venerdì 30 dicembre 2011
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Parlare oggi, almeno nel mondo occidentale, di «onore», significa affrontare l’ironia degli ascoltatori, perlopiù convinti che quella dell’onore sia un’idea definitivamente consegnata al passato, sostituita dai più rispettabili concetti di dignità e tolleranza. Pensare, ad esempio, che in Italia un gentiluomo possa definirsi un «uomo d’onore», può indurre a confondere la mafia con la cavalleria e la società onorevole con l’onorata società. Eppure, anche da noi, è comunemente accettata l’idea che si possa «perdere la faccia», e quindi essere disonorati, per un’azione ritenuta indegna, anche se perfettamente legittima e quindi non sanzionabile. Da questa osservazione prende il via Il codice d’onore. Come cambia la morale (Raffaello Cortina Editore, traduzione di Daniela Damiani, pp. 236, euro 24), avvincente e documentato saggio di uno studioso afro-americano, Anthony Appiah Kwane, professore di filosofia alla Princeton University, incuriosito dall’apparente indecifrabilità dell’idea di onore e dai suoi legami con alcuni grandi cambiamenti nelle consuetudini sociali. Considerato che, nel corso della storia, si sono verificate alcune rivoluzioni morali, che hanno improvvisamente e rapidamente accantonato usi e costumi accettati quando non addirittura incoraggiati da secoli, può essere utile, dal punto di vista dello scienziato sociale, studiare come e perché tali usanze diventano a un tratto disonorevoli. Appiah esplora soprattutto quelli che considera tre punti di svolta nella storia dell’umanità: la soppressione del duello nel mondo occidentale, la fine della consuetudine della fasciatura dei piedi per le donne cinesi e l’abolizione della schiavitù nel Nuovo Mondo. Queste tre circostanze, lontane nel tempo e nello spazio, hanno un sorprendente elemento in comune: al momento della loro scomparsa erano giudicate negativamente già da molto tempo; i duelli erano già considerati irrazionali, la fasciatura dei piedi dolorosa e la schiavitù inumana. Cosa agì, dunque, nelle società del tempo, per diffondere il rifiuto di tali pratiche? Qualcosa di non sempre chiaro e definibile che viene istintivamente chiamato «onore», ossia un’idea condivisa di rettitudine, corrispondente a quella che Aristotele chiama eudaimonia, un fattore morale che – come scrive l’autore – tesse e intreccia le nostre vite. Solo quando una consuetudine non è più giudicata decorosa viene abbandonata, e ciò può accadere per motivi opposti: il duello scompare quando si diffonde tra le classi meno abbienti, e quindi non è più considerato «onorevole» dai veri gentiluomini, mentre la fasciatura dei piedi delle donne cinesi perde attrazione quando viene abbandonata dalle élites. Analizzando quelle che furono vere e proprie rivoluzioni morali, Appiah ambisce anche a suscitare curiosità e interesse per alcune consuetudini attuali che – ci si augura – potranno seguire il destino di quelle che abbiamo abbandonato senza rimpianto. Un primo elenco, tanto per fare qualche esempio, potrebbe comprendere secondo lo studioso americano i divieti imposti alle donne saudite, come quello di guidare; la condizione della donna pakistana, subordinata alla volontà della famiglia; l’eccessivo affollamento delle prigioni statunitensi, che ospitano l’1% della popolazione; l’uso sistematico della tortura contro prigionieri di guerra privati di tale status; la tragica realtà degli allevamenti industriali, dove milioni di animali vivono una breve e dolorosa esistenza. Rimodellare i codici d’onore, mettendoli al servizio del bene, dovrebbe dunque essere un obiettivo condiviso e perseguito da tutti. La diffusione di una diversa concezione dell’onore, che condanni tali consuetudini, potrebbe essere l’unico modo efficiente di contrastarle, un modo sicuramente molto più efficace, concreto e tangibile di tante iniziative astratte basate sugli altrettanto astratti e inalienabili diritti dell’umanità. La conclusione a cui giunge l’autore è molto chiara: nonostante l’inarrestabile progresso dell’umanità e l’inevitabile diffondersi delle buone maniere, l’uomo avrà sempre bisogno di misurarsi con l’idea di onore, che è una delle inclinazioni fondamentali della psicologia sociale umana. Anche quando fossimo indotti a pensare di aver finito con l’onore, ci accorgeremmo molto presto che è l’onore a non aver finito con noi.
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