venerdì 16 aprile 2010
I funerali verranno trasmessi domani mattina in diretta su Canale 5. Fila ininterrotta per dare l'ultimo saluto. Il pubblico non l'ha mai percepito come uno famoso, ma come una persona che aveva portato la sua famiglia nella casa degli italiani.
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    I funerali di Raimondo Vianello verranno trasmessi domani mattina in diretta su Canale 5. Gli spettatori, come confermato da Mediaset, potranno assistere alla cerimonia nello Speciale Tg5. I funerali saranno celebrati da monsignor Carlo Faccendini domani alle 11 nella chiesa di Dio Padre a Segrate. Mentre arrivano ininterrottamente da stamani per dare l'ultimo saluto a «un grande, capace di farci sorridere, senza mai essere volgare», come spiega una signora. È il pubblico di Raimondo Vianello, che dalle 11 di oggi si è messo in fila davanti agli studi di Mediaset, dove è stata allestita la camera ardente dell'attore. «Mi ha divertito tantissimo quando ha fatto Sanremo -  ricorda Maria Antonietta, baby sitter di Cologno Monzese - insieme a Sandra mi ha fatto compagnia tante volte, facendomi sentire come fossi a casa loro». «Per noi che siamo cresciuti con Casa Vianello, è come se fosse morto un nonno», dicono Concetta e Massimiliano, una coppia di trentenni, che arriva accompagnata dalle figlie, una di pochi mesi. In fila tante chiome bianche che ricordano gli inizi della carriera del comico. «Era elegante, piacevole da ascoltare», dice Roberto, pensionato di Cernusco sul Naviglio. «Insieme a Tognazzi e Walter Chiari ha fatto spanciare dal ridere la mia generazione». In tanti rivolgono un pensiero alla moglie Sandra, a cui una signora lascia una lettera accanto al registro per le firme. «Le sono vicina, perchè so cosa vuol dire perdere l'amore di una vita».La notizia della scomparsa. Si coglieva un’ombra di mestizia, sui tram e nei supermercati, nelle sale d’attesa e negli uffici, dove la gente già ieri mattina commentava la notizia della morte di Raimondo Vianello, avvenuta all’ospedale san Raffaele di Milano intorno alle sette. Come per la perdita di un amico, di una persona con la quale si aveva confidenza e di cui si aveva stima: non un "famoso", di quelli che ora la tv ripropone con insistenza importuna, ma una persona stimata e apprezzata.«Un vero signore» era la definizione più frequente, a siglare una presenza, nelle case degli Italiani, che dagli Anni Cinquanta  aveva portato al sorriso, con calma pacatezza all’inglese, in programmi amati dal pubblico e destinati, con sollecito rispetto, a un ascolto familiare non invadente.Attore per caso, dopo essersi laureato in giurisprudenza e aver aderito, da bersagliere, alla Repubblica Sociale – il che gli valse l’internamento a Coltano all’arrivo degli Alleati – il figlio dell’ammiraglio Guido Vianello, che lo voleva diplomatico, cresciuto a Spalato e appassionato di sport (fu atleta e dirigente del Centro Nazionale Sportivo Fiamma e poi, dal 1991 per otto anni, conduttore del settimanale sportivo di Italia 1, Pressing). Ma la partecipazione a una rivista satirica di Garinei e Giovannini, Cantachiaro 2 gli aprì una lunga e fruttuosa carriera in teatro, al cinema – cinquanta film, alcuni con Totò, di non rilevante merito ma di buon successo popolare –  e infine nella tv, che lo portò alla simpatia costante del grande pubblico.Per cinquant’anni Vianello fu, prima in Rai e poi, dal 1982, in Mediaset, un maestro della risata, con un suo stile misurato in cui l’ironia prevaleva sull’umorismo più aperto, ma in cui la parodia – non l’imitazione – toccava con punte aguzze personaggi noti, come, nel 1959, nella fulminante scena della caduta del presidente Gronchi, alla Scala, che valse a lui e a Ugo Tognazzi, in epoca di diverse suscettibilità e reazioni,  la sospensione del programma seguitissimo, Uno due tre, una antologia di scenette magistrali che evitavano l’umorismo da sghignazzo e la volgarità aggressiva.Una lunga vita di lavoro vissuto con signorile distacco e una magnifica autoironia, in cui si univa a lui, per cinquant’anni di vita e di lavoro in comune, la moglie Sandra Mondani, con la quale inventò la fortunatissima commedia seriale Casa Vianello destinata a diventar paradigma succoso e divertente della vita quotidiana nel matrimonio. Bisticci e risate, battibecchi e pacificazioni, stoccate e sorrisi: un matrimonio nel quale, chi più chi meno, per decenni si sono specchiati mariti e mogli di ogni età, a celebrare unione solide e saldi principi, in un clima che stava invece conducendo a crisi e fratture. E ieri mattina c’era lei, Sandra, sofferente e disperata, ad accompagnare il marito nell’ultimo «arrivederci»: vicina a lui come lo è stata per tanto tempo davanti alle telecamere, scambiando frecciate e battute, in una presa in giro reciproca senza smancerie. Ma chi li ha visti da vicino rammenta, nelle conferenze stampa che presentavano i loro programmi, i gesti gentili, quasi casuali, che Raimondo le dedicava con affettuosa cortesia (un foglio caduto e raccolto, la porta tenuta aperta, lo sguardo attento alle sue parole con apparente distrazione). E molti ricorderanno, oltre al Festival di Sanremo che Vianello presentò nel 2008, l’ultima apparizione dei due riuniti in Crociera Vianello un addio sorridente alle scene che Sandra doveva lasciare per l’incombere della malattia. Non «che barba che noia», come nel tormentone che segnava l’avvio della notte in Casa Vianello, ma sommessa commozione e sorrisi coraggiosi, che offrivano agli spettatori un’emozione contenuta. Così come era contenuto lo stile di Raimondo Vianello, quello che già ieri mattina tutti citavano come «un vero signore»: un personaggio che entrava nelle nostre case con rispetto, con un piglio deciso ma con la difesa dell’autoironia che precedeva le battute e le risate, un personaggio amicale al quale idealmente veniva da  offrire un simbolico caffè e che si ritraeva, con istintivo distacco che poteva anche esser timidezza e non solo ritegno, quando le domande dei giornalisti travalicavano l’invisibile ma fermo limite della discrezione e si salvava dall’imbarazzo e dal fastidio con una pronta battuta ad effetto.Arrivederci, signor Vianello: con il «grazie» di tanti che hai fatto ridere con intelligenza e arguzia, senza offendere mai ma portando lampi di allegria: non solo «famoso» – termine al quale non avresti certamente tenuto – ma soprattutto amico.
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