mercoledì 24 giugno 2015
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«Quella dei migranti è una tragedia italiana, che va raccontata con coraggio». Claudio Amendola si fa serio, smettendo il sorriso piacione dei Cesaroni mentre indossa la divisa di un ufficiale della Guardia Costiera sul set di Lampedusa, la nuova fiction programmata per il 2016 su Raiuno. Fiction annunciata agli Screenenigs Rai di Firenze e ieri alla presentazione dei palinsesti Rai a Milano. Amendola, presta il suo volto popolare a un italiano che fa il suo dovere quotidiano nelle acque del Mediterraneo popolate di troppi morti e anticipa ad Avvenire cosa si vedrà nella miniserie in due puntate prodotta da Fabula Pictures e scritta da Andrea Purgatori e Laura Ippoliti con la regia di Marco Pontecorvo. Accanto a lui Carolina Crescentini nei panni di una volontaria che aiuta i migranti al momento del loro sbarco sull’isola siciliana.Amendola, dalla commedia lei passa ora al dramma legato all’attualità dei migranti.«Mi era già capitato con Marcinelle, fiction dove raccontavo la grande tragedia capitata negli anni 50 agli emigranti italiani che lavoravano nelle miniere del Belgio. Il nostro è un Paese che ha poca memoria. Il dovere del servizio pubblico è anche quello di raccontare storie come queste».Appunto, cosa racconta “Lampedusa”?«Racconta tanto le storie dei migranti dall’altra parte del Mediterraneo, con le loro paure, le loro fughe dalla guerra, insomma, li racconta come persone. Ma si descrivono anche la tenacia, le difficoltà e il coraggio degli abitanti di Lampedusa che meriterebbero davvero il premio Nobel per la pace. Io sono un ufficiale della Guardia Costiera, uno che di lavoro fa quello che esce in mare ogni giorno a salvare vite umane».Le polemiche politiche sull’immigrazione sono quotidiane. Che ne pensa?«Se c’è uno che rischia la vita in mare lo si va a prendere. Punto. A me come attore la cosa che emoziona di più è dare anima e volto a un uomo che va a prendere in mare uomini in difficoltà. Mi sto domandando che tipo di moralità devo dare a questo personaggio, che tutti i giorni si “sporca le mani” affondadole nella realtà più drammatica. È una storia molto bella e ricca di umanità, vedrete».Quello dell’immigrazione è un tema che ultimamente viene trattato più dalla fiction che dal cinema italiano. Forse per paura che non faccia incassi?«La fiction a volte racconta la realtà meglio della politica, ed ha un impatto più ampio e popolare del cinema. Francamente ritengo che sia il mezzo più adatto, a patto che rispetti canoni di serietà e qualità. E ora c’è bisogno di raccontare e di prendere posizione».A proposito, papa Francesco ha preso subito una posizione netta a favore dei migranti recandosi a Lampedusa appena eletto.«Questo Papa mette molto in difficoltà uno ateo e un po’ anticlericale come me...davanti a lui c’è solo da togliersi il cappello. Abbiamo bisogno di figure così carismatiche, che sappiano parlare anche alle altre religioni: le sue sono parole di enorme rispetto, una grande lezione per tutto il mondo».Lei si è fatto un’idea di quali soluzioni si potrebbero adottare di fronte a una tragedia così vasta?«L’unico modo è aprire delle vie ufficiali e legali per fare entrare i rifugiati in Europa. Ed è ora di affrontare il problema all’origine. Siamo noi i responsabili per quei Paesi. Se cominciassimo a fare la guerra ai costruttori d’armi e smettessimo di sfruttare quei Paesi come abbiamo fatto per anni, investendo invece su di loro, e cancellando il debito, tante famiglie non sarebbero costrette a fuggire dalla povertà e dalla guerra rischiando la vita».
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