giovedì 7 gennaio 2010
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Un giovinetto forte e scattante farebbe bene a non prendere sottogamba quel signore di una certa età, dal portamento distinto, che palleggia e fa canestro durante il riscaldamento pre- gara. Potrebbe, l’atletico adolescente, rischiare una figura barbina dopo la palla a due d’inizio e le prime azioni giocate. Era il 1955 quando quel signore dal portamento distinto, Aldo Ossola, veniva battezzato al fuoco di un campionato agonistico ( categoria Allievi della Federazione italiana pallacanestro), sulle promettenti spalle la canottiera della Robur et Fides Varese. È la stagione 2009-10 e Aldo Ossola, inossidabile classe 1945, gioca ancora. Sulla strada del 65° anno, quando tanti dei suoi coetanei si lamentano degli acciacchi stando pigramente seduti sulla panchina di un parco, quello che fu il playmaker della Varese vincitutto in Italia e in Europa, la famosa ' Valanga gialloblù', calca ancora i parquet. Ossola taglierà prestissimo il traguardo del 56° anno di vita agonistica. Forse, o senza forse, un record mondiale. Certo accanto a lui non ci sono più Manuel Raga, l’azteco volante, o l’elegante e infallibile tiratore Bob Morse e neppure Dino Meneghin, ma la sua regia è sempre da von Karajan, i passaggi illuminanti e ispirati, i fondamentali scintillanti e la vis pugnandi mai doma. « Non mi va di cedere, mai. Anche se di fronte ho giocatori molto più giovani di me e che corrono molto di più di quanto faccia io. Poi l’indomani non mi alzo dal letto... » , esclama ridendo. La sua squadra è lo Sporting Varese e milita nel campionato di Prima Divisione. « Mi diverto ancora moltissimo – prosegue – e non solo a giocare, ma anche ad allenarmi. Ho smesso di giocare in serie A che avevo 35 anni, perché ero un po’ cotto sul piano nervoso: tutti si aspettavano sempre che vincessimo. Ero stanco di ciò. Ma amavo troppo giocare e ho continuato nei campionati minori» . Amatoriali sì, ma agonistici « Non mi sembra neanche vero che sia passato tutto questo tempo » . Non gli vengono però riservate più attenzioni speciali. « Una volta era molto diverso – dice Ossola – Ma è normale e comprensibile, i giovani non devono necessariamente sapere di me. Diciamo che sono più gli allenatori a ricordarsi del sottoscritto » . Il vecchio campione dallo spirito sempre verde confessa che la palla a spicchi lo emoziona ancora e che non ha alcuna intenzione di smettere. « Il campionato di Prima divisione è perfetto perché si gioca da gennaio a maggio, così abbiamo tutto il tempo di prepararci nel migliore dei modi e, come le ho detto, a me piace moltissimo allenarmi » . Quindi, superata la debita visita d’idoneità agonistica, presto rivedremo in campo il playmaker che faceva muovere e girare la sua squadra come un prezioso orologio: « Una malattia cronica quella del passaggio » , conferma compiaciuto. Nei ranghi dello Sporting gioca anche il figlio di Ossola, Emanuele, play anch’egli. Chi gioca di più fra lei e il papà? « Diciamo che lui deve giocare subito, quand’è caldo, quindi già dopo il riscaldamento. E poi non vuole più uscire... » . Impagabile Aldo.
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