giovedì 20 ottobre 2016
​Biglietti introvabili e prezzi gonfiati. Scendono in campo Antitrust, Siae, consumatori, promoter e artisti.
 Bagarini, guerra digitale
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Prima le associazioni consumatori, poi la Siae insieme gli stessi organizzatori ed artisti, ed infine l’altro giorno l’Antitrust: adesso in Italia con denunce, esposti, petizioni e pure una interrogazione parlamentare, tutti vogliono vederci chiaro sul cosiddetto “secondary ticketing”, ovvero sulla rivendita non ufficiale online dei biglietti dei concerti (ma anche degli eventi sportivi) che negli ultimi anni si è trasformato in un enorme business su cui pesa l’ombra del bagarinaggio 2.0. A fare scoppiare il bubbone che covava da tempo il caso Coldplay: il 7 ottobre all’apertura della prevendita online per i concerti di San Siro del 3 e 4 luglio prossimi, sui siti di Ticketone, che cura la vendita in esclusiva in Italia per l’organizzatrice Live Nation, i fan tentavano di acquistare inutilmente i biglietti, mentre in contemporanea questi si potevano trovare a prezzi anche decuplicati sui siti non ufficiali di rivendita di biglietti. Cifre folli: partendo dai prezzi originali che andavano da 46 euro a 109 euro, il circuito secondario li proponeva da 209 ben a 5.000 euro. Un paradosso, se si pensa che proprio i Coldplay un anno fa capeggiarono una petizione indirizzata dalle maggiori star e manager anglosassoni al Governo inglese affinché intervenisse ad arginare e normare (come avviene in Germania) la rivendita secondaria. Un giro d’affari sommerso calcolato in un miliardo di sterline l’anno solo in Gran Bretagna, dove, secondo la Bbc, questo sottobosco gestisce il 30% dei biglietti dei grandi eventi. Anche se la multinazionale Live Nation e il circuito ufficiale Ticketone parlano di procedure assolutamente regolari e di un semplice boom di richieste da parte dei fan, declinando ogni responsabilità sull’eventuale bagarinaggio online da parte di privati, resta invece da appurare se alle spalle del fenomeno non ci siano società ben consolidate. Rende ancora più intricata la matassa il fatto che alcuni grandi organizzatori di eventi abbiano partecipazioni nei canali di rivendita secondari, come Live Nation (tra gli artisti gestiti Madonna e gli U2) che è proprietaria del canale Seatwave e che ha accordi con il colosso Viagogo.  Società inglese, quest’ultima, che serve 50 Paesi e che quattro anni fa ha spostato la sua sede in Svizzera, cosa che rende più complessi gli accertamenti, soprattutto fiscali. In questo contesto l’altro giorno l’Antitrust, accogliendo le proteste di molti consumatori e le segnalazioni di Altroconsumo e Unione nazionali dei consumatori (in linea con l’esposto del Codacons alla procura di Milano) ha aperto un’istruttoria, con la collaborazione della Guardia di Finanza, «nei confronti di Ticketone Spa e dei quattro principali operatori del mercato secondario in Italia al fine di verificare eventuali violazioni dl codice del consumo». In particolare per quanto riguarda Ticketone per accertare se abbia esercitato «adeguato controllo per evitare la possibilità che alcuni soggetti, attraverso l’utilizzo di specifici software, procedano all’acquisto massivo e quasi istantaneo di tutti i biglietti». Il problema sono i cosiddetti ticketbot, programmi informatici acquistabili per meno di mille euro e in grado di aggirare ogni barriera informatica. Nel 2013 il canale ufficiale Ticketmaster ebbe problemi in questo senso: una stima rilevò che questi programmi erano stati usati per comprare il 60% dei posti di alcuni grandi eventi americani. L’onda lunga di un fenomeno iniziato cinque o sei anni fa negli States arriva ora in Italia. Già una decina di giorni fa il deputato Pd Massimo Fiorio aveva depositato una interrogazione parlamentare sul fenomeno. Oltre alla tutela dei consumatori, si chiede di indagare su eventuali guadagni in nero da parte dei promoter. Per questo il 13 ottobre la Siae ha presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale Civile, nei confronti di Live Natio e dei siti Viagogo, Seatwave e Ticketbis, per tutelare sia i diritti dei propri associati che i consumatori chiedendo al giudice il sequestro dei siti e dei biglietti. «Lo chiamano “secondary ticketing” ma in realtà si tratta di bagarinaggio. È una vergogna che danneggia gravemente i consumatori, ma anche gli autori e tutti i titolari del diritto d’autore, oltre naturalmente, allo Stato italiano» spiega ad Avvenire, Gaetano Blandini, direttore generale di Siae che ha interessato della questione anche l’Agenzia delle entrate per eventuali attività mirate. «il fatto che alcuni grandi organizzatori di concerti abbiano acquisito la proprietà di siti web di secondary ticketing suscita un forte imbarazzo per una innaturale commistione di interessi che è nostro dovere segnalare alla magistratura » aggiunge il dg di Siae, spiegando che, nell’ipotesi fosse lo stesso organizzatore del concerto a piazzare i biglietti sul mercato secondario, questi avrebbe ampi vantaggi dato che l’esazione si limita al valore nominale del tagliando e non al sovrapprezzo indicato dal venditore. Sull’esempio anglosassone, scendono in campo anche gli organizzatori di concerti e i manager italiani, che coinvolgeranno i loro artisti, supportati dalla Siae e Federconsumatori. Fernando Salzano, ad della F&P, Friends and Partners Group, e Claudio Moioli, storico manager di Ligabue (ance lui aderirà all’iniziativa) sono i capofila dell’iniziativa, che spiegano al nostro giornale. «Sarà un protocollo- appello rivolto a colleghi e artisti: chi firmerà, aderirà all’impegno a mettere fine alle connivenze e alle truffe – spiega Salzano –. Si tratta di sciacallaggio. Abbiamo ormai una blacklist di questi siti non autorizzati che aumentano i prezzi di ingressi ai concerti: è ora di oscurarli. E purtroppo sospettiamo che ci siano connivenze dirette tra alcuni produttori di live e questi siti di “secondary ticketing”». «Dal 2010 avvertiamo il pubblico sui nostri siti di non acquistare biglietti dai rivenditori non autorizzati – aggiunge il manager Moioli –. Quando con un artista come Ligabue manteniamo i prezzi intorno ai 50 euro, ritrovarmeli a 300 euro altrove a me genera fastidio perché noi abbiamo spese di produzione, questi invece speculano sulla plusvalenza. E gli artisti mettono in gioco la loro credibilità con i fan». Da produttore indipendente, che «da almeno dieci anni denuncia questa situazione», Claudio Trotta, fondatore della Barley Arts invita a «non banalizzare una questione di portata globale. C’è una multinazionale come Live Nation che organizza eventi, gestisce artisti e promoter, è proprietaria di strutture e di cinque siti di “secondary ticketing”. Serve un intervento legislativo per chiudere questi siti che non sono vietati da alcuna norma internazionale». Netta la spiegazione dello storico impresario David Zard. «È inutile raccontare storie: quando garantisci all’artista una cifra iperbolica per il tour, che è pari al 90% o addirittura al 100% del previsto introito dei biglietti del mercato “primario” è chiaro che i conti non tornano. O meglio tornano solo con i grandi incassi del mercato secondario». «Il cosiddetto “secondary ticketing” è organizzato al livello internazionale dai più grandi promoter musicali, che in questo modo sono riusciti quasi a monopolizzare il mercato perché garantiscono introiti enormi agli artisti che nessun altro riesce a garantire – aggiunge Zard –. Sono grandi multinazionali, con sedi fiscali non in Italia, che apparentemente non violano alcuna legge. Ma che di fatto organizzano una truffa legalizzata ai danni del pubblico. Eppure basterebbe un regolamento ben fatto e con le moderne tecnologie sarebbe facile da stroncare», conclude Zard.
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