domenica 17 settembre 2023
Al breve libro biblico è dedicato uno studio di Moro che dall’interesse del profeta per la ricostruzione del Tempio apre al grande tema della relazione di vita fra Dio e il suo popolo
Aggeo in un'icona russa del XVIII secolo

Aggeo in un'icona russa del XVIII secolo - WikiCommons

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Uno dei grandi temi della Bibbia è certamente quello della casa di Dio. Dall’Esodo in cui Dio stesso descrive a Mosé come deve realizzare la tenda dell’alleanza e come in essa deve collocare l’Arca, al primo libro dei Re (ma anche il secondo delle Cronache) in cui si racconta come viene costruito il tempio di Salomone. E poi Gv 2,19 in cui Gesù stesso rispondendo a una provocazione farisaica afferma: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo ricostruirò ». La casa di pietra, il Tempio fatto da mani d’uomo e la casa non fatta da mani d’uomo, che è Cristo stesso. E in lui anche noi siamo tempio, pietra viva della sua Chiesa. Interessante è il ruolo che la casa del Signore assume nei testi profetici. In seguito alla conquista di Gerusalemme nel 598 a.C. e alla distruzione del Tempio di Salomone, alcuni profeti affrontano il tema della ricostruzione.

In una grande visione Ezechiele descrive come dovrà essere costruito il nuovo tempio, fin nel dettaglio delle misure. Qualche decennio dopo Zaccaria e Aggeo, con la fine dell’Esilio, si preoccupano di sottolineare l’urgenza spirituale e sociale di costruire un tempio nuovo. In Aggeo questo intento acquista caratteristiche di modernità, oltre che di apertura all’idea neotestamentaria del tempio non come luogo fisico, di pietra, per il culto del popolo eletto, ma luogo in cui si realizza la comunione d’amore fra Dio e l’uomo, passo indispensabile per il compimento del mondo nuovo, promessa di pace (lo shalom) che abbraccia tutti i popoli. È la rinascita della comunità umana nella fede, che si realizza aprendo i cuori all’azione di Dio. Quel Dio che per Ezechiele è capace di rinnovare i cuori induriti come pietre, trasformandoli in cuori umani che, come si leggerà più tardi nella prima lettera di Pietro, sono elementi essenziali della nuova costruzione spirituale: «pietre vive» così come Cristo è «pietra viva».

Al libro di Aggeo è dedicato uno studio di Vincenzo Moro: Aggeo. Il coraggio della rinascita (Edb, pagine 166, euro 18). Agile e vivace, come i pochi versetti del testo biblico (fra i primi nella classifica dei libri più corti della Bibbia), fa ben emergere le ragioni teologico-spirituali del messaggio profetico, unite indissolubilmente a quelle politico-sociali. Fra gli ebrei che tornano a casa dopo l’esilio babilonese e coloro che invece sono rimasti a Gerusalemme è infatti maturata una evidente discrepanza sul modo di intendere la fede al Dio dei Padri e su come debba essere costruita su di essa l’identità del popolo eletto. Una conflittualità che rende evidente ad Aggeo la necessità di coagulare sforzi e idee intorno alla costruzione del tempio quale elemento di unità spirituale e di identità politica.

La sua predicazione si muove su entrambi i binari e lui stesso assume simultaneamente i toni del capopopolo e quelli, per dirla col salmista, del profeta “divorato dallo zelo per la casa del Signore”. Per Aggeo, quindi, il tempio ha un forte valore simbolico e identitaria. Questo è ciò che a lui preme sottolineare: solo intorno al tempio il popolo di Dio può sanare le ferite inferte da Nabucodonosor e ritrovare l’antica compattezza. Eppure, il suo testo è impregnato di valori e di sguardi spirituali tali da renderlo universale. Vi si sottolinea, infatti, che finché il popolo non tornerà a porre Dio al centro dei suoi interessi resterà una comunità di “impuri”.

Solo con la conversione, quindi col ritorno a Dio e alla relazione d’amore con lui (personale e comunitaria), ci si può liberare dalla vera schiavitù, quella che incatena l’uomo alla sua superbia. Perché è il ritorno a Dio che consente di fare del bene comune un valore prioritario rispetto all’interesse privato. Solo in Dio si costruisce il popolo, la nazione e anche la comunità fra le genti. La promessa messianica e la pace che ne consegue, lo shalom, per Aggeo non riguarda solo Israele, ma si estende a tutti i popoli. E del resto non è solo lui fra i profeti a sottolinearlo, come si legge anche in Isaia (56,7): «La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli». Un messaggio di salvezza universale, quindi. Ma anche una visione spirituale costruita sul presupposto, anzi, sulla certezza che Dio non abbandona il popolo, attende solo di essere liberamente interpellato per poter partecipare alla vita comune, all’edificazione della sua casa, regno di amore e di benessere.

Il Dio di Aggeo vuole lavorare insieme all’uomo mettendo a disposizione le risorse che solo a lui appartengono (Ag 2,6-8) e ambisce a diventare il Dio con noi: «Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria» (Ag 1,8). Da una parte il desiderio degli uomini, come nel Salmo 27: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco, abitare nella casa del Signore tutti i giorni d ella mia vita ». Dall’altra il desiderio di Dio: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti... Io vado a prepararvi un posto»(Gv 14,2).

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