giovedì 20 settembre 2018
Con il nuovo allestimento il Man diventa il cuore del racconto della città. Il direttore, Marta Novello: «Percorso inedito, in cui la narrazione è affidata alla voce stessa degli antichi cittadini»
Il mosaico con fiocco (© slowphoto.studio)

Il mosaico con fiocco (© slowphoto.studio)

COMMENTA E CONDIVIDI

Quando si arriva in questa terra di frontiera, crocevia e punto d’incontro fra popoli, culture e religioni diverse, sembra di camminare nella storia. L’antica città romana di Aquileia celebrata come “moenibus et portu celeberrima” è viva, è presente e avvolgente. Basta percorrere la via Giulia Augusta che costeggia i resti del Foro per sentirsi in un altro tempo e riportare alla mente le scene e la vita di millenni addietro. Ma non sono solo monumenti e rovine del passato da contemplare, sono pietre parlanti da ascoltare. Tra restauri e nuovi scavi, è come se continuassero in maniera silenziosa a dirci da dove veniamo, chi siamo, a ricordarci quale patrimonio abbiamo alle spalle e il dovere di trasmetterlo alle generazioni future. Una storia che si muove ai piedi del grandioso campanile che domina tutto il territorio, in piazza Capitolo, a fianco della basilica romanica e del battistero, simboli del Patriarcato, fra le acque della Natissa, il porto fluviale, la via Postumia, il decumano. Un concentrato di testimonianze che viene narrato e spiegato nel nuovo Museo archeologico nazionale di Aquileia, il Man.

Nella villa neoclassica appartenuta ai conti Cassis Faraone, il 3 agosto del 1882 per volere dell’allora governo austro-ungarico, apriva l’Imperial Regio Museo dello Stato proprio con lo scopo di raccogliere ed esporre le antichità di Aquileia. Un’intuizione certamente lungimirante che a 136 anni da quel giorno, e a 63 dal radicale restauro del 1955, si presenta adesso in una veste completamente ripensata, con l’intento di offrire un percorso più coinvolgente e che consenta una maggiore comprensione dell’area archeologica, patrimonio Unesco dal 1998. Il restauro avviato nel 2016 e completato in tempi record grazie a un investimento di 4,5 milioni di euro è stato presentato in estate alla presenza del ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli: risultato di un «grande lavoro di squadra» e della «giusta sintonia» tra enti statali, regionali e forze locali private. E proprio su queste sinergie conta Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia, «per la valorizzazione di un sito che non teme confronti».

Raccontare l’antichità, l’archeologia è sempre un esercizio difficile. Quando si mostra un capolavoro di Van Gogh tutto è più semplice e immediato. Davanti a una gemma o un’anfora spezzata, un frammento di mosaico o una statua senza volto per il visitatore è più complesso, impone un surplus di attenzione, uno sforzo di immaginazione. E proprio questo gap cerca di colmare, riuscendoci, il nuovo allestimento del Man, con una narrazione scorrevole e con maggiori servizi, facendo di un museo “antico” con una impostazione tradizionale, una realtà al passo coi tempi. «Abbiamo voluto che la storia di Aquileia uscisse chiara e limpida nella sua grandezza a quanti si avvicineranno alle sale – dice il direttore del Man, Marta Novello –. Vogliamo un museo vivo che vada oltre le classificazioni tradizionali per tipologia di reperti. Un museo che racconti la città, la sua vita, la grandezza del porto, le merci, le persone, le lingue, le religioni, le culture diverse che qui si incontravano e convivevano concorrendo a portare nuove idee in un’area che, soprattutto nell’età tardoantica, fu di importanza strategica per le sorti dell’impero, cerniera e collegamento tra Oriente e Occidente e, tra il Mediterraneo e le regioni settentrionali e orientali d’Europa».

Il percorso espositivo si apre con una grande pianta della città, attraverso la quale è possibile calarsi nella realtà del tempo e rendersi conto, geograficamente, di cosa rappresentasse Aquileia nel II secolo a.C., ripercorrendo le campagne di scavo e le testimonianze di chi ha studiato questo luogo. Al piano terra le opere dei monumenti pubblici e poi quelle delle necropoli e dei corredi funerari. In fondo, come ad aspettare di dire la sua c’è la sontuosa statua del Navarca (I sec a.C.), uno dei pezzi più conosciuti e importanti della collezione, probabilmente la raffigurazione di un ammiraglio vittorioso. Al primo piano diverse aree tematiche: si parte con la domus: ed è la preziosa statua di Venere (datata fra il I sec a.C. e il I sec d.C.) ad accogliere il visitatore e a condurlo, fra meravigliosi mosaici pavimentali, alla scoperta degli usi, degli utensili e dei costumi della casa. Ed ecco le collezioni dei servizi da tavola, in ceramica, vetro, bronzo o argento con la citazione dell’ironico “galateo” dello scrittore di origine siriana Luciano di Samosata: «Non sai in gran verità quale dei piatti posti di fronte a te e sistemati in un ordine definito devi prendere in mano per primo o per secondo. Così sei costretto a spiare di nascosto il tuo vicino per copiarlo e imparare la giusta sequenza della cena». Dalla casa, fra arredi e opere d’arte, si passa alle attività produttive e al ruolo fondamentale avuto dal porto nello scambio delle merci: qui troviamo innumerevoli iscrizioni, oggetti, macchine da lavoro. E poi le tante testimonianze delle genti, dei culti e delle culture che qui si sono incontrate. «La narrazione – spiega ancora la Novello – è affidata alla voce degli antichi, cittadini e stranieri impiegati nelle più molteplici attività che, attraverso le iscrizioni e le immagini riportate nelle stele funerarie, gli oggetti usati nella quotidianità, i volti catturati nei loro ritratti, raccontano una città culturalmente vivace, fervente di attività commerciali, produttive e artigianali, in grado di recepire e rielaborare autonomamente, proprio grazie alla molteplicità di influenze di cui fu al centro, modelli dalle provenienze più diverse, con esiti di grande raffinatezza». Il Man diventa così il luogo da cui partire alla scoperta della città: dal complesso della meravigliosa basilica di Santa Maria assunta e del Battistero al campanile, dallo straordinario museo paleocristiano ai fondi aperti degli scavi che si susseguono, dalla magia del Foro al Sepolcreto fino al più vicino e significativo Cimitero degli Eroi. Un sistema diffuso di bellezza e di storia che si presenta con un fascino discreto, che merita un turismo pensato, di qualità. Dice il premio Nobel Orhan Pamuk: «Lo scopo dei musei di oggi o di domani è di ricreare il mondo dei singoli individui». Ad Aquileia si è fatto questo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI