lunedì 14 agosto 2023
Da nuovi scavi nella città antica sono emersi mosaici e due ampi frammenti di epigrafi con importanti informazioni su viaggi, inaugurazioni e iniziative dell'imperatore con la moglie fra 126 e 128 dC
Il particolare di un frammento dei Fasti ritrovati a Ostia antica

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Si chiamavano “fasti” (una parola che sostanzialmente significava "ciò che è lecito fare”, che è caro agli dei, "nefasti" per il contrario ) e venivano affissi in un apposito luogo del foro il primo giorno di ogni mese (calendae) per calendarizzare le attività mensili. Erano redatti dal Collegio dei pontefici (quasi sempre scolpiti su pietra) e solitamente indicavano le feste, le manifestazioni pubbliche cittadine più significative e l’organizzazione delle celebrazioni. In alcuni casi riportavano anche notizie significative provenienti dall’impero come le vittorie militari. La loro scoperta nel corso di scavi archeologici consente di attingere a importanti informazioni politiche e sociali relative ai siti che li riguardano e alla stessa storia di Roma antica.

Ѐ da intendere in questa logica la notizia del ritrovamento a Ostia di due nuovi frammenti dei Fasti Ostienses emersi durante la campagna di scavi voluta dal Parco archeologico di Ostia antica in collaborazione con l’Università di Catania e il Politecnico di Bari. I due reperti sono stati trovati nell’area del Foro di Porta marina e costituiscono importanti fonti documentali relative all’epoca dell’imperatore Adriano, in particolare riguardo ai mesi centrali dell’anno 128 dC corrispondenti alle celebrazioni per l’undicesimo anniversario del suo regno. La città di Ostia, del resto, aveva un ruolo commerciale, militare e politico fondamentale per Roma costituendone il porto a mare. Il Foro di Porta marina, in particolare, è considerato a questo proposito uno dei siti archeologicamente più significativi e dopo decenni di studi continua a suscitare numerosi interrogativi e nuove sorprese. Si tratta di una grande costruzione di forma rettangolare, porticata su tre lati e dotata di un'aula absidata ed era originariamente pavimentata in “opus sectile”, cioè con lastre di marmo di diverso colore.

Come ha spiegato lo stesso ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano «gli scavi hanno portato alla luce anche i resti di diverse decorazioni ed estese porzioni di pavimento a mosaico che presto saranno visibili al pubblico». Il direttore del Parco archeologico Alessandro D’Alessio ha aggiunto che «si tratta della conferma delle immense potenzialità dell'antica Ostia per una sempre più approfondita conoscenza e divulgazione del nostro passato». Nei fatti l’area archeologica di Ostia è una delle più belle, complesse e vaste d’Italia ed è ancora poco conosciuta e poco frequentata per la straordinaria ricchezza di patrimonio che contiene.

Uno dei due frammenti recuperati, che si congiunge perfettamente con un altro già conservato a Ostia, riferibile alla cronaca degli anni 126-128 d.C., menziona fatti e avvenimenti accaduti a Roma nel 128, sotto il regno di Adriano. Incrociando queste informazioni con quelle provenienti da altre fonti (letterarie, epigrafiche e numismatiche), si è potuto precisare il contenuto del testo da cui si evince che il primo gennaio del 128 Adriano assunse il titolo di “pater patriae” e la moglie Sabina quello di Augusta. Per celebrare questi titoli l'imperatore «congiar dedit», cioè offrì al popolo un “congiarium”: un'elargizione di denaro. Sempre nel 128, il 10 aprile, «ante diem III Idus April», si legge ancora nel frammento, l'imperatore partì per l'Africa e, tornato a Roma tra la fine di luglio e gli inizi di agosto, prima di recarsi ad Atene, «consecravit» un tempio nell'Urbe che potrebbe essere il Pantheon o più probabilmente il Tempio di Venere. I ricercatori ipotizzano che la consacrazione potrebbe essere avvenuta l'11 agosto del 128 d.C., ovvero nel giorno della ricorrenza dell'ascesa al trono di Adriano undici anni prima.

Le indagini, concluse a fine luglio, sono state condotte anche nell'Area A del Parco, mai scavata prima, situata tra il Piazzale delle Corporazioni, la ricca Domus di Apuleio, l'area sacra dei Quattro Tempietti e l'antico corso del Tevere. Qui sono venuti alla luce altri vani per un'estensione di circa 400 metri quadrati, indagati a partire dai cospicui crolli dei piani superiori. Al loro interno sono stati recuperati reperti ceramici, marmorei e l'originaria decorazione pittorica e in stucco oltre agli estesi resti di mosaici in tessere bianche e nere. Lungo il lato Sud dell'edificio è emerso un portico a pilastri impreziosito da un pavimento mosaicato, ancora in ottimo stato di conservazione, dal disegno complesso ed elegante, nel quale si alternano forme quadrate e a croce riempite da motivi a treccia, losanghe e forme ottagonali a elementi floreali e vegetali. Sul lato Ovest dell'area di scavo è stato, invece, rinvenuto uno stretto ambiente absidato con una piccola nicchia decorata di conchiglie e delimitata da due colonnine, con evidenti funzioni sacre.


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