lunedì 18 dicembre 2023
Una serie di biografie, più o meno romanzesche, si cela il “fantasma” di un autore. Come in alcune opere recenti, da Paul Austera Umberto Eco,e in alcune storie che parlano di Simenon e Melville
Quando gli scrittori inventano vite di altri scrittori

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La realtà spesso supera la fantasia. Un modo di dire che vale trasversalmente per ogni storia, ma la realtà talvolta ha bisogno anche di qualche aggiustamento per arricchirsi, arrotondarsi, assumere forma, e in questo senso il racconto è un mezzo straordinario, capace di insegnare a vivere la vita in modo eccezionale, sopra le righe, magari anche inventando, ma conta davvero? Il confine tra vero e falso, realtà e fantasia, è spesso sottilissimo, e questo capita in modo ancora più evidente quando di mezzo ci sono loro: gli scrittori, i parolieri, gli inventori di mondo, coloro che proprio dalle storie, dalle parole, traggono linfa vitale e ispirazione profonda. Spesso si finisce per chiedere a chi scrive quanto di suo ci sia nei suoi personaggi, ma raramente si chiede invece quanto dei personaggi ci sia negli scrittori e quanto gli stessi scrittori, con le loro vite, la loro scrittura, possano essere fonte di ispirazione. Se si ribalta la prospettiva e gli scrittori diventano essi stessi protagonisti dei libri, allora una vita, una biografia, può essere avventurosa come fu per esempio romanzesca la vita di Ernest Hemingway, oppure rituale come quella di Mark Twain, o ancora metodica, magari cadenzata da un’ora di nuoto o molte ore di corsa per Murakami, o dedicata per un consistente numero di ore al giorno solo ed esclusivamente alla scrittura, sempre nel medesimo orario e sempre per lo stesso numero di ore, e qui gli esempi si sprecano.

Negli ultimi tempi sono usciti una serie di libri che hanno pescato – ciascuno a modo suo – pezzi di tutti questi elementi, in cui scrittori raccontano sé stessi, oppure scrivono di altri scrittori, o ancora si dedicano a tracciarne elementi di vita, in modo letterario e romanzesco. Il risultato che ne viene fuori è quello di una serie di biografie letterarie, più o meno inventate, che creano una mappa in cui per andare da un punto all’altro non è sufficiente tracciare una linea diritta, ma serve un intero gomitolo. Non sono quindi solo una serie di cronologie dei fatti, condite da qualche episodio curioso e corredate da uno scartabellare di date, foto, materiali d’archivio, ma si tratta di uno sguardo più generale e universale sulla letteratura e la sua vocazione, il suo potere.

«Allora lui, inevitabilmente, senza poterlo evitare, nel rispondere a quelle domande farà una faccia da parentesi, si inventerà qualcosa, qualsiasi cosa, per raccontare com’è che inventa la parte inventata. La parte inventata – una nube così fragile, eppure capace di far chiudere la bocca al sole e farlo tacere per un po’ – che non è altro che un’ombra vera che si proietta sulla parte reale». Queste sono parole dello scrittore argentino Rodrigo Fresán, tratte da La parte inventata (LiberAria, 2019), ma se in questo romanzo vertiginoso Fresán ambiva a entrare nella mente di chi scrive, in un mondo (anche editoriale) impazzito, dove gli scrittori paiono non contare più e dove il protagonista, la voce narrante, è uno scrittore anziano, disilluso, che tenta di scomparire nel modo più cosmicamente definitivo, viaggiando verso l’Hadron Collider, per fondersi con la particella di Dio e trasformarsi in una divinità onnipresente – un Meta-Scrittore – capace di riscrivere tutto, la sua vita, i suoi ricordi, mescolando romanzo, meta-romanzo, autofiction e saggio pop, nel suo ultimo libro Melvill(e) (Mondadori), invece, Fresán esplora il mitico autore di Moby Dick in un testo che è insieme una biografia, spesso inventata, un romanzo gotico popolato di fantasmi e un’evocazione dell’amore filiale.

Di scrittori su scrittori c’è poi Paul Auster con Ragazzo in fiamme (Einaudi), vita e opere di Stephen Crane, a sua volta scrittore, giornalista, corrispondente di guerra e uomo tormentato dai debiti. Sono pochissime, anche in questo caso, le differenze con il personaggio di un libro completamente inventato: «Può darsi – scrive Auster – che io esageri un po’. È indubbio che la sua fiamma continua ad ardere, ma resta da vedere se Crane risplenda come gli altri ragazzi che si sono spenti troppo presto». Altra biografia, dichiaratamente immaginaria, è quella di Gianluca Barbera di e su Simenon in Se il diavolo (Polidoro): «Benché ispirata alla vita di una persona realmente esistita – qui viene messo in chiaro fin dal principio – questa è un’opera di pura fantasia». Altro autore italiano che si cimenta in un’operazione interessante è Gennaro Serio con Ludmilla e il corvo (L’Orma), che prende spunto da un episodio reale della vita di Franz Kafka e trasforma quell’episodio in un gioco narrativo che, ancora una volta, celebra la finzione e il potere immaginifico proprio della letteratura, ancora indissolubilmente legato alla vita. Accade qualcosa di simile anche ne La rivoluzione secondo Raymundo Mata di Gina Apostol (Utopia Editore), dove la vita del giovane rivoluzionario filippino del titolo si interseca con quella di José Rizal, scrittore, poeta, linguista, scultore, oculista, che ispirò la rivoluzione filippina.

Biografia di importanza fondamentale intesa invece più in senso tradizionale è quella del saggista e critico letterario Christopher Domínguez Michael: si tratta di Octavio Paz nel suo secolo (Mimesis), testo in cui si può misurare in tutta la sua ampiezza la singolarità della traiettoria esistenziale e intellettuale di uno dei grandi poeti e critici del XX secolo, con una documentazione dell’impegno e della vocazione, ma anche dell’opera ed in particolare della poesia. A completamento e approfondimento del tema, sempre per Mimesis, di Octavio Paz è uscito recentemente anche L’altra voce. Poesia e fine del secolo, sintesi dell’ininterrotta riflessione saggistica sull’arte poetica dell’autore messicano: «Partiamo da qui: – scrive Paz – la poesia, l’arte in genere, non ama ripetersi. Ciò non significa che non possa ripetersi». Lo stesso si può dire, ancora una volta, per la vita, in un intreccio che si rincorre di nuovo con l’arte e la scrittura.

La carrellata si conclude con le Confessioni di un giovane romanziere, di Umberto Eco (La nave di Teseo). Libro uscito da pochissimo in Italia ma nato nel 2008 in occasione di un ciclo di conferenze tenuto da Eco per la Emory University di Atlanta. Qui l’attenzione è portata sul rapporto tra l’autore e la scrittura, dai quaderni di scuola alla costruzione degli universi narrativi, dalle ossessioni fino alla passione per liste ed elenchi: «La storia della letteratura – scrive – è piena di collezioni ossessive di oggetti. A volte sono fantastiche (e cita l’Ariosto, ndr), altre volte sono inquietanti (Macbeth), altre volte ancora, sono estasi di profumi (Adone). Capita poi che siano oggetti miseri ma essenziali. A volte sono vertiginosamente normali, come l’enorme collezione di oggetti insignificanti nella cucina di Leopold Bloom. A volte sono struggenti, nonostante un’immobilità museale, quasi funebre (Doctor Faustus)». Una serie di “a volte” che raccontano pezzi di vite, persone, personaggi, luoghi, scrittori, tutto in un calderone dai confini costantemente sfumati, eppure definiti, come solo i grandi scrittori sanno fare.

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