domenica 17 aprile 2016
Approdano in italiano le avventure portuali di Cendrars
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«Eravamo a bordo de l’Italia, il primo transatlantico italiano che, partendo dal capolinea Alessandria, faceva scalo al Pireo, a Salonicco, Brindisi, Napoli (dove noi saremmo scesi a terra, e dove mio padre ci avrebbe raggiunti col prossimo battello), filava poi a Genova, il suo porto di immatricolazione, faceva il pieno, toccava Marsiglia, Barcellona, Malaga, da dove si lanciava verso New York a una velocità record (11 giorni di traversata!) e c’era intesa, tra me e Domenico, che a Napoli, il marinaio che mi custodiva, mi avrebbe nascosto da qualche parte a bordo per sbarcare poi insieme a New York, dove avremmo abitato, io e il gigante, in incognito, nel più alto dei grattacieli». Il giovane e irrequieto passeggero che dall’Egitto sta per approdare di malavoglia a Napoli con la madre e i fratelli, e che, prima di concludere la traversata, verrà tradito dal gigantesco mozzo di origini siciliane per «uno, due o tre rotoli di sovrane», è Blaise Cendrars, lo scrittore e poeta francese di origine svizzera autore di alcune fra le più belle narrazioni di viaggi e di avventura del Novecento. Questo aneddoto di sé da bambino, quando il suo nome ancora non omaggiava la brace e le ceneri ma era semplicemente Frédéric Louis Sauser, figlio dello stravagante uomo d’affari Georges Frédéric, con cui “scorrazzava” da un capo all’altro del mondo, il futuro romanziere l’ha raccontato nella ricca raccolta di cronache di viaggi veri e immaginari intitolata Bourlinguer , edita nel 1948 dall’editore Denoël (lo stesso del céliniano Voyage au bout de la nuit) e fino a oggi non pubblicata in italiano. Una amnesia editoriale abbastanza seria, considerato che lo scrittore è stato fra i protagonisti assoluti dell’avanguardia parigina di inizio secolo – amico di Modigliani, di Cocteau, Apollinaire e di Le Corbusier, anch’egli nato nella cittadina svizzera di La Chaux-de-Fonds nel 1887 – e che, ancor studente, aveva vissuto per qualche anno con la famiglia a Napoli, dove il padre fu peraltro coinvolto in una pesante truffa organizzata ai suoi danni dal proprio commercialista insieme con alcuni avvocati locali. Il romanziere aveva per l’Italia un’attrazione ancestrale, più volte dichiarato proprio in Bourlinguer , che il traduttore Bruno di Biase ( Morte a credito di Louis Ferdinand Céline; Ciò è di Franck Venaille) ha da poco “doppiato” in lingua italiana da cui prendiamo i passaggi citati. Bourlinguer si compone di undici capitoli nei quali Cendrars mescola con maestria ricordi di viaggi compiuti e suggestioni di avventure immaginate, puntigliose verità storiche e descrizioni fantastiche: il tutto narrato talvolta in modo coerente, altre volte per mezzo di salti temporali solo in apparenza privi di ordine.  A introdurre questa “bourlinga”, questo scorrazzare dello scrittore tra le parole e le città di mare d’Europa e d’America è la Serenissima Venezia, protagonista del primo funambolico racconto in cui si sviluppano le avventure indiane del medico-scrittore- viaggiatore veneziano Niccolò Manucci a cavallo tra Sei e Settecento; segue Napoli, la città della sua giovinezza, dove il romanziere, ormai adulto, ritorna alla ricerca della commovente immagine del giardino dei suoi giochi, dove spera di rigenerarsi, come il Kim di Kipling, ricoperto dalla terra della tomba di Virgilio a Piedigrotta, dopo aver lasciato Teheran per sfuggire alla giustizia in seguito all’acquisto della preziosa e magica “spina di Ispahan”, contro il volere del suo gioielliere e padrone. Dopo Napoli sfilano, uno dopo l’altro come vascelli gagliardi, i capitoli su Genova, La Coruña, Bordeaux, Brest, Tolone, Anversa, Rotterdam, Amburgo e Parigi porto di mare. Il progetto originale era cosa molto diversa dal libro che ne è poi uscito. L’editore e rilegatore René Kieffer, con bottega a Parigi in rue Séguier 18, voleva che l’estroso testo di Cendrars andasse a corredare le 18 acqueforti dell’artista Louis Valdo-Barbey raffiguranti altrettanti porti; il romanziere- viaggiatore, invece, sceglierà di concentrarsi solo su 11 di questi porti, infondendo a ciascun capitolo una vita propria, fatta di ricordi personali e di associazioni di idee, eliminando contestualmente la presenza in pagina delle acqueforti. È così che Bourlinguer è diventato il terzo, mirabolante, volume delle sue incredibili memorie.
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