sabato 25 agosto 2012
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Da ricco e celebrato avvocato a Wall Street a cappellano laico nel braccio della morte in Florida: la parabola esistenziale di Dale Recinella può essere sintetizzata in una sola riga. Ma quella di Recinella, oggi sessantenne padre di cinque figli, non è la storia di una folgorazione improvvisa. Si tratta invece di un lungo e tormentato cammino umano, che parte dall’infanzia, in una famiglia dai saldi principi cattolici ma segnata dalla tragedia della malattia incurabile della sorellina, passa attraverso l’esperienza adolescenziale – fallimentare – in seminario per una sorta di malinteso «patto con Dio» e arriva fino agli anni d’oro da brillante avvocato finanziario responsabile di trattative miliardarie alla Borsa di New York. All’inizio degli anni Ottanta, la vita professionale dei giovane Dale va a mille. Quella privata, tuttavia, è un fallimento dopo l’altro. La corsa frenetica per raggiungere successi esteriori, che puntualmente non riescono a riempire un persistente vuoto interiore, porta Recinella pericolosamente vicino all’autodistruzione. È per questo che quando suo fratello Gary, preoccupato, lo scuote e lo invita a «offrire la sua vita a Gesù», il brillante avvocato, in realtà vicinissimo a toccare il fondo, risponde a sé stesso: «Che cosa ho da perdere?». È un nuovo inizio, come lo stesso Dale racconta nel suo libro autobiografico "Nel braccio della morte" (San Paolo, pp. 360, euro 22). «Solo dopo molti anni mi renderò conto dell’importanza di questo momento» che significò «la perdita di tutte le cose illusorie, che ritenevo importanti, e il dono, in cambio, di tutto ciò che davvero conta». Gary invita Dale, all’inizio decisamente scettico, a frequentare un corso di studio della Bibbia. Lì incontrerà Susan, che poi diventerà sua moglie, e con cui inizierà un lungo percorso di discernimento sul doppio binario della spiritualità e dell’impegno concreto: il volontariato con i senzatetto e i malati di Aids, l’assistenza a persone con disturbi mentali, la scelta di una radicalità sempre maggiore nello stile di vita e nel servizio agli altri. Radicalità che suscita i dubbi di amici, colleghi, ma anche di alcuni sacerdoti, che mettono in guardia la coppia da quello che definiscono «un eccesso di zelo».
All’inizio degli anni Novanta, tuttavia, Recinella viene contattato dal cappellano di un carcere locale, che ospita duemila detenuti: «Non riesco a trovare nessun cristiano che venga in prigione ad assisterli spiritualmente. Hanno tutti paura», chiarisce il sacerdote senza mezzi termini. Dopo una riunione di famiglia con Susan e i figli, Dale, sebbene perplesso, accetta di mettersi in gioco: «Papà andrà in prigione». L’impatto con il mondo dietro le sbarre è sconvolgente: «Qui c’è una profondità di dolore e sofferenza da cui non voglio farmi coinvolgere», riflette l’autore. Le cui certezze vacillano non tanto per l’incontro con alcuni reclusi innocenti: «Non mi sarei aspettato – nota soprattutto – di trovare tanta fede all’interno del carcere». La lenta rivoluzione nella vita di Recinella non si ferma. Il tempo dedicato al lavoro da avvocato si riduce, «dalle ottanta-cento ore settimanali alle normali 60», fino alla scelta del part time, per dedicare più tempo all’assistenza ai carcerati. Ma la contraddizione tra l’impegno a Wall Street e l’universo della prigione diventa insostenibile. Dale riflette sul monito degli amici: «A che giova sprecare il tuo tempo con qualche assassino che non uscirà mai più di prigione?». Ma quando arriva in ritardo all’appuntamento con un detenuto – un assassino, appunto – e lo trova in lacrime per il terrore di una sua dimenticanza, comprende: «Quante trattative importanti non potranno concludersi a Wall Street senza il tuo aiuto, Dale? Conosco la risposta. Tutte si concluderanno». Ma «chi ci sarebbe qui ad abbracciare quest’uomo proprio adesso, se non ci fossi tu?». Nel 1992 l’avvocato dà l’addio a Wall Street, impara ad occuparsi della casa e dei figli, prende in considerazione con la famiglia una vita di comunità, che nel ’96 porta i Recinella anche un anno in Italia, finché Dio li riporta negli Stati Uniti, di nuovo in Florida, a Macclenny, dove Susan trova lavoro come psicologa. Ma Dale é smarrito. Finché il parroco, padre Joe, gli rivela di essere cappellano nel braccio della morte e nel carcere di isolamento a pochi chilometri dalla cittadina. Il disegno è ora chiaro: «Ho pregato per quindici anni che tu arrivassi qui! Perché ci hai messo tanto?».
Inizia così il viaggio «nella valle oscura della morte», nell’inferno della detenzione di massima sicurezza, dove uomini rinchiusi in isolamento per decenni si trasformano in «vegetali». Dove le persone, giovani o vecchi, cercano un senso e un conforto, dove un uomo «con delle oscenità tatuate sulla spalla» chiede la comunione. Dove si vive in logiche di orrore e violenza, che imprigionano anche i secondini. «La mia confortevole visione della realtà è stata sconvolta dall’udire suppliche di uomini, solitamente duri, chiusi e coriacei, che piangono inginocchiati». Recinella da una parte approfondisce sempre più l’esperienza spirituale dell’assistenza ai detenuti in attesa del boia e durante le esecuzioni (che scopre disumane), dall’altra si scontra in modo duro con le contraddizioni della pena capitale, che gli sono rese ancora più evidenti dalle sue nozioni legali. È così che matura la propria opposizione all’«industria invisibile della morte», che lo porterà a prendere posizione sempre più apertamente, accettandone le conseguenze. Una testimonianza sofferta quanto autentica, che non lascia indifferenti.
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