mercoledì 16 novembre 2022
Un libro di Zanini e Antenucci ribalta i luoghi comuni: credere è desiderabile, non è qualcosa che impedisce di godere l’esistenza, anzi «la fa diventare dono per sé e gli altri»
Venezia: fedele in preghiera a San Marco

Venezia: fedele in preghiera a San Marco - Giorgio Boato

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I due autori, Emiliano Antenucci, frate minore cappuccino e il giornalista Roberto Italo Zanini che si occupa di spiritualità, presentano un percorso, insieme provocatore e liberatore, sostando sui problemi che toccano chiunque oggi si interroghi sulla fede. Sono ben consapevoli che, in altri tempi, il loro lavoro sarebbe stato qualificato pamphlet, in termini quasi negativi, mentre nel loro intento possiede un’altra valenza: «Questo libro (...) nasce dal desiderio di mostrare che una fede pienamente vissuta si traduce in una vita più umana. Anzi, per essere più incisivi nella provocazione, per dire che la fede, come scelta di vita nell’amore e nella libertà, rende un uomo, una donna capaci di incamminarsi sulla strada della piena realizzazione di se stessi e quindi di generare intorno a sé un mondo più umano». Gli autori percepiscono come non solo indagare sulla fede ma chiedere e chiedersi se si ha la fede, lascia quanto meno perplessi e trasportati in un mondo rarefatto che nulla ha da spartire con l’umanità incarnata. Qui la radice della sfida lanciata che crea una risposta attendibile «Ribaltando il comune modo di pensare, avere fede è quindi una condizione desiderabile e non una catena che lega le persone a idee e pratiche superate impedendo di vivere con spensieratezza e di godere della vita». La concretezza del vissuto innervato dalla fede non significa né vaga spiritualità, né superficiale religiosità, perché la fede «fa della vita un dono per sé e per gli altri, perché quando la luce sorge non c’è più posto per le tenebre e anche i coni d’ombra delle istintività si attenuano. È uno stile di vita aperto, per nulla bigotto, perché l’amore dilata il cuore, non lo costringe in aride piccolezze. È libertà di vivere indistintamente spirito e corpo, non separandoli, ma fondendoli nell’unicità del proprio “essere umani”. Non carica pesi sulle spalle degli altri, ma li porta in prima persona e aiuta a portarli. Il suo ruolo nel mondo non è nello sfruttamento, ma nella cura, in favore della bellezza, dell’armonia e dell’utilità di ognuno, perché solo in questo modo partecipa all’azione creatrice di Dio: quel Dio che fin dal primo momento ha scelto per se stesso di “vivere l’essere umano” e di agire attraverso ogni donna e uomo che riconoscono la sua presenza viva nelle loro stesse sembianze, fatte a sua immagine e somiglianza». La provocazione affiora e si impone per il lettore che si lasci guidare in un percorso gioioso ma inesorabilmente decisivo: « Ecco perché queste pagine sono una provocazione. Vogliono parlare di spiritualità per rac-contare della carne, vogliono parlare della carne per dire della spiritualità piena. Non semplicemente facendo scendere il cielo sulla terra, ma attingendo all’essenziale vocazione dell’essere umano di elevarsi fino al cielo. Tutto questo a cominciare dalle cose pratiche, dalla vita di ogni giorno». Le pagine comunicano una certezza, se accettata, capace di trasformazione: « La fede è totalmente gratuita. Esclusivamente gratuita perché semplicemente aperta all’amore gratuito di Dio. La fede cambia la vita perché quell’amore, se ci lasciamo amare, diventa creatore e ci incammina sulla strada della libertà e della piena realizzazione di noi stessi». Sembra di essere giunti alla fine mentre in realtà si è ancora al principio: « E allora, senza timore di ripeterci, è questa la domanda alla quale cerchiamo di dare una risposta: si può ragionevolmente dire che la donna e l’uomo consapevoli di essere di Dio e in Dio vivono più intensamente la propria libertà e generano più umanità?». Libro nato dal percorso di silenzio, di solitudine in ascolto che, di provocazione in provocazione, non scatena tumulti ma diventa un paradosso vivente: « Pregare è il silenzio, è stare alla sua presenza, è lasciarsi amare. Pregare è anche stancare Dio che, come tutti i veri padri e tutte le vere madri, quando i figli insistono alla fine cedono, se è per il loro bene». Nello svolgersi dei capitoli emergono tematiche che affondano la loro urgenza nell’animo della persona e delle sue relazioni. Sempre viste con la duplice ottica di fede e di umanità incarnata, quindi di una realtà indiscutibile appartenente a chiunque. Non poteva mancare la provocazione finale per giungere a godere la pace e contagiare tutta l’umanità, racchiusa in una sola... spazzatura. « La provocazione non è la nostra, è nella crescente quantità, ingombrante e inquinante, di spazzatura in aperta contraddizione con la necessità vitale di eliminare l’inutile, di allontanare l’escremento dalla mia esistenza per renderla “pulita”. E la pace? Anche la pace è il risultato di una pulizia: la progressiva eliminazione dai nostri cuori di ogni bramosia, di ciò che genera conflitto e offusca la luce, che inquina le relazioni e ci allontana dalla sorgente della nostra umanità. Per essere più chiari: fare pace vuol dire produrre spazzatura». L’invito quindi a chi legge è volto ad assumere uno stile di vita “spazzaturiero”.

Oggi a Roma parla il silenzio

Il volume Più fede, più umanità di Roberto Italo Zanini ed Emiliano Antenucci (San Paolo, pagine 144, euro 12,50) sarà presentato stasera alle 18 a Roma presso la libreria San Paolo di via della Conciliazione. Gli autori dialogheranno con il giornalista della Radio Vaticana Fabio Colagrande, coordinatore della “Rete del silenzio”. Zanini è giornalista di “Avvenire”; Antenucci, sacerdote cappuccino, è rettore del santuario della Madonna del Silenzio di Avezzano (Aq), voluto da papa Francesco.

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