giovedì 29 settembre 2022
I ricercatori dell'Università di Cambridge: è sotto la calotta polare sud. La scoperta grazie all'aggregazione di dati con nuove tecniche topografiche
Il pianeta Marte

Il pianeta Marte - Archivio

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Su Marte c’è l’acqua. Nuove prove riguardati la presenza in forma liquida di questa preziosissima risorsa, che si troverebbe sotto la calotta polare sud del pianeta rosso, sono state svelate da un team internazionale di ricercatori guidati dall’Università di Cambridge. I risultati, riportati sulla rivista Nature Astronomy, hanno quindi dimostrato che questi dati corrispondono alle previsioni dei modelli computerizzati su come un corpo d’acqua sotto la calotta glaciale influenzerebbe la superficie da un punto di vista dinamico.

Le nuove prove sarebbero in accordo con le precedenti misurazioni avvenute con i radar, che tuttavia non venivano ritenute sufficienti a dimostrare che effettivamente sotto le calotte ghiacciate di Marte ci potesse essere acqua liquida. C’era stato infatti un dibattito sostenuto sull’interpretazione dell’esistenza dell’acqua liquida basata solo sui dati prodotti dai radar.

«La combinazione delle nuove prove topografiche, dei risultati del nostro modello computerizzato e dei dati radar rendono molto più probabile che su Marte esista almeno un’area di acqua liquida subglaciale e che Marte debba essere ancora geotermicamente attivo per mantenere l’acqua liquida sotto la calotta glaciale», ha affermato Neil Arnold dello Scott Polar Research Institute di Cambridge, che ha guidato la ricerca. Come la Terra, Marte ha spesse calotte glaciali d’acqua su entrambi i poli, più o meno equivalenti in volume combinato alla calotta glaciale della Groenlandia. A differenza delle calotte glaciali della Terra, che sono sottoposte a canali pieni d’acqua e persino a grandi laghi subglaciali, fino a poco tempo si pensava che le calotte polari su Marte fossero congelate solide fino ai loro letti a causa del freddo clima marziano.

«La qualità dei dati provenienti da Marte, dai satelliti orbitali così come dai lander, è tale che possiamo usarli per rispondere a domande davvero difficili sulle condizioni sulla superficie del pianeta e anche sotto la superficie, usando le stesse tecniche che utilizziamo anche sulla Terra», ha spiegato ancora Arnold. «È emozionante – ha concluso lo scienziato – usare queste tecniche per scoprire cose su pianeti diversi dal nostro».

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