lunedì 13 ottobre 2014
La via per una terapia o un vaccino contro l'Alzheimer fino a questo momento è stata lastricata di fallimenti, ma l'esperimento descritto da Rudolph Tanzi su Nature potrebbe invertire questa tendenza. Il ricercatore del Massachussets General Hospital di Boston è riuscito infatti a riprodurre per la prima volta gli effetti della malattia sui neuroni in laboratorio, creando un modello umano che permetterà di testare i farmaci senza le limitazioni di quelli animali.
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La via per una terapia o un vaccino contro l'Alzheimer fino a questo momento è stata lastricata di fallimenti, ma l'esperimento descritto da Rudolph Tanzi su Nature potrebbe invertire questa tendenza. Il ricercatore del Massachussets General Hospital di Boston è riuscito infatti a riprodurre per la prima volta gli effetti della malattia sui neuroni in laboratorio, creando un modello umano che permetterà di testare i farmaci senza le limitazioni di quelli animali. Un esperimento interessante, anche se occorre dire che i neuroni utilizzati da Tanzi sono stati ottenuti a partire da cellule staminali embrionali. Quindi sul piano etico discutibile, per il prezzo che comporta. Una volta ottenuti i neuroni sono stati modificati per inserire un gene responsabile della metà dei casi di Alzheimer, e quindi sono stati fatti crescere in laboratorio in un gel. Dopo sei settimane il loro comportamento era quello tipico dei neuroni di un paziente, con le placche e gli ammassi di proteine tipici della malattia. L'esperimento, ha spiegato Tanzi al New York Times, proseguirà con test su oltre 1200 farmaci già conosciuti e usati per altre malattie e su 5mila molecole sperimentali cercando di trovare quelle in grado di fermare la patologia. La speranza è di trovare qualche farmaco di cui sia già stata provata la non tossicità per l'uomo, in modo da accelerare la sperimentazione. "Questo non sarebbe possibile con i modelli animali usati ora - afferma Tanzi - anche solo per il fatto che ogni molecola richiederebbe un anno per essere testata". Oltre ad allungare i tempi il modello di topo usato finora ha delle gravi controindicazioni. "L'Alzheimer si manifesta secondo tre tratti biologici, la deposizione di proteine amiloidi, la neurodegenerazione associata alla proteina tau e poi i sintomi clinici che conosciamo - spiega Giovanni Frisoni, direttore del Centro Nazionale Alzheimer di Brescia e uno dei partecipanti italiani allo Human Brain Project europeo - i modelli di topo che abbiamo hanno solo la prima, o ne hanno due ma che si manifestano in modo diverso rispetto all'uomo. In particolare la neurodegenerazione, che è il fenomeno che ci interessa di più, non viene riprodotta nei topi. Questo è easattamente il modello necessario per testare i farmaci antiamiloide che speriamo rallentino la neurodegenerazione e ritardino o impediscano la comparsa dei sintomi". Lo studio, sottolinea Antonella Prisco del Cnr di Napoli che sta lavorando a un vaccino contro la malattia, è importante anche per un altro motivo. "L'esperimento ha confermato il ruolo dell'accumulo di proteine amiloidi, che ancora è oggetto di studio, riuscendo a vedere il processo nelle cellule - spiega l'esperta -. Un modello come questo non riproduce la complessità di un organismo vivente, ma è importantissimo per accelerare sia la ricerca di base che i test sui farmaci".
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