martedì 11 aprile 2023
Un singolare, a tratti sperimentale lavoro di Paolo Nori racconta la vita tragica della grande poetessa russa: il primo marito fucilato nel 1921, il secondo a lungo internato insieme al figlio
Anna Achmatova in un ritratto di Kuz'ma Petrov-Vodkin, 1922 (particolare)

Anna Achmatova in un ritratto di Kuz'ma Petrov-Vodkin, 1922 (particolare) - WikiCommons

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Sono molti gli elementi biografici di massimo interesse per costruire e raccontare la drammatica e intensissima esistenza di Anna Achmatova, grande poetessa russa vissuta a cavallo della Rivoluzione. Una donna che ha conosciuto terribili affanni e dolori, che ha visto due volte suo figlio arrestato e portato via, che di natura difficile, possedeva però grande carisma e scintillante magia oltre a un talento poetico assolutamente sommo, fuori misura. Paolo Nori sceglie di raccontare cotanta biografia, alternandola alla sua propria. Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova (Mondadori, pagine 258, euro 18,50) trova architettura di impianto narrativo nel sottotitolo. Un “noi” non del tutto preciso perché si riferisce piuttosto a lui, lo scrittore Nori, ma un “noi” che quantomeno sembrerebbe voler indicare il rispecchiarsi sulle nostre vite di quelle di grandi scrittori, quel genere di riverbero tanto significativo per chi alla letteratura consacri la sua vita.

Certo le pagine più dense del libro di Nori sono quelle in cui lo scrittore, fine conoscitore della letteratura russa, ripercorre e racconta i momenti più salienti della biografia della poetessa Achmatova. Il primo matrimonio, con Gumilëv, marito inquieto dal quale lei divorzia nel 1918 (verrà poi fucilato nel 1921). Dei rapporti di Anna Achmatova con l’ambiente letterario, in special modo con il collega e poeta e sodale Osip Mandel’stam, colui il quale quando declamava le proprie poesie «era come » Achmatova diceva, «si fosse alzato in volo un cigno»; del ruolo di segretaria della “Cooperazione dei poeti” , gruppo fondato dal primo marito e la cui natura acmeista (realista e anti-simbolista) riuniva le menti più fervide e sensibili tra i letterati del tempo. Degli anni più atroci, quando il secondo marito e il figlio sono in un gulag, e Anna Achmatova si decide a scrivere a Stalin aiutata nella stesura della lettera nientemeno che da Michail Bulgakov. Dell’incontro di Achmatova con Amedeo Modigliani, di lei e da lei subito appassionato, anzi quasi ossessionato. Il filo rosso di questa vita tanto fitta di rovesci e mutamenti, di questa densità biografica fatta di episodi e stati d’animo altalenanti e fortissimi, vita scandita da meravigliosi versi (qua e là citati nel libro) si vorrebbe leggere di più, non sempre cogliendo del tutto la simmetria tra la vita della poetessa russa e quella del contemporaneo biografo italiano.

Fanno eccezione le pagine in cui Paolo Nori parla della grande ansia e preoccupazione per gli accadimenti russi che hanno seguito l’invasione dell’Ucraina (e che a lui, scrittore, hanno valso una scandalosa richiesta di interruzione dell’attività didattica allo Iulm di Milano dove insegna Traduzione editoriale letteraria e saggistica dal russo, poi rientrata data la mobilitazione e reazione dell’intera società letteraria italiana). Lì, in quelle pagine accorate, sgomente, sebbene in forma del tutto astratta e letteraria si coglie però il senso di quel “noi e Anna Achmatova” ipotizzato nel sottotitolo. Diversamente, raccapezzarsi nelle due vite parallele non è facile. La vita dell’autore si dipana scollata da quella dei suoi massimi riferimenti letterari, uno iato che nessuna buona intenzione riesce a colmare e argomentare pienamente, specie quando sul retro di copertina si legge la frase: «che belle le vite infelici come quella di Anna Achmatova», e lì di nuovo lo iato si amplia, e il lettore non si raccapezza.

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