mercoledì 6 giugno 2012
​«Siamo tutti obbligati ad andare, a vedere - ha spiegato Prandelli - per tanti motivi: il primo è per non dimenticare. Per dare una testimonianza. E per far capire alle nuove generazioni che a volte basta veramente poco per creare il disastro umano».
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​Nel campo dell'orrore, oggi la nazionale di calcio è rimasta in silenzio per ricordare anche lei, a tutto il mondo, che non si deve dimenticare. "Dovremmo sentirci tutti obbligati ad andare ad Auschwitz. Perché i giovani capiscano che basta poco per un altro disastro umano". Cesare Prandelli guida i suoi 23 giocatori, venuti fin qui in Polonia a giocarsi solo un Europeo, ai luoghi dell'Olocausto. Non solo Auschwitz e il suo cartello 'Arbeit macht frei'. Anche Birchenau, a tre chilometri dal campo principale, dove il binario terminava davanti alle camere a gas. Una visita sentita, certo non così approfondita come un luogo così complesso meriterebbe. Due ore in tutto, prima che a seguire arrivi anche l'Olanda. Ma certo non solamente un passaggio simbolico. La nazionale italiana, infatti, a differenza di quella tedesca, è andata in gruppo. E si è soffermata anche nel vicino campo di sterminio di Birkenau, dove furono uccise oltre un milione di persone, "Siamo tutti obbligati ad andare, a vedere - ha spiegato Prandelli - per tanti motivi: il primo è per non dimenticare. Per dare una testimonianza. E per far capire alle nuove generazioni che a volte basta veramente poco per creare il disastro umano". Nessuna sciarpa, nessun simbolo calcistico, ha chiesto la direzione del campo agli azzurri che hanno fatto visita al museo, depositato una corona, poi si sono spostati nella zona delle camere a gas. Rispetto e silenzio, anche per mettersi al riparo dalle polemiche che hanno investito altre squadre. La Germania su tutte. "Il vostro viaggio - li ha introdotti, con un messaggio alla Figc, il presidente delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna - sfida gli orrori del passato per indicarci, attraverso nuove e forti forme comunicative, la strada da percorrere nel realizzare un futuro di fratellanza in cui l'odio non possa essere più immaginabile". "Come ebrei italiani - ha aggiunto Gattegna -, come identità che ha nella lotta a ogni forma di razzismo, di violenza e di xenofobia un punto inalienabile, sarà un onore essere al vostro fianco". L'unica rischio, dal quale ha messo in guardia il direttore del museo Piotr Cywinski e che la visita diventi un evento che poco ha che fare con il luogo. Dall'1 giugno e per la durata degli Europei tutti i visitatori del museo - non solo i giocatori - non possono portare bandiere nazionali, o sciarpe. "Si tratta di un luogo del martirio di oltre un milione di persone" ha ricordato il direttore. Ed ha invitato a non dimenticare che il Museo di Auschwitz che simboleggia l'intera Shoah è anche un grande cimitero. Dove a vivere è soprattutto la memoria.
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