martedì 29 settembre 2009
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In quanto un comico, si spera che il suo debutto non faccia ridere. Ma lui, Antonio Alba­nese ( nella foto), popolare volto televisivo, teatrale nonché cine­matografico, prende le cose mol­to sul serio. Tanto più che il luogo che lo attende è di quelli che fa­rebbero tremare le vene dei polsi a molti. Il 4 ottobre, domenica prossima, debutterà al Teatro alla Scala ( il tempio mondiale della musica) con la sua prima regia nella lirica. Il titolo scelto è Le con­venienze ed inconvenienze teatra- li, un’opera di Gaetano Donizetti di rara esecuzione ( scritta nel 1827, è la prima che risuona sotto le volte del Piermarini) che resterà in cartellone fino al 14 ottobre per andare poi in tournée in Dani­marca a fine mese. Albanese è chiamato a dirigere venti cantanti solisti, sia italiani che stranieri, che con questa rap­presentazione concludono il loro biennio all’Accademia Teatro alla Scala. Debutto anche per otto mu­sicisti egiziani della West Eastern Divan Orchestra, la compagnia fondata da Daniel Barenboim ed Edward Said, chiamata a integrar­si per l’occasione nelle file del­l’Orchestra della Scala. « Con la lirica ho rappor­ti molto leggeri » ha am­messo l’attore: « non la frequento da molto tem­po e spesso sono uscito a metà delle rappresen­tazioni che mi annoiava­no. Anzi non capisco perché non lo facciano tutti...». Poi però ha aggiunto di apprezzare molto quest’opera buffa « bella e un po’ sottovalutata. Mi ha ecci­tato in modo sorprendente: ci la­voro da un mese, ogni giorno, e non sono stanco! E questi ragaz­zi, svegli e intelligenti, hanno co­sì tanta energia da poter dare lu­ce a tutto l’edificio » . Albanese ha detto di aver cercato una «sana via di mezzo » tra la tradizione e gli sperimentalismi che popolano («e affliggono: siamo stufi di vedere don Giovanni che entrano in sce­na su una Harley Davidson! » ) le regie più recenti nei teatri d’ope­ra. Il soggetto è di quelli che manda­no in sollucchero in cultori del metateatro. La scena si apre infat­ti in un teatrino di sapore goldo­niano, dove si prova un’opera se­ria. Ma litigi tra prime donne, ma­dri insopportabili, fughe improv­vise di musici e cantanti, tenori stonati e impresari in difficoltà con i conti, finiranno per manda­re tutto in malora. Un impianto farsesco che sembra pensato ap­posta per la vis comica di Antonio Albanese. Il quale ha scelto di combinare uno spazio scenico « minimalista e senza tempo » ( il palco si stende su una spiaggia) e solisti vestiti negli abiti del 1827. «Ho lavorato molto sul gesto e sul­la fisicità. I cantanti, inoltre, non resteranno in scena solo durante le loro parti ma – ha detto – vivo­no la scena insieme, in modo co­rale. In questo modo hanno lo spazio per sviluppare e mantene­re il personaggio fino in fondo » . Anche nell’esecuzione della parti­tura, « ci siamo mossi nel rispetto dell’opera – ha detto il direttore d’orchestra Marco Guidarini – senza forzature, alleggerendo il te­sto, componendo un piccolo mes­saggio di citazioni con leggerez­za » . Il gioco parodico è presente d’altronde nell’originale donizet­tiano, che si diverte a prendere in giro il collega Rossini e la « Canzo­ne del salice » dal suo serissimo O­tello . «L’opera deve continuare a vivere – ha aggiunto infine, augurando­si che questa non sia la prima e ul­tima esperienza in questo campo –. Aspetto nuove opere, nuove produzioni, senza bisogno di stra­nezze o capricci. Serve un fer­mento, che nella drammaturgia manca da una decina d’anni, nel­l’opera c’è più aiuto. Noi italiani siamo gli inventori della comme­dia dell’arte. È evidente che ab­biamo una particolare predispo­sizione. Del resto, lo vediamo tut­ti i giorni, no? » .
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