lunedì 13 agosto 2012
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Le memorie di una leggenda. Viene annunciata così, e non senza ragione, l’uscita del nuovo libro di uno dei più grandi scrittori africani (e mondiali): il nigeriano Chinua Achebe, conosciuto in Italia soprattutto per il suo romanzo Il crollo (Things fall apart), tradotto in più di 50 lingue, venduto in oltre di 12 milioni di esemplari nel mondo e studiato nelle scuole secondarie di tutta l’Africa e non solo. Dopo anni di lavoro, ha dato alle stampe, con uscita prevista il prossimo 6 settembre, per le edizioni Penguin, un libro che lo vede doppiamente protagonista: There was a Country. A Personal History of Biafra (C’era un Paese. Una storia personale del Biafra). «Un racconto tra storia e memoria, tra poesia e prosa, un distillato tra vivido vissuto personale e quarant’anni di ricerche e riflessioni». L’editore non ha dubbi: «Con la sua saggezza, umanità e autorevolezza, Chinua Achebe si conferma come uno degli autori più vitali e una delle principali coscienze morali del nostro tempo».Lo scrittore nigeriano è doppiamente protagonista di questo libro: perché Achebe quella storia l’ha vissuta in prima persona e di quella storia è rimasta impregnata e segnata tutta la sua vita. Ma anche perché con la sapienza della sua scrittura, che resta lucida e vibrante anche a 81 anni, oggi rilegge una delle pagine più nere della storia africana, quella appunto della guerra del Biafra. Una pagina di orrore rimasta nella memoria collettiva. Al punto che oggi, a più di quarant’anni di distanza, quel nome, Biafra, continua a evocare fame, morte, barbarie… Originario proprio di questa regione sudorientale della Nigeria, Achebe era già allora (1967-1970) uno scrittore riconosciuto a livello mondiale con una giovane famiglia da proteggere. Schieratosi apertamente dalla parte del suo popolo che chiedeva l’indipendenza, se ne fece in un certo senso l'"ambasciatore" culturale, dando eco alle rivendicazioni indipendentiste. E così visse dal di dentro tutto la tragedia di quell’infame conflitto, con il governo nigeriano che chiuse i confini, condannando a morte, per fame e malattie, più di un milione di persone. Per oltre quarant’anni Achebe non è mai tornato su quella tragedia se non indirettamente in qualche verso poetico. La sua vita e la sua carriera si sono sviluppate quasi interamente fuori dai confini del suo Paese, negli Stati Uniti, ma non ha mai smesso di intervenire e di incidere, con grande autorevolezza e impatto, sulle vicende, anche le più recenti, che hanno interessato la Nigeria. Al punto che, cosa mai successa prima, ben tre giornali nigeriani lo hanno proclamato "Uomo dell’anno 2011". «Chinua Achebe – scrive Eluem Emeka Izeze, direttore di uno di questi, il Guardian – mostra ciò che è possibile nella nostra nazione; che l’integrità, che pare oggi molto scarsa, è ancora presente in mezzo a noi ed è ancora qualcosa di auspicabile se vogliamo che questa nazione si avvii verso una società migliore». E aggiunge: «La redazione del Guardian non avuto alcuna difficoltà ad attribuire all’unanimità questo riconoscimento a Chinua Achebe, individuando in lui un uomo che ha avuto un impatto duraturo sulla nostra terra, una coscienza della nazione». E mentre riceveva questo riconoscimento, Achebe ne rifiutava, per la seconda volta, un altro, ovvero la seconda più alta onorificenza civile, l’Ordine delle Repubblica Federale, che gli veniva conferita dal governo. Ci aveva già provato il presidente Olusegun Obasanjo nel 2004. Achebe ha fatto sapere che «i motivi per cui avevo rifiutato la prima volta non erano ancora stati affrontati. Figuriamoci risolti! È inopportuno offrirlo di nuovo a me. E dunque devo a malincuore rifiutare nuovamente l’offerta». Uno schiaffo al governo nigeriano che segue a un’altra presa di posizione molto forte e critica. Quella assunta pubblicamente alcuni mesi fa, insieme ad altri due grandi scrittori nigeriani. il Premio Nobel per la Letteratura Wole Soyinka e JP Clark. Di fronte all’ondata di violenza che scuote la Nigeria, e in particolare le regioni del nord colpite dagli attacchi della setta terrorista Boko Haram, i tre scrittori hanno lanciato un forte appello: «Let not this fire spread! Non lasciamo che il fuoco si diffonda!». «Non bastano dei pii pronunciamenti – scrivevano i tre intellettuali –. Tutti coloro che hanno un minimo di influenza o autorità, e che aspirano a una leadership anche morale, devono agire ora». I tre sollecitavano una risposta urgente ed efficace, chiedendo ai leader del Paese di essere dei «veri» leader e di rifiutare di «farsi risucchiare nel calderone delle tensioni reciproche, che è lo scopo dei guerrafondai religiosi che sono in mezzo a noi». Chinua Achebe, dunque, la cui opera di narratore è in gran parte incentrata sulla denuncia dei disastri del colonialismo e dei regimi corrotti, non ha mai rinunciato alla sua militanza letteraria, entrando nel merito delle complesse e spesso tragiche vicende che hanno interessato il suo Paese. Per questo, oggi, c’è grande attesa anche per il nuovo volume, che affronta un capitolo della storia nigeriana (e africana) ancora in parte oscuro. «La guerra del Biafra Nigeria – scrive Achebe nel libro in uscita – fu probabilmente il primo conflitto televisivo della storia. Era la prima volta che scene e immagini di sangue uscivano dal fronte di guerra per fluire in tempo reale nelle case di tutto il mondo, attraverso televisioni, radio e giornali. Probabilmente ha dato per la prima volta ai telegiornali della sera la possibilità di invadere senza pietà il santuario dei salotti di casa con le terrificanti scene di bambini immiseriti da una guerra moderna. "Biafra" divenne sinonimo di bambini lacrimosi che morivano di fame, di neonati con le pance gonfie, di occhi fuori dalle orbite su teschi senza pelle… Noi che eravamo sul posto... abbiamo utilizzato una lingua diversa... La lingua e la memoria della morte e della disperazione, della sofferenza e dell’amarezza. L’agonia era ovunque. Fame e malattie. E la sofferenza dei bambini era straziante».
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