domenica 8 aprile 2012
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Passare i mari. Suonava così il titolo di una benemerita lotteria promossa dai missionaria comboniani. Obiettivo, raccogliere fondi per permettere a tanti araldi di portare 'religione e civiltà' - parola di don Nicola Mazza, maestro di Daniele Comboni - in ogni angolo del mondo.E anche nella sciagura, oggi centenaria, del Titanic fanno capolino missionari (e missionarie!) che si erano imbarcati (tutti in seconda classe) nel transatlantico protagonista di una delle tragedie­simbolo della Belle Èpoque. Due gli esponenti del clero cattolico: padre Thomas Byle, sacerdote inglese, formatosi come prete anglicano al Balliol College di Oxford per poi abbracciare il cattolicesimo. Studente a Roma, nel 1905 divenne titolare della chiesa di St Helen a Ongar, nell’Essex: «Molto amato e stimato dai membri della comunità locale», lo definì il giornale "Epping Gazzette" quando fu annoverato tra le vittime del naufragio.«Da quando è arrivato a Ongar il numero dei partecipanti è notevolmente aumentato»: questo il suo epitaffio, che dava l’idea della pietà di questo prete. Il quale si stava recando a New York per unire in matrimonio suo fratello. Secondo 'don': padre Joseph Peruschitz, 40enne tedesco di Monaco, benedettino, destinato a dirigere una scuola nel Minnesota. Dove non arrivò mai. Sul Titanic vi erano anche altri religiosi cristiani. Il reverendo anglicano Ernest Carter, nato nel 1858, vicario della chiesa di St Jude di Commercial Street, una malfamata zona di Londra, venne pianto parecchio - insieme a sua moglie Lillian, anch’essa deceduta nell’Oceano - dalla sua comunità: «In tutte le sue opere buone portava un gaio entusiasmo», fu il ricordo di un suo fedele. I Carter guidarono, la sera di quel fatidico 14 aprile 1912, un incontro di preghiera nella seconda classe del transoceanico cui parteciparono alcune centinaia di passeggeri, con tanto di inni cantati e accompagnati da un pianoforte. L’ultimo, profetico, si intitolava "Day is Over" ('La giornata è finita'). Ancora: un personaggio fuori dagli schemi era Charles Kirkland, canadese, classe 1841, convertitosi alla religione battista, impiantatosi nel Maine, flagellato dalla vita: gli morirono tre figli e la moglie. Predicatore itinerante, nel 1911 approdò in Scozia. Terra che trovò inospitale, per cui decise di far ritorno nel Nuovo mondo: non ci arrivò mai. Curiosa poi la vicenda di Annie Clemmer Funk, missionaria mennonita, nata in Pennsylvania nel 1874. Dopo gli studi nel Massachusetts, si immerse nella missione urbana nel Tennessee e nel New Jersey. Quindi nel 1906 si imbarcò per l’India: fu la prima missionaria mennonita. Sei anni dopo da Bombay fece ritorno in patria per assistere la madre in fin di vita: in un avventuroso viaggio che la portò dall’India a Marsiglia, quindi a Liverpool, di qui si imbarcò su una nave per Philadelphia. Lo sciopero del carbone di quel tempo la 'costrinse' a salire sul Titanic: durante il viaggio verso casa, il 12 aprile, scoccava il suo 38° compleanno, l’ultimo per lei. L’epopea della nave del secolo sommerse anche alcuni cristiani «in fuga dalle persecuzioni turco­musulmane e dalle privazioni. I passeggeri che si imbarcavano in terza classe erano soprattutto cristiani armeni e libanesi». È quanto ricorda il recente e godibilissimo "Lo spettro del ghiaccio. Vite perdute sul Titanic" (Einaudi), di Richard Davenport-Hines. Il genocidio armeno non era ancora scoccato ma già l’avversione anticristiana soffiava forte nell’Impero ottomano: Ortin e Mapriededer Zakarian, David Vartanian, Sarkis Mardirosian, Neshan Krikorian, Orsen Sirayanian sono alcuni di questi eroi anonimi, sfuggiti ad una morte voluta dagli uomini e che finirono la loro vita nelle fredde acque dell’oceano.
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