venerdì 13 aprile 2012
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​Per capire l’Abruzzo bisogna andare alla Camosciara, nel cuore verdissimo del Parco, dove abitano il lupo e l’orso marsicano. Dove il silenzio ha una voce grave e sembra venire da lontano. «L’Abruzzo è terra remota, nonostante e dentro la modernità, dove la gente ha un carattere chiuso e schietto, e un cuore generoso e tenace», dice l’artista Morena Antonucci, che ha lasciato la sue popolose terre d’origine per venire a vivere a Colledimacine, un piccolo centro di montagna. Il paesaggio abruzzese ha un che di primitivo, arcano, misterioso. Lo si avverte gettando dalle alture uno sguardo alle bellissime valli, levigate dai ghiacciai quaternari, o percorrendo in bici o in auto i vasti altopiani battuti dal vento o attraversando le immense faggete che hanno alberi plurisecolari o salendo alle cime calcaree e pietrose e raramente isolate dei monti. Soprattutto in quel territorio che si estende tra la valle dell’alto Sangro e l’altopiano delle Cinquemiglia. Di esso una parte rientra nel Parco Nazionale, centomila ettari tra Lazio, Molise ed Abruzzo. Centro del Parco è Pescasseroli, a 1167 metri sul livello del mare, la patria di Benedetto Croce. Il filosofo vi era nato nel 1866, ma era andato via da piccolo. Vi aveva fatto ritorno ormai quarantaquattrenne e senatore del Regno. Celebre è il discorso che egli tenne dal balcone di palazzo Sipari, la casa natale.  Croce parlò di «fantasmi» che avevano abitato la sua memoria del paese, tratti dai racconti della madre. A Pescasseroli non era più tornato per non sciupare quei ricordi trasportati dal sogno.Oggi la cittadina, sede del Parco, è una nota e moderna stazione sciistica e climatica, con un bel borgo antico e i resti della fortezza longobarda. Nella chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, si conserva una venerata statua lignea della Madonna nera, incoronata dal Capitolo Vaticano nel 1752. Su di un costone, lungo la statale 83 che attraversa la valle del fiume Sangro, si incontra Opi, che anticamente era cerniera tra le popolazioni dei Marsi e quella dei Sanniti Caraceni. Dall’alto il paese ha la forma di una nave, con le case infilate come una collana. Villetta Barrea e Barrea sono poste alle estremità dell’omonimo lago. Nel 1951 quando fu effettuato lo sbarramento del fiume e la valle iniziò a riempirsi d’acqua, gli abitanti dei due centri si ribellarono. A poco a poco però finirono per abituarsi a quello splendido catino in cui si specchia tranquillo il monte Mattone. Quando nel 1882 in località Campo Consolino, presso Alfedena, iniziarono gli scavi nessuno avrebbe potuto immaginare di rinvenire una delle più estese necropoli italiane. Si stima che le tombe siano dodicimila, datate tra il decimo e il quarto secolo avanti Cristo. Alfedena ha una sua sobria eleganza, con le molte case di inizio Novecento, le finestre infiorate, il silenzioso nucleo medievale. Nei pressi di Scontrone, un piccolo paese arroccato su uno sperone roccioso, sede tra l’altro del Museo Internazionale della Donna nell’Arte, sono stati rinvenuti alcuni rari fossili del Miocene superiore.Ma è Castel di Sangro il centro più vivo del territorio. Il suo aspetto di vivace e moderna cittadina con grandi centri commerciali e ampie attrezzature sportive, estesa in piano a partire dalla rocca medievale, ne fa uno dei centri più accorsati dai turisti, che la frequentano numerosissimi, sia d’estate che d’inverno. La sua origine è antichissima, come testimoniano le mura megalitiche. Prima sannita e poi romana Castel di Sangro fu annessa nel nono secolo alla giurisdizione della importante e vicina Badia di San Vincenzo al Volturno. In seguito passò sotto il governo di un tale Oderisio, che mutò il nome del casato in quello dei "di Sangro". Di sera la bella fronte illuminata della chiesa di Santa Maria Assunta, del XVII secolo, campeggia silenziosa sulla valle. Al suo interno vi sono opere di grandi artisti napoletani del Sei e Settecento, da Paolo De Matteis a Domenico Antonio Vaccaro, a Francesco De Mura. Sono numerose le strutture museali, dal Museo Archeologico Aufidenate a quello Internazionale della Pesca, alla Pinacoteca Patiniana, dedicata all’opera di Teofilo Patini, pittore del diciannovesimo secolo, autore del famoso dipinto "L’erede". Salendo verso nord, percorrendo in parte l’antica Via degli Abruzzi, si raggiunge Roccaraso, notissima e moderna stazione sciistica, frequentata dai reali fin dal primo Novecento. Salendo alla Aremogna il paesaggio è incantevole, solitario, spaziato,  solcato dagli antichi tratturi che univano il Tirreno all’Adriatico. Più oltre è Rivisondoli, famosa per il suo presepe vivente. Siamo ormai nel Parco Nazionale della Majella. Tra Roccaraso e Rivisondoli è una piana sconfinata, bianca d’inverno, bionda d’estate. Più oltre è Pescocostanzo, la perla di questi centri montani. Della città ha l’aspetto, coi palazzi rinascimentali e barocchi e la splendida collegiata di Santa Maria del Colle, a cinque navate, e i soffitti cassettonati. Ma il suo cuore è quello di un villaggio. Immerso nel profumo di montagna.
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