martedì 6 febbraio 2024
La rinascita di De Ketelaere scaricato dal Milan è solo l'ultimo prodigio del tecnico dell'Atalanta: un allenatore capace come pochi di lanciare nuove stelle o rilanciare talenti incompresi
Gian Piero Gasperini, 66 anni, allenatore dell'Atalanta

Gian Piero Gasperini, 66 anni, allenatore dell'Atalanta - ANSA

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Non si può piacere a tutti. Gian Piero Gasperini potrebbe ben dirlo visto che nel panorama degli allenatori della Serie A non risulta certo tra i più simpatici. È innegabile però, non solo agli occhi dei tifosi bergamaschi, che il tecnico dell’Atalanta si stia ritagliando un ruolo di primissimo piano nella storia del nostro campionato. Con l’ultima vittoria domenica contro la Lazio è entrato in un club di “illustrissimi” della panchina: il 5° allenatore a vincere 150 match con una singola società in Serie A, dopo Giovanni Trapattoni (213) e Massimiliano Allegri con la Juventus (200), Carlo Ancelotti col Milan (163) ed Helenio Herrera con l’Inter (159). Record che si va ad aggiungere ai tanti primati della sua Dea in questi anni. Classe 1958, torinese di Grugliasco, una prima carriera da giocatore (è cresciuto nella Juventus) prima di accomodarsi in panca partendo sempre dalle giovanili bianconere. Crotone, Genoa, Inter (l’unico suo vero flop), Palermo e ancora Genoa, prima di Bergamo dove è giunto nell’estate del 2016: in un calcio dove le panchine scottano come non mai lui è il tecnico più longevo della nostra Serie A, con la concreta possibilità di arrivare anche a dieci stagioni consecutive alla guida dell’Atalanta. Un Ferguson del nostro pallone che con un gioco sempre spumeggiante ha condotto i bergamaschi a due finali di Coppa Italia, tre terzi posti e un quarto posto, tre qualificazioni consecutive alla Champions League fino ai quarti di finale (persi contro il Paris St Germain) nel 2020 e agli ottavi di finale nel 2021 (persi contro il Real Madrid), conquistando vittorie storiche sui campi di Liverpool, Ajax, Valencia o Shakthar. Si capisce allora quanto sia amato a Bergamo (nel 2019 ha ricevuto anche la cittadinanza onoraria) che gli ha dedicato perfino una statua.

Ogni anno un piccolo miracolo, nonostante la società venda i giocatori più forti a cifre record per poi forgiarne altri acquistati a prezzi ben inferiori. Un Re Mida del calcio che sin dagli anni al Genoa e al Palermo ha lanciato tanti ragazzi ad alti livelli. Per restare solo a Bergamo, come non ricordare Bastoni, Kulusevski, Kessie o gli attuali gioielli Scalvini e Hojlund. Un ambiente in grado di rilanciare anche i talenti bocciati troppo in fretta. Il caso oggi più lampante è quello di Charles De Ketelaere. Voluto da Maldini al Milan e pagato ben 35 milioni al Bruges, in rossonero non ha retto la pressione diventando un oggetto misterioso: 40 partite, 0 gol e 1 assist. A Bergamo sotto la cura Gasperini è rinato: sono già 9 le reti messe a segno con 7 assist. Il belga si sta conquistando il riscatto sicuro della società nerazzurra anche perché Gasp ci ha creduto sin dal primo giorno: «Parliamo di un giocatore che l’anno scorso è arrivato al Milan e che era voluto da mezza Europa. Non è che il Milan sbaglia a scegliere i giocatori - ha detto il tecnico dei bergamaschi -. Noi crediamo molto nel ragazzo». Fiducia ripagata, come del resto è successo anche con un altro rossonero scaricato forse troppo in fretta: Mario Pasalic, anche lui fresco di record visto che con 41 reti è il centrocampista più prolifico dalla stagione 2018-2019. Ora è vero che la maglia dell’Atalanta non pesa quanto quella del Milan, ma sono altrettanto evidenti le capacità di un tecnico nel riuscire a tirar fuori il meglio dai propri giocatori.

«All’inizio - ha raccontato una volta Gasperini - non pensavo di fare l’allenatore. Volevo continuare a fare calcio ma ero felice di allenare le giovanili per trasmettere la mia esperienza. Non era mia intenzione però quello di aver a che fare con i professionisti. È un qualcosa che è maturato con gli anni. La mia ambizione era educativa, legata alla mia passione per il calcio, ma era anche un modo per mettere alla prova me stesso. Era il piacere di stare con dei ragazzi, di stare in campo». Ora invece c’è una città e una tifoseria che sogna in grande: i bergamaschi sono al 4° posto in campionato in piena corsa Champions. Anche se lui rimane con i piedi ben piantati a terra ribadendo le grandi disparità economiche con le big: «L’Atalanta non può avere un miliardo di debiti, altre società se lo possono permettere». Piuttosto tira dritto per la sua strada, incurante anche delle antipatie: «Difficile sopportarmi? Il calcio è una materia di confronto, non sempre si è d’accordo, ma si possono creare delle basi per crescere e migliorare». E guarda lontano: «La mia storia con l’Atalanta è meravigliosa, spero duri ancora a lungo».

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