi, con la consapevolezza che «la vita è adesso». Il viaggio continua in mezzo a cento tra orchestrali e danzatori, «perché ora ballo più che cantare – dice ridendo – . Ho scoperto di avere un piede più incavato di quello di Roberto Bolle. Peccato, non averlo scoperto prima, avrei avuto una carriera nella danza». Ironia del mattatore che non ha mai smesso un giorno di «migliorarsi». «Ho sempre studiato. Anche le canzoni che canto in questo spettacolo che è il più completo che abbia mai realizzato, sono il frutto di 20-25 anni di aggiustamenti e correzioni. Perché siamo artigiani che fanno arte tascabile e dopo tante prove qualche errore, ma anche continue conferme, uno avverte il desiderio di mettere tutto quanto dentro a una cornice e fissare quanto di bello e di buono c’è dentro». Da architetto laureato Baglioni ha costruito la sua carriera con lo stesso gusto estetico dell’ultimo spettacolo in cui si è ispirato a «Wagner, che era convinto che la musica sinfonica potesse contaminarsi perfino con lo spettacolo circense e poi con i disegni di Gropius che aveva concepito il “Teatro Totale”». Sono tanti i suoi piccoli grandi amori che hanno preso lo spazio dei 4 minuti in cui «anche i più grandi poeti spesso non sono riusciti a misurarsi». Il mestiere del cantautore, così come lo ha interpretato in tutto questo tempo, presenta scampoli di poesia che gli hanno regalato momenti di gloria, grazie a un rapporto speciale con il suo pubblico che ormai, come per i più grandi della storia della musica abbraccia quattro generazioni. «Ognuno ha il pubblico che si merita – dice sornione Baglioni – e il mio pubblico è di buon gusto . Ho coltivato un rapporto intenso, a volte protettivo, paternale, come quando dal palco attacco il pistolotto: va bene, fate anche le foto, ma ricordatevi che le emozioni che vi portate dentro sono molto più durature e importanti di uno scatto o di un selfie».

La fotografia più bella è quest’«Opera Show», con 38 canzoni, per tre ore di spettacolo puro. Un gioco di colori e luminotecnica a illuminare i 550 costumi originali (450 corpi illuminanti programmati dal light designer Ivan Pierri) disegnati e realizzati appositamente per questi live «visionari e vitali» pensati assieme al coreografo e regista Giuliano Peparini. Al centro della scena sempre lui: l’ugola d’oro Claudio, con la sua voce calda e rassicurante, specie in questo tempo folle. Saranno 25 notti di note da qui al 26 febbraio (ultima data romana), con in mezzo una serata speciale su Rai1: il 14 ottobre, giorno di San Valentino, andrà in onda il concerto integrale di aTuttocuore. «L’ultima volta, il live dall’Olimpico trasmesso da Rai1 fece 10 milioni di telespettatori, e credo che anche questo sia ancora un primato assoluto per un concerto in tv». È un Divo Claudio imperioso che non ha più freni. «Ho capito che non c’è limite alla provvidenza, anche perché questa volta il limite lo metto io, e non finirò da macchietta... Questa decisione l’ho maturata pensando a mio padre che era un grande appassionato di boxe ed era solito dire: “Meglio abbandonare il ring da vincenti e non da pugili suonati... Io vorrei lasciarlo da suonatore». Suona anche stasera a Milano e suonerà ancora a lungo Baglioni in questa cronaca di un finale annunciato. Venticinque prove uniche per ora, e poi? «Poi mi auguro che il giorno che finirà… non finirà».

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