martedì 30 maggio 2023
Lascia all'architettura italiana come principale eredità la sua propensione al dialogo, evidente nell'interesse sviluppato lungo tutta la sua carriera per gli edifici religiosi, cristiani e islamici
L'architetto Paolo Portoghesi

L'architetto Paolo Portoghesi - Siciliani

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Un “padiglione simbolico con tre facce diverse e convergenti”. È forse uno tra i progetti più rappresentativi dell'opera di Paolo Portoghesi, scomparso oggi a 92 anni (era nato a Roma il 2 novembre 1931. Elaborato nel 1998 per la città di Palermo, ma non costruito, il progetto intendeva rispondere alla domanda, se sia possibile immaginare uno spazio in cui si riconoscano le tre religioni monoteiste. E il suo auspicato collocamento in posizione baricentrica nel Mediterraneo mirava a promuovere il dialogo tra tutti i discendenti dalla tradizione abramitica che in questo mare si incontrano. Un'alta stele, con tre nicchie rivolte ai tre settori della piazza da cui è avvolta, protende in alto un elemento a “superficie romana” di Jackob Steiner: la figura geometrica che trasforma la sfera, totalità perfetta, in un solido che da qualunque angolatura risulta tripartito. È dunque unità nella diversità: un convivere nel rispetto reciproco. Probabilmente raggiungere questo obiettivo di riconciliazione è stata la massima aspirazione di Paolo Portoghesi, uno dei pochi architetti che nel secondo dopoguerra ha fatto dello studio dello spazio per il culto un perno della propria attività.

A differenza dalla stragrande maggioranza dei suoi colleghi, docenti e progettisti, Portoghesi non ha seguito le mode del momento, e quando la cultura dominante propugnava la rottura col passato, egli si rivolgeva alla continuità storica. Educato alla scuola del Moderno nei primi anni Cinquanta, si è ritrovato nella passione per il Barocco, lo stile più immediatamente legato alla Riforma cattolica, tanto che ha dedicato il suo primo libro, pubblicato quando era ancora studente, a Guarino Guarini, per poi diffondersi nello studio del Borromini.

È stato preside della facoltà di architettura del Politecnico milanese nel 1968 quindi ordinario alla Sapienza di Roma, dove dal 2007 ha dato vita al corso di Geoarchitettura, riprendendo un'idea di Le Corbusier, da lui rielaborata nel senso del rispetto della natura e del genius loci. Su tale tematica ha dato vita anche all'ultima tra le riviste da lui dirette: "Abitare la Terra" (in precedenza aveva fondato e diretto "Controspazio", quindi aveva diretto le riviste "Eupalino" e "Materia", oltre al Dizionario Enciclopedico di Architettura). Tra le numerose sue pubblicazioni risalta Album del Liberty, scritto nel 1975 con la moglie Giovanna Massobrio quale espressione della ricerca della bellezza intesa come sensibilità condivisa che non rifugge dall'ornamento e dai richiami storici. È stato uno dei padri del Postmoderno, ovvero del tentativo di rifondare uno stile in un'epoca in cui gli stili erano guardati con sospetto e considerati morti e sepolti.

Nel mondo degli architetti, spesso proclivi al disdegno dell'opera altrui, Portoghesi si è distinto per la pacatezza mostrata verso chiunque proponesse opere di qualità: un atteggiamento ben rappresentato nel suo volume “I grandi architetti del '900”, in cui non privilegia gli appartenenti a una scuola, ma cerca di dare un sunto significativo delle tante sensibilità che si sono succedute, accostate e contrapposte nel XX secolo. Un atteggiamento di rispetto tra l'altro ravvisabile nel fatto che, da buon maestro, ha privilegiato e sostenuto allievi e giovani architetti (pensiamo per esempio a Paolo Zermani) a prescindere dal fatto che seguissero un approccio progettuale simile al suo.

Il suo impegno culturale lo ha portato a inaugurare il settore architettura della Biennale di Venezia nel 1980, dove aprì il fondamentale "progetto" della Strada Novissima ove si affiancavano in un vasto quanto immediato confronto, facciate progettate da quelli che sarebbero diventati i protagonisti del postmoderno, da Frank Gehry a Rem Koolhaas, da Hans Hollein a Franco Purini. Fu direttore dell'Ente Biennale dal 1983 al 1992, quando chiuse il suo mandato promuovendo l'esposizione “Architettura e spazio sacro nella modernità” per approfondire il dibattito sulle esperienze degli spazi religiosi in ambito ebraico, cristiano e islamico.

Tra i riconoscimenti attribuitigli, si segnalano le cooptazioni nell'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze, nell'Accademia di San Luca, nell'Accademia dei Lincei e nell'American institute of Architects.

Tra le sue molteplici opere, un particolare significato riveste la riapertura del borgo storico abbandonato di Calcata, dove ha collocato la sua villa (dove si è spento questa mattina) il cui parco, dichiarato nel 2017 il “più bello” d'Italia, ha elaborato come giardino delle meraviglie. Fontane, laghetti, scenografiche scalinate, piazzole, logge, edicole variopinte e rifinite con ornati, e poi piante, alberi, siepi, fiori di varia provenienza, e uno zoo con centinaia di volatili, pappagalli, gru, fenicotteri, cicogne, ibis, e capre asini e altri quadrupedi, spesso salvati da rischi mortali e portati a riprendersi in quella specie di Eden che nulla ha da invidiare al noto Park Güell di Barcellona: con la differenza che il parco di Portoghesi è non solo completo ma anche vivo. Tra gli edifici civili si segnalano poi Casa Baldi a Olevano Romano (1959-1961) Casa Papanice a Roma (1968).

Ma tra le sue architetture spiccano i tanti edifici per il culto, dove l'arte del progettare rivela la sua vera anima. Ecco dunque la Sacra Famiglia di Salerno (1974 con Vittorio Gigliotti), forse il suo capolavoro, in cui le superfici in cemento a vista si animano in ombreggiature, scarti, anse che ne fanno un insieme vibrante di vita. La chiesa di Santa Maria della Pace a Terni (2003) che si sviluppa su una pianta a stella; un po' come la successiva chiesa dei SS. Cornelio e Cipriano di Calcata nuova (2009), ma qui la stella ha un numero maggiore di punte e maggiore è l'altezza del tiburio che convoglia all'interno una luce più intima e raccolta. La chiesa dei SS. Francesco e Chiara a Castellaneta (2013) annunciata da due campanili ai lati del portone e sviluppata all'interno con particolare attenzione alla disposizione dei luoghi liturgici. La cattedrale di Lamezia Terme (progetto vincitore del concorso indetto nel 2014) ripete il tema dei due campanili e amplia la facciata con un duplice colonnato ad ansa che ricorda quello berniniano di San Pietro. Sono tutti edifici in cui la forma risulta dall'insieme di particolari che la compongono e la movimentano.
Importante anche il suo impegno nell'architettura dedicata al culto islamico: particolarmente nota è la grande moschea di Roma (1995 con Vittorio Gigliotti) in cui le arcate incrociate a reggere le cupole scendono come nastri divenendo agili colonne che compongono uno spazio articolato e trasparente. La moschea di Strasburgo (2012) è la più grande d'Europa con la sua gigantesca cupola centrale circondata da contrafforti a mezzaluna.

Portoghesi ha rappresentato un caso atipico nel panorama architettonico italiano: tra i più conservatori, non desideroso di innovazioni eclatanti, con costanza è riuscito a sviluppare temi consueti ma alleggerendoli nell'espressione grazie all'uso di tecniche nuove. Lascia all'architettura italiana come principale eredità la sua propensione al dialogo: tra le persone e tra le culture. Un dialogo che nella sua manifestazione religiosa trova l'espressione più evidente.

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