giovedì 28 aprile 2016
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La carità verso gli animali aumenta, quella verso gli esseri umani sembra restare invariata. Ognuno ne ha molti esempi sotto gli occhi: nelle cronache dei giornali, in televisione o portando a passeggiare il proprio cane e incontrandone altri. Un buon esempio è questa iniziativa che avrà luogo in Spagna da aprile a giugno: 'Madrid Capital Animal 2016' («una piattaforma plurale – si legge nel sito – di arte, cultura e pensiero per proporre, gestire e ricevere progetti incentrati sulla presa di coscienza sui diritti degli animali»). Un esempio ancora migliore è la citazione che avvia la presentazione dell’iniziativa, in cui si parla degli 'animali non umani'. Si tratta di un cambiamento in atto da molti anni e certo più profondo e sfumato di quanto appaia. La crescita del vegetarianesimo, per esempio, ha più di una ragione, dalle più superficiali, come la moda e i timori alimentari, a un’autentica compassione per la sofferenza degli animali. Per tornare al discorso più generale: con gli animali la nostra tenerezza è senza rischi. Non sappiamo se il loro attaccamento per noi si possa chiamare amore. Sappiamo di più sulla loro capacità di odio, che è nulla. Con gli altri esseri umani il nostro gioco è sempre aperto (incomprensioni, ingratitudini, rancori, ferite) e ogni situazione si può rovesciare di colpo nel suo contrario. Con il proprio cane tutto è dato una volte per tutte. Non ci serba rancore. Sarà sempre festoso al nostro rientro. Questo è straordinario e non finisce di stupire. Non finisce di essere anche un rimprovero per noi, ed è parte del mistero degli animali. Ma si può dire, come siamo tentati certe volte: sono meglio degli esseri umani? Semplicemente, non sono esseri umani: è proprio la barriera che ce ne separa a far sì che non ci riguardano fino in fondo. Il nostro rapporto con loro, per quanto includa la sofferenza, non è mai così definitivamente doloroso come può essere quello con i nostri simili. E quanto sia dolorosa la tenerezza per gli esseri umani, si vede dal fatto che riusciamo a provarne molto meno. Ogni essere umano, quale che sia la sua condizione, è una possibilità di noi stessi. «Il mendicante – scriveva Jules Renard nel suo diario oltre un secolo fa – è ancora lui il più bravo a farci abbassare gli occhi». Il mutamento così radicale dell’atteggiamento nei confronti degli animali denota innanzitutto un mutamento degli esseri umani tra loro e con se stessi. C’è un breve racconto di Kapuscinski, molto bello in sé ed eloquente per il nostro discorso. È il brano che apre la sua raccolta di note e riflessioni Lapidarium: «Come lo stuzzicavano, quel gorilla, i bambini allo zoo (…) Sulle prime il gorilla si infuriava, correva in qua e in là sul palcoscenico di cemento, minacciando i piccoli aggressori. Poi, stanco, si è seduto in mezzo alla gabbia e si è messo a piangere. È accaduto in quel preciso momento (…) che si è scatenata la tempesta di sabbia (…) C’è stato un fuggi fuggi generale di bambini urlanti, seguiti dagli adulti; il vento strattonava e faceva sventolare i chador addosso alle donne, che correvano spaventate (…) Correndo, mi sono voltato indietro: attraverso i nembi di polvere, nella penombra calata all’intorno, ho intravisto il gorilla curvo al suo posto, come spezzato in due, seduto lì che ci guardava e singhiozzava». Cosa c’è in questo racconto? Il male e il bene, innanzitutto. Il male impersonato da bambini, cioè una specie di male doppio o doppiamente incomprensibile. Tolte una o due immagini in cui è più presente la partecipazione dell’autore, si tratta di un resoconto molto nudo. Ma dov’è il bene? Il bene è nell’aver raccontato questa scena benché parli del male, e nel: «mi sono voltato indietro» del narratore. Nello sguardo di compassione dell’uomo presente a quella scena. Questo racconto mi sembra un esempio di carità autentica verso un animale. Quello che è ammirevole in loro è che rispondono splendidamente ai propri limiti. Al tempo stesso, in certi atteggiamenti che sembrano di incertezza estrema e di richiesta, muovono una pietà irrimediabile. Tutto quanto vive merita pietà, anche gli animali, mai, però, si deve esercitarla contro qualcosa’altro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sembra crescere la pietà per ogni essere vivente, un po’ meno quella per il nostro prossimo. C’è anche chi non fa distinzione o chi ne fa una questione ideologica. Ma se è bene che le due cose siano distinte è più necessario ancora che non siano opposte
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