mercoledì 13 dicembre 2023
Morto il capitano e bandiera del club partenopeo negli anni '60 e '70. Con il quale sfiorò lo scudetto nel '75. Con la Nazionale vinse gli Europei del '68. Da dirigente portò sotto il Vesuvio Maradona
Antonio Juliano con l'amico Dino Zoff ai tempi in cui entrambi giocavano nel Napoli

Antonio Juliano con l'amico Dino Zoff ai tempi in cui entrambi giocavano nel Napoli - ANSA

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Il Napoli piange "Totonno" Juliano, centrocampista e capitano degli azzurri per 12 stagioni negli anni '60 e '70, che poi da dirigente portò all'ombra del Vesuvio Ruud Krol e Diego Armando Maradona. Antonio Juliano si è spento oggi in ospedale, dove era ricoverato, all'eta' di 80 anni. La Figc ha disposto un minuto di raccoglimento prima delle partite del weekend. «Per due decenni è stato "il Napoli"», ha sottolineato in una nota il club che lo ha definito «indimenticabile capitano ed eterna bandiera azzurra». Nato il giorno di Santo Stefano del 1942, Juliano aveva iniziato a giocare a calcio in strada nella sua San Giovanni a Teduccio prima di approdare al vivaio del Napoli da un'esperienza alla Fiamma Sangiovannese. L'esordio in A arrivò nel 1963, quando Petisso Pesaola lo fece debuttare contro l'Inter nell'anno della retrocessione in Serie B, ma nel 1965 contribuì al ritorno dei partenopei nella massima serie. Centrocampista elegante, generoso e diligente, indossò la maglia azzurra del Napoli (oltre a quella della Nazionale con 18 presenze e il titolo di campione d'Europa nel 1968) per 17 stagioni e in ben 394 partite, segnando 26 reti. Nel 1975 sotto Luiz Vinicio sfiorò anche uno scudetto poi vinto dalla Juve di "core 'ngrato" Altafini, e conquistò due Coppe Italia (1962 e 1976). ​Dopo aver chiuso la carriera al Bologna, nella stagione 1978-79, diventò direttore generale del Napoli di Corrado Ferlaino andando a pescare l'olandese Krol nel suo autoesilio in Canada e poi convincendo Maradona a lasciare il Barcellona. Finita la carriera da dirigente, è stato opinionista per diverse tv private. Ripubblichiamo di seguito un'intervista rilasciata ad "Avvenire" il 1° marzo 2013. Un colloquio dal quale emerge la sua grande umanità.


«Quando vincevamo, da capitano del Napoli avevo introdotto la regola che una parte dei premi partita andassero alle "basse forze", ai magazzinieri, ai massaggiatori, insomma a tutti quelli che a differenza di noi calciatori vivevano con stipendi da operai...». il ricordo di Antonio Juliano, classe 1942, il "Totonno" azzurro (394 presenze nel Napoli secondo solo a Bruscolotti tre Mondiali con la Nazionale, campione d'Europa nel '68 e vicecampione del mondo a Messico '70) in questa vigilia calda della sfida scudetto Napoli-Juventus che va in scena stasera al San Paolo. Uno spettacolo che ha avuto il suo prologo nell'adunata oceanica che Napoli l'altro giorno ha tributato al re, Diego Armando Maradona. Un trionfo quello del "Pibe" scortato dalla polizia, nonostante che (pare) debba ancora al Fisco 40 milioni di euro. Ma per i napoletani, come direbbe Totò, queste sono quisquilie, pinzillacchere. normale dice Juliano che la gente gli perdoni tutto. Diego, come Sivori, sono giocatori baciati da Dio che nascono una volta ogni trent'anni e regalano emozioni e gioia infinita al popolo. Maradona in più di Sivori o del sottoscritto, ha regalato anche il primo storico scudetto a questa città. Un'emozione unica, che non dimenticherà mai». Juliano quello scudetto da giocatore lo ha sfiorato un paio di volte e gli è sfuggito anche da dirigente, nonostante sia stato lui, nell'estate del 1984, a portare Maradona sotto il Vesuvio. «Quella trattativa con il Barcellona fu estenuante, mi fece venire l'esaurimento. Come convinsi Maradona? Gli parlai del calore unico che possiede e trasmette la gente di Napoli e non penso di averlo ingannato visto che trent'anni dopo continua a toccarlo ancora con mano. Per la passione che ha verso il calcio questa città meriterebbe gli stessi scudetti della Juventus». E invece, nella stagione 1974-'75 fu proprio la Juve a strappargli un tricolore quasi cucito sul petto. «Eravamo arrivati a un punto dalla Juve quando ci presentammo a Torino e perdemmo 2-1. Segnò Causio, poi ci fu il mio pareggio, ma alla fine arrivò la mazzata, il gol dell'ex, Altafini. La differenza però in quel campionato (il Napoli chiuse a 2 soli punti dalla Juve) la fece un altro nostro ex, Dino Zoff. Noi in porta avevamo Mattolini, la Juve il numero 1 assoluto che sette anni dopo ci fece vincere i Mondiali di Spagna». Ma allora è vero che la differenza la fanno i portieri? «La Juve attuale è la squadra più forte e lo sta dimostrando da due anni a questa parte, ma è un fatto che il confronto tra De Sanctis e Buffon è tutto a nostro svantaggio». Messa così, sembra una gara già segnata per manifesta superiorità della capolista. «No, il Napoli non è solo Cavani corregge Juliano ed è assolutamente competitivo e ben guidato: Mazzarri assieme a Conte è il miglior tecnico italiano in circolazione. Il nervosismo continuo di Mazzarri? Potrebbe essere interpretato in due modi: o la richiesta di migliorare questa società per ben figurare anche in Europa da dove siamo usciti ancora, oppure la presa di coscienza che più del lavoro straordinario che ha fatto fino ad oggi non può fare, e magari pensa di poter andare a vincere qualcosa di importante altrove...». La sensazione è che comunque al Napoli manchi ancora qualche tassello per completare il mosaico. «Io avrei preso un giocatore di esperienza internazionale tipo Lampard. Al Napoli comunque manca uno come Pirlo, alla sua età è ancora il più grande centrocampista del mondo. Ma questi colpi alla Juve ci pensano a farli, da noi un po' meno». E qui bisogna chiamare in causa il patron del Napoli. E sorge spontanea la domanda: come mai Juliano non è nello staff dirigenziale del club di Aurelio De Laurentiis? «Il Napoli, anche in passato, mi ha sempre chiamato solo nelle situazioni d'emergenza. Oggi ogni volta che accendo la tv vedo De Laurentiis, e credo la sua signora, che esulta da quella tribuna vip del San Paolo dove non c'è mai un ex giocatore del Napoli. Eppure a parte Juliano, sono tanti quelli che hanno fatto la storia di questa società. Negli altri club, al Milan, all'Inter e alla stessa Juventus mi pare che esista ancora il rispetto per le "vecchie bandiere". Mi devo consolare che questo Napoli non chiama neppure Maradona?». Un club quello partenopeo, comunque risanato e distante dal "messico napoletano" degli anni ('80-'90 in particolare) in cui la camorra (pare) allungasse le sue mani sporche anche sul calcio. Però, ciclicamente riaffiora l'ombra delle combine. «Quando giocavo io, la parola camorra non era contemplata. Le combine mai fatte, qualche accordo tacito per partite a fine campionato quello sì. L'ho anche raccontata di recente a un convegno di magistrati (presente anche il Procuratore della Figc, Stefano Palazzi, ndr) la storia di quel Napoli-Milan stagione 1977-78 in cui con Rivera decidemmo di fare 1-1. Il pari mandava entrambe le squadre in Uefa, risultato: gol di Bigon per loro e al 90', come da copione, per noi pareggia Vinazzani che credo sia stata l'unica volta che abbia segnato di testa in vita sua. Rivera non ricorda e si è arrabbiato? Beh si vede che gli ha dato fastidio che ho detto la verità. E io quella la dico sempre...». E allora sarà vero che da sempre gli arbitri soffrono di "sudditanza psicologica" nei confronti della Juve? «Gli arbitri questo stato d'animo lo manifestano non solo con la Juve, ma con tutte le grandi. Il Napoli nella sua storia ha avuto il torto di stare sempre un passo indietro a queste e quindi ha pagato, come tutte le altre squadre, certi arbitraggi che ci sono stati, ci sono e ci saranno ancora, perché è nel dna italiano cadere in tentazione quando si presenta la possibilità». Quella odierna per il Napoli è invece forse l'ultima possibilità per tentare l'aggancio al primo posto. «Se non li battiamo sarà quasi impossibile recuperare lo svantaggio. Vorrei che i giocatori del Napoli scendessero in campo con lo spirito che avevamo noi negli anni '70, quando potevamo anche retrocedere in B, ma la gente c'avrebbe perdonato tutto se solo avessimo battuto la Juve. E stavolta vincere vorrebbe dire qualcosa di più che salvare una stagione...».

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