domenica 27 agosto 2017
Dovrebbe essere visto da ragazzi e professori il kolossal lirico del Festival che si sta chiudendo. 48 le serate seguite da oltre 370mila spettatori. Nel 2018 “Carmen” aprirà la stagione
Il "Nabucco" risorgimentale del regista Arnaud Bernard all'Arena di Verona (foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona)

Il "Nabucco" risorgimentale del regista Arnaud Bernard all'Arena di Verona (foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona)

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Se l’Arena di Verona ne avesse la possibilità, sarebbe interessante far proseguire anche a settembre la 95ª edizione del Festival lirico che si conclude questa domenica 27 agosto. Almeno nelle prime settimane del nuovo anno scolastico così da permettere ai ragazzi che tornano fra i banchi di seguire una bella lezione di musica e di storia patria nell’anfiteatro lungo le sponde dell’Adige. Perché il Nabucco del regista francese Arnaud Bernard, nuova produzione di quest’anno, dovrebbe essere portata nelle scuole d’Italia (o meglio, le classi dovrebbero andare a Verona). L’idea del regista – non certo nuovissima – di trasportare la terza opera di Giuseppe Verdi dalla Gerusalemme “biblica” e dalla Babilonia dell’esilio del popolo eletto nella Milano degli anni del Risorgimento dominata dall’Impero austriaco si traduce in un kolossal lirico che racconta uno squarcio dell'Ottocento nostrano in modo efficace e avvincente. Che potrebbe catturare gli studenti, di solito piuttosto impreparati su moti e tragedie che portarono all’unità d’Italia e soprattutto molto a digiuno di opera (visto che in aula nessuno – se non qualche insegnante lungimirante – parla di belcanto e melodramma benché la Penisola ne sia la culla).


Ammirare in scena decine di insorti lombardi che, come una folla manzoniana, fronteggiano le truppe asburgiche fra barricate e cannoni, imbattersi in un Nabucco che somiglia al feldmaresciallo Josef Radetzky, assistere alle ovazioni anti-austriache che dai palchi e dal loggione della Scala – ricostruita sul palcoscenico dell’Arena – sancirono il successo di Nabucco nel teatro dove il capolavoro debuttò nel 1842 e che fa da sfondo anche al coro del “Va’, pensiero” sarebbe utile a chi va alle medie o a chi frequenta un istituto superiore. Così come scorgere in Zaccaria le sembianze di Mazzini, in Ismaele nipote del re di Gerusalemme un giovane ufficiale italiano, in Abigaille un’avida principessa, in Fenena la figlia di Nabucco un’infiltrata innamorata nelle linee militari italiane. E il fulmine che si scaglia sul sovrano di Babilonia dopo il famoso grido “Non son più re, son dio” è sostituito da una geniale sparatoria dei ribelli italiani contro l’occupante.


Ben più convincente quello che si vede rispetto a quello che si ascolta. La direzione dell’israeliano Daniel Oren, che guida l’orchestra con la kippah sulla testa, è discontinua. Non brilla George Gagnidze nei panni di Nabucco. Talvolta eccessiva Susanna Branchini (Abigaille), mentre vanno di gran lunga meglio Nino Surguladze (Fenena) e Rafal Siwek (Zaccaria), i più frizzanti delle ultime repliche. In difficoltà anche Rubens Pelizzari (Ismaele).


La stagione 2017 si chiude con la Fondazione rianimata dopo mesi di lacrime e sangue e con un bilancio approvato dal commissario straordinario Carlo Fuortes che registra un utile di 367mila euro dopo due esercizi marchiati da pesanti passivi (si era sprofondati a meno 20 milioni). E il nuovo sovrintendente Giuliano Polo tira le somme di questi mesi ipotizzando anche un aumento di pubblico rispetto al 2016 quando oltre 370mila spettatori (quasi 8mila a recita) portarono nelle casse dell’Arena quasi 23 milioni di euro. Dal 23 giugno a questa sera sono stati proposti cinque titoli d’opera (oltre a Nabucco, anche Tosca, Rigoletto, Madama Butterfly e la star areniana Aida con 650 rappresentazioni all’interno del Festival). Assieme ai tre appuntamenti fuori cartellone (Roberto Bolle, IX Sinfonia di Beethoven e Zarzuela) fanno 48 serate.


Il Nabucco risorgimentale tornerà in scena anche l’anno prossimo. Ad aprire la stagione, il 22 giugno 2018, sarà la nuova produzione di Carmen. Nel programma anche Aida – proposta in due differenti allestimenti: uno di Franco Zeffirelli e l’altro ispirato alla storica messa in scena del 1913 e firmata da Gianfranco de Bosio –Turandot (sempre di Zeffirelli) e Il barbiere di Siviglia (con la regia di Hugo de Ana). A tutto ciò si aggiungeranno due serate speciali.

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