giovedì 6 marzo 2014
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Una scopa in mano: Bruno la usa per pulire i pavimenti di una galleria d’arte romana, di notte, insieme all’amico Salvatore, un lavoro di fortuna per sbarcare il lunario, mettere una pezza agli errori della sua vita, conseguiti per una proverbiale ingenuità, e dare spazio ai sogni. L’ultimo si chiama curling, uno sport invernale su ghiaccio che prevede l’uso di uno strumento simile a una scopa per aiutare pesanti pezzi di granito a raggiungere la meta. Gli è saltato in mente perché le Olimpiadi invernali di Torino si avvicinano (siamo nel 2006) e potrebbero rappresentare la svolta definitiva, per lui e i suoi amici. Sono i protagonisti del debutto alla regia cinematografica di Claudio Amendola, che il riferimento al ghiaccio l’ha proprio nel titolo: La mossa del pinguino, in sala da oggi. Attore noto al pubblico giovane soprattutto per I Cesaroni televisivi. «Ma era da tempo che pensavo a questo esordio – confessa – e avevo voglia di raccontare una bella storia». Che vede i quattro della squadra desiderosi soprattutto di riscatto. Bruno (Edoardo Leo) sembra uno strampalato avventuriero, ma adora la famiglia e fa di tutto per darle un futuro dignitoso, mentre Salvatore (Ricky Memphis) è indolente ma generoso. Intercettano Neno (Antonello Fassari), un amabile biscazziere in ritirata, campione di biliardo, e Ottavio (Ennio Fantastichini), ex vigile che affoga le sue tristezze giocando a bocce. Il loro avvicinamento alla qualificazione olimpica crea innumerevoli situazioni comiche, un’eco della commedia italiana alla quale Amendola non è estraneo. «La mia formazione viene da quel genere. I cinque film che ho fatto con Carlo Vanzina, i migliori di quel filone, sono stati una grandissima scuola. Oltre a questo, non nego la mia passione per le commedie in bianco e nero, che hanno fatto grande il nostro cinema». La sua è ambientata nel mondo dello sport. «Sono uno sportivo e il curling, negli anni in cui è ambientato il film, era uno sport ancora sconosciuto. Mi sembra anche che oggi in Italia sia l’unico scevro da tutte le addizionali che il mondo sportivo purtroppo porta con sé: doping, tifoserie violente, insulti, volgarità».Gli ostacoli non mancano e saggio diventa il suggerimento di Ottavio: nella vita ogni tanto bisogna saper accostare. «Significa che quando arrivi a cinquant’anni – Amendola pensa anche ai suoi – e cominci a trovare dei muri che non si possono rompere, bisogna saperli aggirare. Lo scontro tra la teoria dell’accosto e quella della bocciata, suggerita dal personaggio di Fantastichini, è una metafora alla quale tengo molto. L’accosto è il dialogo, è cercare di capire anche le ragioni degli altri». In fondo è ciò che consiglia il piccolo Yuri a papà Bruno: fai la mossa del pinguino, dinanzi alle difficoltà. «È quella capacità non solo di adattarsi, ma di affrontare gli imprevisti cercando di salvare il salvabile, scivolando di pancia come i pinguini». I quattro partono nella loro avventura sportiva con grandi speranze. La filosofia di Bruno è nella domanda che fa ai suoi amici: «Che male si fa a sognare qualcosa di diverso?». Amendola tiene molto ai sogni. «È terribile perdere la possibilità di sognare, la voglia di rincorrere la speranza. Sapendosi accontentare, felici nell’aver provato a conseguire le mete. Un impulso che non deve essere scambiato con l’arrivismo e la voglia di imporsi».Eva, la moglie di Bruno, è descritta da Amendola come la donna coi piedi per terra, le spalle larghe. «Non a caso Francesca Einaudi, oltre che brava e bella, ha davvero le spalle aperte, dritte, da ginnasta. È importante che le abbia così, perché nel film deve portare il peso della concretezza. Il peso della famiglia, la fatica di tenerla unita».
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