giovedì 8 settembre 2022
Lo scrittore a Mantova: "La memoria, possiamo dire, è una forma della finzione. I ricordi disegnano la mappa delle nostre fantasie"
Adrián N. Bravi

Adrián N. Bravi - Nutrimenti

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Una storia di formazione, una cronaca di viaggio, un romanzo ambientato nel Cinquecento con temi attuali come la migrazione, il radicamento, la ricerca di un mondo adottivo, la lingua e le sue connessioni con l’immaginario collettivo, ma anche un libro che parla del senso profondo per la nostalgia, con una riflessione su linguaggio, società e famiglia. Sono queste le fondamenta su cui è costruito Verde Eldorado di Adrián N. Bravi, appena uscito per Nutrimenti. Protagonista del romanzo è il veneziano Ugolino, sfigurato da un incendio e imbarcato sulla nave di Sebastiano Caboto dal padre, che non vuole più vederlo così, ma saranno proprio quelle cicatrici che lo salveranno nel Nuovo Mondo, perché agli occhi degli indios lo renderanno una creatura risparmiata dalle divinità del fuoco. Bravi sarà ospite del Festivaletteratura domani all’Auditorium del Conservatorio Campiani e sabato a Palazzo Ducale.

Tutti temi che lei affronta sono attuali anche oggi.

Provengo da una famiglia che dall’inizio del Novecento fa la spola tra l’Italia e l’Argentina per cercare un nuovo radicamento e io stesso, l’ultimo anello di questa catena familiare, mi sono imbarcato per trovare un luogo d’adozione. In questo senso, Ugolino, il protagonista del libro, mi somiglia, perché anche lui attraversa l’oceano alla ricerca di qualcosa che ancora non conosce. Non sa quale destino lo attende, come non lo sapevo io quando mi sono lasciato l’Argentina alle spalle.

C’è poi il rapporto con il mito: soprattutto con l’Eldorado.

È all’incirca negli anni in cui è ambientato il libro che nasce l’idea di un posto misterioso pieno di ricchezze. Caboto parte per le spezierie (le isole Molucche) e solo dopo aver trovato alcuni naufraghi della spedizione precedente decide di cambiare rotta e puntare le prue verso altre destinazioni, alla ricerca d’oro, argento e pietre preziose. Ci sono stati tanti Eldorado nel corso della storia della conquista. Ugolino ne scoprirà uno in mezzo al verde della foresta, forse il miglior Eldorado che gli poteva capitare, secondo lui.

Un altro tema del libro è il potere dell’immaginazione.

L’immaginazione ha sempre avuto una funzione mediatrice, in quanto facoltà che media tra i sensi e l’intelletto. Dunque, non possiamo separarla dalla realtà e relegarla su un piano meramente introspettivo.

Il suo è anche un omaggio allo scrittore argentino Saer.

Con Verde Eldorado proseguo una storia, quella di Francisco del Puerto, raccontata da Saer in El entenado (in italiano, L’arcano). Non esagero se dico che dopo Borges e Roberto Arlt, Saer sia stato uno dei maggiori narratori sudamericani. Sono molti gli scrittori che non mi stanco di leggere, come Juan Carlos Onetti, ma credo che attualmente i libri più interessanti in Argentina li stiano scrivendo le donne: María Moreno, María Teresa Andruetto, Selva Almada, Samanta Schweblin, Mariana Enríquez, Gabriela Cabezón Cámara, Aurora Venturini, Hebe Uhart.

Nel suo libro si parla anche di memoria e tempo.

La memoria, possiamo dire, è una forma della finzione. I ricordi disegnano la mappa delle nostre fantasie. Per Ugolino la lontananza è una corda che lo lega a un tempo che è dentro di sé, che diventa ricordo, immagine, nostalgia. Il viaggio verso l’ignoto, la possibilità di ricominciare, sono risorse eccezionali, che però richiedono altro.

Che ruolo ha la fede in questo?

Varcare le colonne d’Ercole significava avventurarsi nell’ignoto e mettersi alla ricerca del proprio paradiso. Ugolino non sapeva, non poteva sapere cosa l’aspettava. Come l’Ulisse di Dante, ha sfidato anche lui le acque e l’ira divina, e alla fine un suo paradiso pare che l’abbia trovato. Non so se la fede, intesa come credenza di una testimonianza rivelata, abbia contribuito. Di sicuro, in quanto lettore di Giovanni Scoto Eriugena, sapeva che ogni cosa, per quanto insignificante, è l’espressione di Dio. Borges ha scritto che il nostro destino è tragico, perché siamo, irreparabilmente, individui, prigionieri del tempo e dello spazio, quindi non può esserci nulla di più affascinante di una fede che elimina le circostanze e dichiara che ognuno di noi è parte di un tutto.

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