venerdì 30 agosto 2019
Dopo "La bicicletta verde" con "The perfect candidate" - in concorso - la regista racconta la battaglia per spezzare le antiche logiche del sistema patriarcale nella società saudita
La regista Al-Mansour infrange i tabù arabi su donne e politica
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Nel 2012 era arrivata alla Mostra del Cinema di Venezia con il suo primo film, La bicicletta verde, proposto nella sezione Orizzonti, entrando nella storia del Festival come la prima donna saudita a dirigere un film. Da allora molte cose sono cambiate e ieri Haifaa Al Mansour ha presentato al Lido il suo nuovo film, The Perfect Candidate, che racconta i cambiamenti di una società dov’è in corso un’importante battaglia per spezzare le logiche del sistema patriarcale.

Se nel film precedente la lotta per l’emancipazione femminile passava per l’acquisto di una bicicletta, questa volta la protagonista, Maryam (Mila Al Zahrani), è una giovane e ambiziosa dottoressa che ogni giorno lotta per farsi accettare e rispettare da colleghi e pazienti uomini. Quando a causa di un equivoco si iscrive tra i candidati alla carica di sindaco della sua città, approfittando dell’assenza del padre, impegnato nel primo tour musicale consentito in Arabia Saudita dopo molti anni, e della complicità delle sorelle, Maryam comincia a progettare una campagna elettorale puntando sulla ricostruzione della strada che conduce all’ospedale. Ma più si scontra con le barriere culturali e religiose che impongono alle donne ruoli tradizionali, più la giovane donna scopre il gusto della sfida.

Il percorso intrapreso dalla protagonista diventa così il modo per sottolineare con passione e ottimismo il ruolo positivo che le donne saudite possono avere nella società incoraggiandole a prendere in mano il proprio destino per migliorare anche quello degli altri. Perché se sono soprattutto gli uomini a disprezzare l’intraprendenza dell’aspirante sindaco, non sono poche le donne chiamate a mettere da parte le proprie diffidenze contro la spudoratezza di chi non accetta il ruolo subalterno stabilito dalla società conservatrice, non ancora pronta ad accettare la prima donna all’interno dell’amministrazione comunale.

«Oggi la società saudita è più aperta – spiega Al-Mansour – accetta le donne che fanno le registe e concede spazio alle arti. Io provengo da una famiglia che ha sempre celebrato le arti anche quando non erano ufficialmente accettate. L’arte rende la società più tollerante, il cinema è un importante strumento di cambiamento e nel mio paese la gente ama andare a vedere film, soprattutto le donne. Ma è una società ancora conservatrice e le stesse donne sono ancora riluttanti ad accettare un ruolo più attivo. Spero dunque che film come questo possano mostrare quanto sia importante, al di là dei fallimentari risultati iniziali, dare il via al processo di cambiamento e modernizzazione ». E, non riuscendo a trattenere le lacrime, aggiunge: «Le donne sono costrette a lottare più duramente per conquistare quell’autorevolezza che invece si riconosce più facilmente negli uomini. La gente crede negli uomini, mentre le donne suscitano scetticismo. È dunque necessario coltivare il senso di sorellanza in tutto il mondo per aiutare le giovani generazioni».

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