sabato 5 maggio 2018
Fabrizio Benente dell’Università di Genova: «Oggi un milione di turisti all’anno anche grazie al contributo degli scavi italiani: era esempio di cosmopolitismo»
Una veduta aerea di Akko, l'antica Acri, ultimo caposaldo del regno crociato caduto nel 1291

Una veduta aerea di Akko, l'antica Acri, ultimo caposaldo del regno crociato caduto nel 1291

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Quando il 28 maggio 1291 Acri assediata cadde definitivamente nelle mani dei Mamelucchi, ponendo fine in modo drammatico alla presenza militare crociata in Palestina, nessuno avrebbe immaginato che oggi la città sarebbe stata presa d’assalto da “orde” di turisti in maglietta, braghe corte e cappellino. La città vecchia di Akko, patrimonio dell’umanità per l’Unesco dal 2001, oggi è visitata da un milione di turisti all’anno, e in pochissimo tempo si è piazzata fra i siti più visitati di Israele. Questo dopo che il ministero israeliano del Turismo e la Compagnia per lo Sviluppo della Città vecchia di Acri hanno deciso dal 1994 un ampio progetto di rivalutazione della città, con importanti lavori di scavo, restauro e valorizzazione dei siti di epoca crociata e ottomana.

Una parte di quell’atmosfera ancora è presente in una cittadina dove convivono pacificamente arabi, ebrei e cristiani, e dove il profumo delle spezie del suk si confonde con quello della salsedine e del pesce che arriva ogni giorno nel piccolo porto, sorto sulle rovine di quello che fu uno degli scali principali del Mediterraneo orientale. «La sfida, oggi, è però quella di equilibrare le esigenze del turismo con quelle dello studio e della storia, per non snaturare la città. Per questo è importante il lavoro di mediazione che stiamo facendo da anni noi archeologi», spiega Fabrizio Benente dell’Università di Genova, direttore del Museo archeologico di Sestri Levante, che da dodici anni lavora agli scavi nel quartiere genovese di Akko. Oggi presenterà i risultati alle giornate di Archeologia e storia del Vicino e Medio Oriente 2018, in corso il 4 e 5 maggio presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano. «L’archeologia continua a svelare tutto il passato di Akko. Scavi estensivi, mostre di sicuro fascino, itinerari archeologici di grande presa sui visitatori, pubblicazioni e ricerche, l’apertura del Centro Internazionale di restauro “Città di Roma” (nato con un forte contributo italiano) – prosegue –: Acri oggi è tutto questo e grazie all’attività dell’Autorità Israeliana per le Antichità sta diventando un luogo centrale per lo sviluppo della cosiddetta “archeologia crociata”, e più in generale, per gli studi di archeologia medievale in area mediterranea».

Una città stratificata, con 4000 anni di storia, la San Giovanni D’Acri dei pellegrini, sin dall’epoca egizia ed ellenistica è stato uno dei principali porti del Mediterraneo orientale, ma raggiunse il suo splendore in epoca crociata dopo che venne conquistata nel 1104 da re Baldovino I, aiutato dalla flotta genovese: i mercanti di Genova si insediarono insieme a quelli di Pisa, Venezia e Marsiglia, ognuno in un proprio quartiere. Divenuta capitale del Regno dopo la caduta di Gerusalemme e posta nel 1229 sotto il controllo dei cavalieri Ospitalieri, cadde dopo un sanguinoso assedio che decretò fine di Outremer, vivendo sotto i Mamelucchi trecento anni di decadenza e spoliazioni a causa del fiorente commercio dei marmi antichi. Fino alla rinascita nel XVIII grazie agli Ottomani, che ne fecero di nuovo il maggior polo com- merciale della regione, costruendo numerose moschee, hammam, caravanserragli e bazar tuttora visibili.

«Una parte di questo meraviglioso patrimonio è in condizioni ancora disastrate e andrebbe sostenuto, mentre altre strutture sono state restaurate in modo eccellente e fanno parte di percorsi turistici estremamente interessanti», prosegue Benente riferendosi, ad esempio, all’affascinante Tunnel dei Templari, che univa il Palazzo dell’Ordine al porto, oggi percorribile, e al magnifico complesso degli Ospedalieri, in cui si trovano tre edifici principali: la chiesa di San Giovanni e l’ospedale, dove non sono ancora stati eseguiti scavi, e il quartiere generale con le imponenti sale dei cavalieri attorno a un cortile aperto, che si estende su una superficie di 1200 metri quadrati.

Ad accompagnare i visitatori è un intelligente percorso multimediale che ripercorre in modo equilibrato la storia delle crociate e la vita quotidiana di Acri nel Medioevo. Lascia a bocca aperta il refettorio, sala composta da un sistema di otto volte a crociera a punta: è alta dieci metri, sostenuta da tre colonne rotonde di pietra di tre metri di diametro. «Due decenni di archeologia urbana, e molto si deve al lavoro dell’archeologo israeliano Eliezer Stern e di sua moglie Edna, hanno contribuito a svelare ampie pagine della storia di Akko. Come gli scavi estensivi nel quartier generale dei Cavalieri di San Giovanni, alcuni itinerari archeologici urbani di grande suggestione, e il progetto di indagine e studio del quartiere medievale genovese».

La chiesa ortodossa di San Giorgio sorge sopra i resti della chiesa di San Lorenzo nel quartiere genovese di Acri (foto F.Benente)

La chiesa ortodossa di San Giorgio sorge sopra i resti della chiesa di San Lorenzo nel quartiere genovese di Acri (foto F.Benente) - FOTO DI MARIO BOCCIA ©

L’insieme dei reperti costituisce anche una testimonianza drammatica delle ultime e concitate fasi prima della caduta della città. La collaborazione tra Università di Genova e l’Autorità Israeliana per le Antichità è iniziata nel 2006, in un edificio ottomano noto come House Becky, nella zona centrale della città. Il lavoro del professor Benente, che dal 2010 si occupa per l’Università degli studi sulla presenza genovese nell’Oriente latino, insieme ai colleghi israeliani, è appena tornato dalla missione finanziata da italiani e israeliani. «Lo scavo ha permesso di individuare il muro perimetrale di sedici metri e il varco d’accesso al quartiere genovese, chiuso in fretta e furia forse durante l’assedio del 1291 – aggiunge –. Siamo nella zona della scomparsa chiesa dei genovesi, San Lorenzo, che sta sotto ai resti di quella di San Giorgio inglobata nei muri ottomani. Inoltre con gli studenti dell’Università di Genova abbiamo avviato lo studio delle ceramiche medievali provenienti dagli scavi del porto, in collaborazione con l’Università di Haifa».

Il risultato conferma che Akko fosse uno scalo davvero internazionale aperto alla circolazione di merci e persone. «Oggi è una città a prevalenza araba e cristiana – spiega Benente – e ha mantenuto le caratteristiche d’un tempo. A parte i momenti di guerra, stimolati sempre da fonti esterne, i Crociati avevano creato un sistema multietnico, di grandi mediazioni culturali e religiose, grazie ai rapporti fra commercianti nella vita di tutti i giorni. Ed è questa storia che vogliamo valorizzare ».

Le mura esterne dell'antica Acri (foto Compagnia per lo Sviluppo della Città vecchia di Acri)

Le mura esterne dell'antica Acri (foto Compagnia per lo Sviluppo della Città vecchia di Acri) - FOTO DI MARIO BOCCIA ©

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